(ASI) La situazione è quasi sull’ orlo del baratro, nonostante le pressioni della comunità internazionale volte a evitare il peggio. I frutti, tanto invocati e attesi, di tali sforzi faticano a trovare una loro concretizzazione. L'esercito del Myanmar ha occupato gli ospedali e le università, presenti in tutta la nazione e soprattutto nei centri urbani di Yangon e Mandalay, in vista di uno sciopero generale indetto dai sindacati.
Le organizzazioni dei lavoratori intendono protestare, contemporaneamente e in modo compatto, contro il colpo di stato militare, avvenuto circa un mese fa ovvero lo scorso primo febbraio in Birmania, che ha esautorato le autorità democraticamente elette all’ ultimo appuntamento alle urne. Lo ha riportato la tv Usa Cnn, citando i media locali che seguono la situazione da vicino.
I militari non desiderano tutto ciò e puntano a consolidare, per l’ ennesima volta, il proprio potere assoluto nel Paese minacciato, sempre di più, dalle contestazioni di massa. Aumenta, purtroppo, il numero dei feriti. Spaventano soprattutto i morti. I dimostranti deceduti, durante i cortei a causa del pugno duro degli agenti della sicurezza, hanno raggiunto al momento quota 54. Non si esclude però che possa aumentare rapidamente. L’ appello alla immediata cessazione delle ostilità e ad una pace duratura, lanciato per l’ ennesima volta dall’ Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, James Rodehaver, pare cadere nel vuoto. L’ eco prodotta dalla medesima richiesta, da parte del gruppo internazionale di Medici per i Diritti Umani, non ha placato gli animi. L’ odio attraversa queste terre come una tempesta che non trova barriere, lasciando a terra nient’ altro che danni materiali e una lunga scia di sangue apparentemente interminabile.
Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia