(ASI) Nella mattinata di ieri si è aperta a Pechino la quinta sessione plenaria del 19° Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese. Come riporta Radio Cina Internazionale, durante i lavori, il presidente Xi Jinping ha presentato un rapporto di lavoro a nome dell'Ufficio Politico del Comitato Centrale (Politburo) e ha illustrato le Proposte del Comitato Centrale sulla formulazione del 14° Piano Quinquennale per lo sviluppo economico e sociale nazionale e gli obiettivi al 2035. Prende dunque il via il percorso che nei prossimi mesi dovrà delineare il nuovo piano di sviluppo socio-economico 2021-2025.
La pandemia ha colpito molto duramente l'economia cinese, in particolare nel primo trimestre di quest'anno, quando Wuhan e la provincia dello Hubei sono state teatro del primo grande focolaio di Covid-19 identificato nel mondo. Nei mesi successivi, mentre il contagio estendeva drammaticamente il suo raggio d'azione all'Europa e alle Americhe, la Cina, pur mantenendo rigidi protocolli di monitoraggio e tracciamento in tutto il territorio nazionale, ha cominciato a curarsi le ferite ma ha dovuto fare i conti con il rischio di nuove ondate infettive, almeno sino alla fine di giugno, quando il grande mercato alimentare all'ingrosso di Xinfadi, nel distretto pechinese di Fengtai, fu oggetto di un nuovo preoccupante allarme sanitario.
La sfida cinese al virus non è ancora del tutto vinta e i dati recentemente diffusi da alcuni organi di stampa occidentali non devono trarre in inganno. La crescita del 4,9% registrata nel terzo trimestre rispetto allo stesso periodo dello scorso anno non consentirà in alcun caso nemmeno di avvicinarsi al dato dell'intero 2019, quando l'economia del Dragone crebbe ad un ritmo del 6,1%. Il Fondo Monetario ha infatti stimato che alla fine di quest'anno il PIL cinese crescerà dell'1,9%, ovvero 4,2 punti percentuali in meno dello scorso anno.
Si tratta di una battuta d'arresto importante. Senz'altro, l'impatto della pandemia sull'economia sarà meno violento rispetto ai Paesi europei, che partivano da numeri inferiori. Tuttavia avrà ripercussioni significative, specie nelle aree centro-meridionali del Paese colpite dai nubifragi della scorsa estate, dove alcune città, diversi villaggi e non pochi stabilimenti hanno subito ingenti danni. Più complessivamente, il nuovo piano quinquennale dovrà rilanciare l'economia cinese, irrobustendo la fase di nuova normalità che, a partire dal 2015, aveva circoscritto la crescita in un ventaglio compreso tra il 6 il 7%.
Le previsioni del FMI parlano di un +8,2% nel 2021 ma gli interventi e le misure del governo dovranno procedere speditamente per recuperare i mesi perduti. Una prima significativa prova della capacità di resilienza del gigante asiatico è arrivata dall'ultima Settimana d'Oro che, a partire dal primo ottobre, ricorrenza della fondazione della Repubblica Popolare, prevede solitamente sette giorni di vacanza, quest'anno allungati ad otto per la coincidenza con la Festa di Metà Autunno. Secondo i dati ufficiali del governo, circa 637 milioni di cinesi hanno viaggiato all'interno dei confini nazionali, rigorosamente "sigillati" in base alle misure di contenimento della pandemia, generando entrate per il settore turistico stimate in 466 miliardi di yuan, pari a 68,6 miliardi di dollari.
Facendo di necessità virtù, dunque, il governo cinese ha di fatto rafforzato il già affermato ruolo dei consumi interni quale traino dell'economia nazionale. Malgrado la sorpresa generata all'estero, la tenuta cinese non deve stupire né dare adito a teorie fantasiose sull'orgine del virus. In un momento difficile, il massiccio intervento statale nell'opera di trattamento e tracciamento dell'epidemia, un ulteriore consistente taglio delle tasse e la riduzione dei coefficienti di riserva obbligatoria di diverse banche hanno permesso a molte piccole e medie attività di respirare, superando le difficoltà dei primi tre mesi dell'anno.
Nel quinquennio in via di conclusione, l'economia cinese è cresciuta sino a raggiungere 15.000 miliardi di dollari, pari al 16,3% del totale mondiale nel 2019. Con una classe media che entro breve dovrebbe superare i 600 milioni di persone, la più folta al mondo, l'obiettivo, previsto nel 2021, dello Xiaokang, ossia di una confuciana "moderata prosperità", è ormai quasi raggiunto. La digitalizzazione, tra i punti essenziali del 13° Piano Quinquennale, aveva già sviluppato ambiti quali e-commerce, e-payment, intelligenza artificiale, blockchain, robotica o telemedicina. Il paradigma della sostenibilità aveva invece potenziato gli investimenti in energie pulite e mobilità alternativa, settori in cui Pechino è leader mondiale. Nel 2015, il settore dei servizi aveva superato per la prima volta il 50% sulla composizione del PIL, sino a raggiungere quota 53,9% l'anno scorso. La riforma strutturale dell'offerta aveva inaugurato una lunga stagione di sgravi ed incentivi fiscali, rivolti soprattutto alle piccole e medie imprese, stimolate così ad innovare il loro modello di business, digitalizzare i processi aziendali e riqualificare il personale. Infine, la nuova legge sugli investimenti esteri, approvata nel marzo 2019 ed entrata in vigore il primo gennaio di quest'anno, aveva parificato il trattamento delle aziende straniere rispetto alle aziende nazionali sul mercato del Paese asiatico.
Tutto per rendere più efficiente la pubblica amministrazione e la sanità, più sostenibile la crescita, più qualitativa la manifattura e più decisive le forze del mercato nel processo di allocazione delle risorse. In numeri, tra il 2015 e il 2019, questa trasformazione ha permesso ad esempio al Paese di ridurre del 13,2% il consumo di energia per unità di PIL, aumentare sino all'82% la quota di giorni all'anno in cui l'aria delle città si mantiene pulita. L'edizione 2020 (relativa al 2019) del rapporto Doing Business della Banca Mondiale ha visto la Cina balzare al 31° posto nella graduatoria globale della facilità di fare impresa, dall'84° posto occupato nell'edizione 2016 (relativa al 2015). Prima di questo tesissimo anno, la nuova credibilità acquisita dalla leadership aveva favorito la cooperazione e la diplomazia, a partire dai 200 accordi siglati con 138 Paesi e 30 organizzazioni internazionali nel quadro dell'iniziativa Belt and Road (BRI), il mega-progetto lanciato nel 2013 dal presidente Xi Jinping per ricostruire in chiave moderna le direttrici terrestri e marittime della Via della Seta.
Dati alla mano, insomma, la pandemia ha tutt'altro che favorito la Cina, al contrario di quanto diversi osservatori vanno sostenendo da diverse settimane, col malcelato intento politico di gettare ombre ed insinuare sospetti sul Paese asiatico. Dà piuttosto la netta sensazione di un ostacolo che la natura ha voluto gettare sulla pista di un centometrista talmente veloce e lanciato verso il traguardo che è riuscito a superare l'imprevisto prima e meglio degli altri.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia