Cina. Dopo il G7 la vignetta della discordia, tra significati profondi e ricorsi storici

31b29f13 064a 4e4e 93e3 16ecbff66995(ASI) Ha già fatto il giro della rete la rivisitazione in chiave vignettistica dell'Ultima Cena di Leonardo da Vinci realizzata dal fumettista Bantonglaoatang, in poche ore divenuta virale su Weibo, popolare social network cinese da oltre mezzo miliardo di iscritti, dopo essere stata ripresa in un articolo anche dal Global Times, tabloid in lingua inglese legato al Quotidiano del Popolo, testata ufficiale del Partito Comunista Cinese. Con questa provocazione l'artista, ricorrendo ad alcune figure del mondo animale, ha voluto rappresentare metaforicamente il recente vertice del G7 in Cornovaglia.

Al centro del disegno c'è l'aquila calva americana, che indossa l'inequivocabile cappello dello Zio Sam, figura di fantasia creata nel 1812 ed illustrata per la prima volta nel 1917 come personificazione degli Stati Uniti con finalità persuasive a scopo di reclutamento (I want you!) durante le due guerre mondiali. È Washington, insomma, a dettare la linea ai commensali, proprio in mezzo alla tavola, dove manovra una macchinetta che stampa dollari utilizzando un rotolo di carta igienica. Appare quasi scontato il riferimento al debito pubblico statunitense, che a marzo ha toccato quota 28.000 miliardi di dollari, di cui 7.030 miliardi in mano estera, a partire da Giappone (1.240 miliardi) e Cina (1.100 miliardi), stando ai dati pubblicati dalla Federal Reserve e dal Dipartimento al Tesoro.

Interlocutore principale dell'aquila americana è il leone britannico, erede della potenza coloniale che, forse più delle altre, durante la storia moderna e contemporanea ha vestito i panni del conquistatore in gran parte dell'Asia. Sebbene le penetrazioni europee nel Celeste Impero fossero già iniziate nel XVI secolo con lo sbarco dell'esploratore portoghese Jorge Álvares, fondatore di alcuni insediamenti nel territorio che in seguito prenderà il nome di Macao, sono senza dubbio le due guerre dell'oppio combattute poco prima e poco dopo la metà del XIX secolo (1839-1842 e 1856-1860) dalla Dinastia Qing contro l'Impero di Sua Maestà ed il loro esito catastrofico, a sintetizzare quello che in Cina viene ricordato come il "secolo delle umiliazioni" ed i suoi numerosi "trattati ineguali".

Dando un'occhiata dalle finestre poste ai due lati dell'ingresso principale della sala disegnata da Bantonglaoatang, non a caso osserviamo il complesso di Westminster - ben riconoscibile dal Big Ben, la grande torre che ne caratterizza la struttura - quasi interamente ricostruito proprio nel periodo coloniale, ancora oggi sede della Camera dei Lord e della Camera dei Comuni.

Oltre al basco con l'Union Jack, il leone indossa una canottiera con su stampigliata una mappa del Regno Unito in cui la Scozia, colorata in blu, è separata territorialmente dal resto della Gran Bretagna, colorata in rosso. Sembra quasi scontata l'allusione al nuovo referendum chiesto dagli indipendentisti dello Scottish National Party (SNP) di Nicola Sturgeon dopo il completamento della Brexit. Una tesa e complessa partita politica, storica e linguistica ma anche e soprattutto economica considerando che - secondo i dati ufficiali di Edimburgo relativi al 2019 - in Scozia si concentra l'82% della produzione di petrolio e gas naturale dell'intero Regno Unito.

Di fianco al leone britannico c'è l'orso canadese, riconoscibile dalla caratteristica foglia di acero impressa sul cappello. Nella mano destra tiene stretta una bambola. Si tratta di una donna coi capelli neri, che raffigura quasi certamente Meng Wanzhou, direttrice finanziaria di Huawei, arrestata con l'accusa di frode finanziaria proprio al suo atterraggio all'aeroporto di Vancouver nel dicembre 2018 su ordine del Dipartimento alla Giustizia degli Stati Uniti, che ne richiese l'estradizione poco tempo dopo. Dopo il pagamento della cauzione, in attesa del verdetto sul suo trasferimento coatto negli States, Meng è ancora trattenuta a piede libero in Canada e non può lasciare il Paese. Sul mantello indossato dall'orso compaiono motivi floreali di altro genere, che ricordano la pianta della cannabis. Tre anni fa, nel Reame del Commonwealth, infatti, il primo ministro Justin Trudeau ha approvato una legge che ne legalizza l'uso ricreativo. Nel linguaggio del fumettista, questo potrebbe sottolineare il contrasto tra la libertà di movimento negata all'imprenditrice cinese e la libertà di "sballo" garantita ai giovani canadesi.

Un termine politico divenuto virale qualche anno fa tra i netizen cinesi è quello di baizuo. Letteralmente questa espressione significa "sinistra bianca" ed è utilizzata, in senso evidentemente critico o addirittura dispregiativo, per descrivere il mondo liberal dei Paesi occidentali, impegnato in battaglie - ritenute ipocrite o persino dannose - in favore del multiculturalismo, dell'ambiente, delle libertà, dei diritti civili e dei diritti umani, tuttavia dimenticando i diritti sociali, sviluppando una specie di ossessione per il politically correct e riaffermando una mentalità eurocentrica che porterebbe questo genere di progressisti a puntare il dito contro i sistemi politici diversi da quello occidentale.

In questa categoria potrebbe rientrare, agli occhi di molti cinesi, anche Emmanuel Macron. Acerrimo avversario di Marine Le Pen alle ultime elezioni presidenziali del 2017, il liberale francese viene raffigurato da Bantonglaoatang nei panni di un gallo (ça va sans dire) che con la mano destra stringe un fazzoletto e con l'altra prende appunti. Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Francia siedono infatti sulla parte sinistra della tavola (destra per chi osserva il disegno), proprio dov'è posizionata una torta adornata con l'immagine della Cina, pronta per essere affettata e mangiata dai commensali. È questa probabilmente la figura più potente dell'intera vignetta, con un richiamo concettuale implicito a En Chine. Le gâteau des Rois et... des Empereurs (trad.: In Cina. La torta di Re e... Imperatori), una raffigurazione satirica francese di epoca coloniale, pubblicata su Le Petit Journal nel 1898, in cui i regnanti europei e un samurai giapponese sono intenti a tagliare a pezzi una torta raffigurante la Cina, indifferenti alla disperazione di un funzionario della Dinastia Qing, che prova invano a fermarli sollevando le braccia.

Sulla parte destra (sinistra per chi osserva) della tavola, invece, quasi alle spalle dell'aquila americana, completamente snobbata rispetto al cugino inglese e al vicino canadese, c'è l'Italia, raffigurata da un lupo (o una lupa, se il richiamo è all'Antica Roma) che alza le mani, quasi a voler rifiutare cortesemente il tè offerto dal cane Akita, simbolo del Giappone. Guardando attentamente la teiera, tuttavia, si capisce bene perché l'Italia - tradizionalmente scaltra e pronta a ritagliarsi spazi di autonomia in politica estera - preferisce non bere. C'è il simbolo della radioattività, tant'è che il liquido già versato nei bicchieri di quasi tutti gli altri commensali ha una strana colorazione verde fluorescente. Il pensiero degli osservatori più acuti è subito andato alla decisione, comunicata qualche settimana fa da Tokyo e fortemente contestata da Pechino e Seoul, di sversare nell'Oceano Pacifico una parte delle acque contaminate raccolte dopo l'incidente di Fukushima del 2011.

L'Italia non beve, dunque, alza le braccia e sembra non sentirsi del tutto a suo agio tra gli altri commensali, anche se ha di fronte vari mazzetti di dollari sparpagliati sulla tavola. Il nostro è infatti l'unico Paese del G7 ad aver fin'ora aderito all'iniziativa cinese Belt and Road (BRI) attraverso il Memorandum firmato dal governo Conte I nel marzo 2019, durante la visita in Italia del presidente cinese Xi Jinping.

Chi non si fa problemi a fiondarsi sui dollari è il canguro australiano, che con una mano regge un sacchetto e con l'altra si allunga verso le banconote stampate dall'aquila americana. Dietro di lui spuntano una flebo marchiata da una bandiera cinese e numerose bombole di ossigeno, presumibilmente a rappresentare gli aiuti anti-Covid inviati lo scorso anno. Potrebbe tuttavia trattarsi anche di una critica più generale a Canberra, che a novembre ha firmato la propria adesione al Partenariato Economico Regionale Globale (RCEP), insieme alla Cina e ad altri tredici Paesi della regione Asia-Pacifico, ma al contempo ha ingaggiato un'aspra guerra commerciale con Pechino.

In piedi, a lato, compare un falco nero con le mani poggiate sulla tavola. Non ha bandiere o altri particolari segni cromatici che possano identificarlo con qualche Paese ma, per esclusione, non può che trattarsi della Germania. Il Global Times ha ipotizzato un richiamo alla posa di Angela Merkel nel teso vertice del G7 2018, durante il quale la cancelliera fu immortalata in un serrato confronto con Donald Trump. Come il lupo italiano, anche il falco tedesco ha il bicchiere vuoto, dunque ha presumibilmente rifiutato il "tè nucleare" offerto dal cane giapponese, mantiene un atteggiamento austero e fissa insistentemente il gallo francese. Una dualità, quella tra i due principali leader europei, che cerca così di cogliere le divergenze tra una Germania realista e pragmatica, fedele in politica estera ad una sostanziale non-ingerenza e alla linea del Wandel durch Handel, cioè del "cambiamento attraverso il commercio", ed una Francia idealista e libertaria, pronta ad intervenire, anche militarmente, all'estero per la propria (non sempre nobile) causa.

Quasi fuori dal tavolo, in ginocchio, ignorato dagli altri commensali, spunta l'elefante indiano. Il fumettista cinese è impietoso col Paese guidato dal primo ministro Narendra Modi, entrato in rotta di collisione con Pechino dopo gli scontri dello scorso anno lungo il confine tra il territorio cinese dell'Aksai Chin e quello indiano del Ladakh, al punto da abbandonare definitivamente i negoziati, ormai quasi completati, per l'ingresso nella RCEP. L'elefante è stanco, malato, attaccato a due flebo e si porta dietro un vaso da notte, mentre con la proboscide cerca di bere un liquido giallo (?), versato nel suo bicchiere.

Nel disegno ci sono poi altri tre animali. Si tratta di due rane e di una tartaruga: la prima rana galleggia in una bacinella sul pavimento, l'altra rana, che stringe alcune banconote in mano, cerca di salire sul tavolo con l'aiuto della tartaruga. I netizen cinesi e molti osservatori stranieri hanno disquisito sul loro significato. L'ipotesi più gettonata è che si tratti di Taiwan, divisa tra i compatrioti (prima rana), favorevoli al dialogo e alla riunificazione con la Cina continentale secondo il modello Un Paese, due sistemi (già adottato a Hong Kong e Macao) proposto da Pechino in un libro bianco pubblicato nel 1993, un anno dopo la definizione tra le due sponde dello Stretto del Consensus 1992, e gli indipendentisti (seconda rana), rappresentati dalla coalizione pan-verde guidata da Tsai Ing-wen. La tartaruga? Forse la stessa Tsai, che non arriverà mai a sedere al tavolo dei G7, anche perché - diritto internazionale alla mano - il suo non è uno Stato sovrano ma semplicemente un territorio riconosciuto quale parte integrante della Repubblica Popolare Cinese.

A completare la vignetta, ricchissima di significati, ci sono le scritte. Sulle due pareti laterali campeggiano le frasi "Noi portiamo pace e ordine" e "Noi abbiamo libertà e democrazia". Sulla parete centrale, invece, è esposto un crocifisso, probabilmente da intendersi non nella sua accezione religiosa ma quale simbolo della "missione civilizzatrice" annunciata dalle potenze coloniali europee, secondo l'idea del white man's burden ("fardello dell'uomo bianco") celebrata dalla penna di Rudyard Kipling nel 1902. Sotto la croce, non a caso, compare una frase inequivocabile: "In questo modo possiamo ancora dominare il mondo".

La simbologia sembra richiamare il dipinto dal titolo Völker Europas, wahrt eure heiligsten Güter (trad.: Popoli d'Europa, custodite i vostri beni più cari), realizzato dal tedesco Hermann Knackfuss nel 1895 sulla base del sogno raccontato dal Kaiser Guglielmo II, in cui le potenze europee, nelle vesti di antiche divinità guerriere, illuminate da un crocifisso, vengono esortate dall'Arcangelo Michele ad invadere la Cina per neutralizzare il cosiddetto "pericolo giallo", rappresentato da un Buddha sospeso in cielo, all'interno di una nuvola di fuoco e fumo nero.

A dispetto di quanto riassunto da molti media mainstream italiani, dove alcuni titoli ad effetto hanno addirittura attributo la vignetta all'intera Cina, il disegno è semplicemente opera di un fumettista. Non è una pubblicazione istituzionale né tanto meno governativa. Resta però un senso profondo nelle tantissime immagini allegoriche utilizzate da Bantonglaoatang, sfumature tutt'altro che irrilevanti, per ora intuibili soltanto da chi conosce più da vicino la storia e la realtà cinese. Per gli altri, chiaramente, una raffigurazione del genere può banalmente sembrare una presa in giro, magari di cattivo gusto, o addirittura un atto blasfemo.

Ci sarà tempo e modo, naturalmente, per confrontarsi ancora perché, come gli stessi Mario Draghi e Angela Merkel hanno già sottolineato tempo fa, il rapporto con il gigante asiatico può essere impegnativo, serrato e difficoltoso ma resta oggettivamente ineludibile, e non solo in materia di clima e ambiente. Se il G7 di quest'anno ha acceso i riflettori sulla Cina, insomma, Pechino fa lo stesso col resto del mondo.

 

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

 

 

* Immagine: Bantonglaoatang © Sina Weibo

 
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