(ASI) In questi giorni a Pechino è di scena la Doppia Sessione, l'evento politico più importante dell'anno in Cina, tradizionalmente previsto nel mese di marzo ma rinviato eccezionalmente in primavera inoltrata per l'emergenza Covid-19. A riunirsi, contemporaneamente, sono l'Assemblea Nazionale del Popolo, cioè il Parlamento centrale cinese, cui spettano le funzioni legislative, e la Conferenza Politico-Consultiva del Popolo Cinese, massimo organo consultivo della Repubblica Popolare.
L'evento è molto seguito dall'opinione pubblica cinese perché è proprio in questi giorni che il governo presenta il rapporto dettagliato sul lavoro fin qui svolto e le linee-guida per il prossimo futuro. Quest'anno, chiaramente, l'attenzione si è concentrata sulle proposte dell'esecutivo, guidato dal primo ministro Li Keqiang, per il rilancio dell'economia, dopo un primo trimestre particolarmente difficile a causa dell'epidemia che ha colpito in particolare la metropoli di Wuhan, costretta a ben 76 giorni di lockdown, ma bloccando per diverse settimane anche il resto del Paese.
In agenda, nella giornata di ieri, era prevista anche la conferenza stampa del ministro degli Esteri Wang Yi, molto attesa da giornalisti ed esperti. Dopo le tensioni con l'amministrazione statunitense per le accuse di Donald Trump e del segretario di Stato Mike Pompeo sull'origine del virus, e le nuove ingerenze americane su Hong Kong e Taiwan, Wang ha avvisato il mondo del pericolo di una possibile nuova Guerra Fredda, ribadendo la necessità del dialogo e della cooperazione internazionale.
Il capo della diplomazia cinese ha parlato di «virus politico», riferendosi in particolare alle accuse arrivate da Washington, del tutto infondate e basate su «teorie cospirative». Il richiamo, nemmeno troppo implicito, è alle numerose fake news e alle tante insinuazioni comparse in rete e sulla stampa occidentale, rilanciate persino da diversi leader politici, che attribuirebbero l'origine del SARS-CoV-2 ad un incidente nei laboratori dell'Istituto di Virologia di Wuhan.
Autorevoli studi scientifici in tutto il mondo, incluse le riviste The Lancet e Nature, hanno già da tempo scartato questa ipotesi, avvalorando l'originale naturale del virus ed il suo tentativo di adattamento all'uomo attraverso un salto di specie (spillover). Recentemente, CGTN ha messo in onda un'intervista a Wang Yanyi, direttrice dell'Istituto, in cui la scienziata respinge al mittente le insinuazioni sul lavoro dei suoi colleghi, sottolineando che nessuno dei tre coronavirus di pipistrello isolati e studiati dal suo centro corrisponde a quello responsabile della pandemia. «Attualmente abbiamo tre sequenze di virus attivi», ha detto Wang Yanyi, aggiungendo che «la somiglianza più elevata al SARS-CoV-2 riscontrata in essi raggiunge soltanto il 79,8%». Troppo poco per poter parlare dello stesso virus comparso a Wuhan lo scorso dicembre, quasi certamente connesso ai banchi (o ai possibili "sottobanchi") del mercato ittico del distretto di Jianghan.
Secondo il ministro Wang Yi, il vero obiettivo di alcuni politici americani è quello di utilizzare la pandemia per «attaccare e diffamare la Cina». «Non perdete altro tempo prezioso e non ignorate le vite umane», ha esortato, ricordando che il virus non guarda alle differenze geografiche o sociali, ma può colpire chiunque. Esprimendo la sua solidarietà al popolo statunitense, nella speranza «che possa superare l'epidemia quanto prima», Wang ha ricordato che «Stati Uniti e Cina dovrebbero cominciare prima possibile a coordinarsi e a dialogare in tema di macro-politiche mirate a ridurre l'impatto della malattia sulle rispettive economie e sul mondo intero».
Con un'economia globale prevista dall'FMI in contrazione del 3% per quest'anno a causa proprio della pandemia, Wang si è appellato a tutti i Paesi per affrontare la situazione «fianco a fianco», cercando il mutuo beneficio ed abbandonando qualsiasi narrativa sfidante, nell'illusione che solo qualcuno in particolare possa uscire vincitore da questa crisi.
Ricordando le missioni e le forniture mediche inviate da Pechino in circa 150 Paesi e presso quattro organizzazioni internazionali, il ministro ha specificato che la Cina non si sente «un salvatore» ma vuole semplicemente essere «amica nel bisogno ed un partner sincero». Le cifre, riportate da Xinhua, parlano di 56,8 miliardi di mascherine e 250 milioni di tute protettive spedite in totale all'estero.
Se il virus «ha profondamente cambiato le abitudini a livello mondiale», secondo Wang, comunque questa crisi «non invertirà la tendenza della globalizzazione né minerà la fermezza della Cina nel promuovere la cooperazione internazionale». Il riferimento, stavolta esplicito, è all'inziativa Belt and Road, su cui - secondo il ministro - l'impatto del virus sarà soltanto «temporaneo e limitato». Anche questo progetto è da tempo finito nel mirino della Casa Bianca che cerca, attraverso l'influenza su alcuni partner-chiave della macroregione indo-pacifica, a cominciare dall'India stessa, di ostacolarne la realizzazione.
«Alcune forze politiche statunitensi stanno tenendo in ostaggio le relazioni sino-americane, cercando di spingere i rapporti verso la soglia di una "nuova Gerra Fredda"», ha detto Wang, aggiungendo che «tutto ciò è pericoloso e mette a repentaglio la pace globale». Il ministro ha avvisato Washington di «non sfidare la linea rossa cinese», riferendosi proprio a Taiwan, cui il Pentagono continua a progettare di vendere armamenti nonostante il riconoscimento ufficiale del principio di Una sola Cina, sancito dall'ONU nel 1971.
Analogo appello alla non-ingerenza per quel che riguarda Hong Kong, dove l'anno scorso una parte dei residenti era scesa con frequenza settimanale in strada per manifestare il proprio dissenso nei confronti della governatrice Carrie Lam, anche ricorrendo a violenze e vandalismi. La tensione internazionale si era alzata alle stelle lo scorso novembre, quando Donald Trump firmò il cosiddetto Hong Kong Human Rights and Democracy Act, introdotto dal Congresso degli Stati Uniti per imporre sanzioni nei confronti di funzionari cinesi ritenuti responsabili di presunti abusi contro i manifestanti. Un'ingerenza, non certo inedita, che il governo cinese non ha affatto digerito in quella che, malgrado la marcata autonomia, resta una sua regione interna, per altro forte di un'economia fiorente e di un sistema politico rappresentativo di fatto assente sotto il vecchio regime coloniale britannico.
Proprio in questa Doppia Sessione, Pechino ha definitivamente approvato una legge antisecessione specifica per Hong Kong, finalizzata a rendere più efficace la sicurezza ed impedire che i territori della Regione Amministrativa Speciale possano essere nuovamente paralizzati ed il tessuto politico-sociale destabilizzato da scontri violenti e vandalismo in un hub finanziario e turistico tra i più importanti al mondo.
Per quanto riguarda le relazioni sino-russe, Wang ha affermato che «la Cina stabilizzerà la cooperazione nel settore energetico e promuoverà la collaborazione con Mosca in settori emergenti quali l'e-commerce, il biomedicale e i servizi cloud». Con l'Europa, invece, il gigante asiatico «dovrebbe approfondire la cooperazione dal mutuo vantaggio negli ambiti della connettività, della protezione ambientale, dell'economia digitale e dell'intelligenza artificiale».
Resta dunque cordiale e sereno, almeno per ora, il clima tra Pechino e Bruxelles, nonostante qualche tensione all'inizio di maggio per i dubbi espressi da alcune cancellerie del Vecchio Continente sull'origine del virus. La risoluzione presentata dall'Unione Europea una settimana fa, alla 73a Assemblea Generale della Sanità, malgrado i clamori mediatici, infatti, non ha messo in discussione né la risposta sanitaria di Pechino né l'origine animale del virus.
Nel testo approvato lo scorso 18 maggio, l'UE e molti altri Paesi, tra cui la stessa Cina, firmataria del documento, al paragrafo OP9.6 chiedono all'OMS di «continuare a lavorare strettamente al fianco dell'Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE), alla FAO e ai Paesi [...] per identificare la fonte zoonotica del virus e il percorso di adattamento all'uomo, includendo il possibile ruolo di ospiti intermedi, anche attraverso sforzi quali ad esempio missioni sul campo scientifiche e collaborative [...] per ridurre il rischio di simili eventi e per fornire un protocollo sulle modalità di prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 negli animali e negli uomini, nonché per prevenire l'insorgere di nuovi serbatoi zoonotici e per ridurre ulteriori rischi di emergenza e trasmissione di malattie zoonotiche».
Resta sul piatto la richiesta al paragrafo OP9.10 di «avviare, al primo momento opportuno, ed in coordinamento con gli Stati membri, un graduale processo di valutazione imparziale, indipendente e complessiva, compreso l'utilizzo di meccanismi già esistenti, nel modo appropriato, per rivedere l'esperienza acquisita e le lezioni apprese dalla risposa sanitaria internazionale, coordinata dall'OMS, tra cui: (i) l'efficacia dei meccanismi a disposizione dell'OMS; (ii) il funzionamento del Regolamento Sanitario Internazionale (IHR) e il livello di attuazione delle raccomandazioni principali dei precedenti Comitati di Revisione dell'IHR; (iii) il contributo dell'OMS agli sforzi a livello di Nazioni Unite; (iv) le azioni dell'OMS e le loro tempistiche in relazione alla pandemia da Covid-19 [...]». La risoluzione - sostenuta tra gli altri anche da Russia, Giappone, Regno Unito, Australia, Indonesia, Kazakhstan, da tutti i Paesi africani e da molti Paesi latinoamericani - non è stata tuttavia firmata dagli Stati Uniti.
Nella conferenza stampa del ministro Wang c'è spazio poi per la cooperazione trilaterale con Giappone e Corea del Sud, un meccanismo avviato col primo vertice del 2008 ma abbozzato già a partire dal dialogo nel quadro dell'ASEAN+3, un vertice con i Paesi del Sud-est asiatico inaugurato informalmente alla fine del 1997, che due anni più tardi ha partorito la piattaforma dell'East Asia Vision Group (EAVG). Per Pechino, la cooperazione con Tokyo e Seoul è forse la più solida e strutturata dopo quella con la Russia.
Il ministro degli Esteri cinese ha elogiato il coordinamento tra le tre potenze dell'Asia Orientale nel quadro della lotta al virus. La volontà di Pechino è ora quella di incrementare il livello della cooperazione economica «promuovendo il libero commercio, riducendo le tariffe, aprendo i mercati e stimolando i nuovi motori della crescita nel settore sanitario, nella manifattura intelligente e nel 5G». Secondo Wang, Cina, Giappone e Corea del Sud «dovrebbero approfondire la cooperazione dal mutuo vantaggio negli ambiti della connettività, della protezione ambientale, dell'economia digitale e dell'intelligenza artificiale».
Capitolo a parte è quello relativo all'Africa, dove il Paese asiatico, ormai da un ventennio, sta attuando una politica attiva di cooperazione multilaterale attraverso la piattaforma del FOCAC. «La Cina si è impegnata a ridurre il debito dei Paesi africani e a fornire supporto ai Paesi in condizioni estremamente critiche», ha precisato Wang, sulla scia di quanto già sintetizzato dal presidente Xi Jinping nel suo intervento in videoconferenza con l'OMS della settimana scorsa. Da Pechino arriveranno infatti all'OMS ben 2 miliardi di dollari nei prossimi due anni, anzitutto per sostenere la capacità di risposta sanitaria nei contesti più difficili e delicati del Continente nero.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia