Cina. Xi Jinping: Belt and Road come base internazionale per rilanciare economia e sanità

136285408 14948421993441n(ASI) La prassi del dibattito da remoto, scelta obbligata in tempi di emergenza Covid-19, coinvolge anche la discussione sull'iniziativa Belt and Road (BRI), il progetto lanciato dal presidente cinese Xi Jinping nell'autunno 2013 in occasione di una visita ufficiale in Asia Centrale tra Turkmenistan, Kazakhstan, Uzbekistan e Kirghizistan.

Divenuto popolare in Occidente, in particolare in Italia, a seguito della firma del memorandum d'intesa Italia-Cina siglato a Roma lo scorso anno dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, allora sostenuto dalla maggioranza M5S-Lega, il piano rappresenta un vero e proprio tentativo di ricostruire, in chiave moderna, le antiche rotte terrestri e navali della Via della Seta, il reticolato di tracciati che già tra il II il I secolo a.C. aveva messo in comunicazione, almeno indirettamente, i due più grandi imperi del tempo: Roma e la Dinastia Han.

Giovedì scorso, la Video-Conferenza di Alto Livello sulla Cooperazione Internazionale Belt and Road ha fornito spunti interessanti per capire l'evoluzione dell'iniziativa in una fase come questa, dove la pandemia ha congelato per almeno tre mesi gran parte degli spostamenti internazionali di persone, merci e capitali. Le ripercussioni economiche, ancora tutte da quantificare, andranno comprese a fondo per valutare come l'emergenza sanitaria ha impattato nelle diverse aree del mondo, con modalità di risposta differenti da nazione a nazione.

«Per contenere il virus, i Paesi hanno adottato misure consistenti ed efficaci, calibrate sui rispettivi contesti nazionali. Per di più, molti Stati si stanno sforzando per rilanciare l'economia e lo sviluppo sociale». A dirlo è stato proprio Xi Jinping nel suo messaggio rivolto ai ministri e funzionari di 25 Paesi intervenuti all'incontro in videoconferenza, oltre al direttore generale dell'OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus e all'amministratore del Programma di Sviluppo dell'ONU Achim Steiner. «Sia per fermare il virus o per conseguire la ripresa economica - ha proseguito il capo di Stato cinese - non possiamo andare avanti senza solidarietà, cooperazione e multilateralismo».

Il «giusto approccio» da mantenere di fronte alle crisi globali è, per Xi, quello che contempla «maggiore connettività, apertura ed inclusività». «In questo quadro, la cooperazione internazionale dell'iniziativa Belt and Road può fare una grande differenza», ha incalzato il leader cinese, perché rappresenterà anche «un modello di sanità finalizzato alla protezione della sicurezza e al benessere delle persone, un modello di ripresa mirato alla ripartenza dell'economica e dell'attività sociale, ed un modello di crescita per sbloccare il potenziale di sviluppo inespresso».

Inizialmente concentrata quasi esclusivamente sugli ambiti del commercio e dello sviluppo logistico-infrastrutturale, nel corso degli ultimi anni, parallelamente alla trasformazione del modello di crescita cinese e alle riforme politico-amministrative portate avanti da Pechino, la BRI si è arricchita di nuovi significati ed implicazioni nella direzione della qualità manifatturiera, dell'innovazione, della sostenibilità e della trasparenza. Al netto dei rischi finanziari paventati da alcuni analisti per i partner più piccoli o fragili, la BRI presenta effettivamente un ventaglio di opportunità per tutti i Paesi del mondo, non solo in senso bilaterale ma anche nell'ambito della cooperazione triangolare, uno degli aspetti senz'altro più interessanti tra quelli inclusi nel memorandum Italia-Cina firmato a Roma nel marzo 2019.

Alla fine dello scorso ottobre, circa due mesi prima che il nuovo coronavirus facesse la sua comparsa a Wuhan, il governo cinese aveva firmato, nel quadro della BRI, ben 197 documenti - tra accordi, memorandum e partenariati di vario genere - con 137 Paesi e 30 organizzazioni internazionali. Nel vertice ASEAN-Cina di Bangkok del novembre successivo, il primo ministro cinese Li Keqiang aveva poi concluso con i leader dei dieci Paesi membri del mercato comune del Sud-est asiatico un accordo mirato alla cooperazione pragmatica per coniugare la BRI con il Piano Generale ASEAN 2025 per la Connettività.

Accordi analoghi sono stati siglati, o sono in fase di discussione, con numerosi altri Paesi della regione Asia-Pacifico, dell'Europa e della regione eurasiatica, in particolare con la Russia e le cinque nazioni a maggioranza musulmana dell'Asia Centrale, già cruciali nel transito delle rotte carovaniere che nell'antichità e nel medioevo hanno messo in contatto Oriente ed Occidente, anche prescindendo dal protagonismo cinese, come ad esempio durante la dominazione mongola. Se molti partner consolidati di Pechino, come ad esempio Pakistan, Myanmar, Laos o Nepal, hanno in breve tempo risposto positivamente all'iniziativa, ormai anche alcuni Paesi avanzati hanno gettato il loro sguardo sulle nuove proposte cinesi.

Uno di questi, forse il più emblematico sul piano geopolitico, è il Giappone che, inizialmente restio e diffidente verso la BRI, ha cambiato il suo approccio dopo la partecipazione al primo Forum Belt and Road per la Cooperazione Internazionale, nel maggio 2017, dell'ex ministro di Economia, Commercio e Industria Toshihiro Nikai, oggi segretario generale del Partito Liberal-Democratico al governo in Giappone ed autorevole consigliere di Shinzo Abe.

Lo stesso primo ministro giapponese, a seguito di quella visita, cominciò ad esternare una nuova prospettiva sostenendo, in giugno, durante la 23a Conferenza Internazionale sul Futuro dell'Asia, di ritenere che «la BRI ha il potenziale di connettere l'Oriente» e, a novembre, in occasione dell'incontro con Xi Jinping a margine del vertice APEC 2017, di attendere speranzoso «questa iniziativa che fornisce un lungimirante contributo alla pace e alla prosperità della regione e del mondo inglobando adeguatamente il pensiero diffuso della comunità internazionale riguardo l'apertura, la trasparenza, l'efficienza economica, la solidità finanziaria ed altri aspetti infrastrutturali», criteri rispetto ai quali «il Giappone si augura di cooperare». Si tratta, dunque, più propriamente di un «coinvolgimento condizionale», come lo definiscono alcuni esperti, tra cui il Prof. Asei Ito dell'Università di Tokyo, ma pur sempre di un segnale estremamente significativo nel quadro della trasformazione degli equilibri regionali e internazionali.

Come sottolineato ieri da Xi Jinping, il vertice in videoconferenza è stato «un incontro estremamente importante che dà ai partner della cooperazione BRI un'opportunità di discutere una risposta comune all'emergenza Covid-19, promuovere la stessa cooperazione BRI e rafforzare la solidarietà e la cooperazione internazionale». La pandemia, dunque, indicata da molti critici in Occidente come il prossimo fattore scatenante di un processo di de-globalizzazione e di sganciamento tra mercati avanzati e mercati emergenti, potrebbe invece più realisticamente trasformarsi in un'opportunità per riempire di contenuti chiari e definiti proprio quegli spazi che la globalizzazione - complice anche un'anacronistica logica egemonica ereditata dai due secoli scorsi - aveva finora lasciato vuoti, ostacolando il multilateralismo e il coordinamento, anche in campo sanitario, tra le nazioni.

 

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

 

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