(ASI) La reazione tanto minacciata, per vendicare l’omicidio del generale dei Pasdaran Qassam Soleimani avvenuto il 3 gennaio 2020 in un raid ordinato da Donald Trump nei pressi dello scalo di Baghdad, forse è arrivata.
Bisognerà capire ora la reazione del successore del tycoon, neo eletto alla Casa Bianca da poco meno di un mese. L’attacco è giunto, all’ improvviso nella tarda serata di ieri in Iraq. Ha cercato di distruggere una base situata nel complesso, dell’aeroporto di Erbil, dove sono ospitate le truppe della coalizione internazionale guidata dal Pentagono. Diversi razzi, secondo alcune fonti addirittura 24, sono stati lanciati contro la struttura. L’emittente televisiva locale Rudaw ha specificato che i vettori sarebbero partiti dal distretto di Hamdaniya. L’ azione ha causato la morte di un contractor americano e il ferimento di cinque militari, di cui uno statunitense. Quelli italiani sono rimasti illesi. L’ operazione è stata rivendicata dal gruppo filo – iraniano Saraya Awliya al Dam (Guardiani del Sangue), una realtà di recente formazione che non aveva mai compiuto iniziative simili. Siamo indignati per l’evento, ha dichiarato il segretario di Stato Usa Antony Blinken. Quest’ultimo ha specificato così di aver contattato Masrour Barzani, premier regionale del Kurdistan cioè dell’ area in cui è situata la città colpita dall’offensiva, “per impegnarmi a sostenere tutti gli sforzi al fine di indagare sull’accaduto e chiedere conto ai responsabili”. Il tragico evento “rappresenta una pericolosa escalation e un atto criminale terroristico che prende di mira gli sforzi nazionali per proteggere la sicurezza del Paese e quella dei cittadini”, ha scritto su Twitter il presidente iracheno Barham Saleh. Non abbiamo altra scelta – ha aggiunto - che aumentare l’impegno per sradicare le forze del terrore che cercano di gettare la nazione nel caos.
Tutti guardano comunque alle parole che pronuncerà Joe Biden, dal momento che la milizia che ha agito è sostenuta completamente da Teheran. La tensione è pertanto molto elevata ovunque. Ipotetici raid di Washington, nei confronti della Repubblica Islamica, potrebbero portare ad un conflitto che si estenderebbe a tutto il Medioriente e oltre i suoi confini, poiché la nazione degli Ayatollah è appoggiata dalla Siria, ma soprattutto protetta da Russia e Cina. Ci sarebbero tuttavia altre conseguenze. L’inflazione aumenterebbe, su scala globale, per l’incremento dei prezzi del petrolio e quindi pure di tutto ciò che viaggia su gomma. L' economia internazionale, già affossata per l’infinita pandemia legata al Covid, subirebbe ulteriori contrazioni e conseguenze dolorose.
Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia