Cina. Il coronavirus spaventa anche l'Italia ma gli esperti invitano ad evitare panico e fobie incontrollate

138742430 15803426420761n(ASI) Mentre in Italia emergono i primi due casi conclamati di coronavirus, due turisti cinesi ricoverati a Roma ieri sera dopo che erano sbarcati a Malpensa assieme ad una comitiva lo scorso 23 gennaio, entrambi provenienti dalla metropoli centromeridionale di Wuhan, focolaio dell'epidemia che sta preoccupando il mondo intero, continua la battaglia della Cina contro il virus polmonare manifestatosi alla fine dello scorso mese di dicembre, proprio dalla città capoluogo della Provincia dello Hubei.

Dopo l'annuncio del governo italiano - il primo in Europa a prendere questo provvedimento - a partire da oggi tutti i nuovi voli, di qualsiasi compagnia, da e per il Paese asiatico sono stati annullati fino a data da destinarsi sulla base delle disposizioni diramate nelle ventiquattro ore precedenti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha definitivamente dichiarato lo stato di emergenza internazionale di salute pubblica (PHEIC, in lingua inglese) in relazione al nuovo coronavirus originatosi nella città cinese di Wuhan nelle settimane scorse. Naturalmente, gli unici voli in discussione sono quelli ancora da programmare nel dettaglio per consentire agli italiani che vivono o lavoranno nello Hubei di rientrare in patria, in stato di quarantena e sotto adeguato controllo sanitario.

Il direttore scientifico dell'Ospedale Spallanzani di Roma, struttura altamente specializzata nelle patologie infettive, Giuseppe Ippolito, intervistato da Radio Capital, ha affermato: «I cittadini devono stare tranquilli - spiega - perché il rischio reale di trasmissione si verifica con persone sintomatiche. Appena i due turisti hanno avuto i sintomi sono state seguite tutte le procedure. Siamo quasi del tutto tranquilli che non ci siano stati altri contagi».

Citato da Repubblica, Gianni Rezza, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell'Istituto Superiore di Sanità, ha dichiarato poi che la psicosi legata al tour turistico effettuato dalla coppia cinese trovata positiva al coronavirus «non è giustificata: è improbabile che possano aver contagiato altre persone nelle varie città visitate perché il virus si trasmette solo con un contatto molto ravvicinato». Al momento, ha comunque confermato Rezza, «si sta tracciando tutto il percorso fatto dalla comitiva, la vigilanza resta alta, ma non dobbiamo suscitare allarmi ingiustificati».

Alle rassicurazioni degli esperti, che invitano ad evitare l'effetto psicosi indicando tempi e modi del possibile contagio, si aggiungono i numeri, estremamente bassi, del tasso di mortalità della malattia in Cina, dove gli oltre 230 decessi e i quasi 10.000 casi di contagio complessivi fin'ora registrati hanno riguardato in grandissima parte l'area di Wuhan, metropoli da 11 milioni di abitanti, in un Paese che conta in totale quasi 1,4 miliardi di abitanti. Eppure, il panico generale, alimentato soprattutto da alcuni utenti nei social, da alcune fake news e da titoli di articoli non sempre accurati, è ormai scattato anche in Italia, dove non sono poche le persone che si sono fiondate ad acquistare mascherine in farmacia, senza considerare che è molto più importante che ad indossarla sia la persona potenzialmente malata. In più, considerando il periodo invernale, il panico diffuso può facilmente indurre molte persone a temere di aver contratto questo tipo di coronavirus anche avvertendo i sintomi di un semplice malanno stagionale.

Casi all'estero in Europa, d'altronde, erano stati segnalati già nei giorni precedenti tra Germania, Francia e Finlandia, ed erano stati ritenuti assolutamente possibili anche nel nostro Paese - come hanno sottolineato le autorità sanitarie nazionali - in una fase che gli esperti ritengono prossima al raggiungimento del picco in Cina, considerando che i provvedimenti più drastici adottati da Pechino sono arrivati una settimana fa, poco prima del Capodanno cinese, le cui festività saranno prolungate di periodi di tempo ancora da definire con precisione in base alla situazione di ogni singola area del Paese.

Dopo le prime incertezze sull'origine e la natura di questa nuova forma di polmonite contagiosa - che restano sul tavolo malgrado l'ipotesi più probabile sia ancora quella legata alla trasmissione da parte di alcune specie di animali selvatici venduti nei mercati all'aperto - le autorità statali cinesi hanno deciso ormai da una settimana la chiusura praticamente completa delle aree urbane dove il virus si è diffuso e ha più pesantemente colpito. Un'operazione tutt'altro che semplice che ha portato all'isolamento praticamente completo di un totale di circa 60 milioni di persone, di fatto confinate ed impossibilitate a muoversi al di fuori dello Hubei, invitando tutti gli altri cinesi ad evitare viaggi e spostamenti sia interni che all'estero. Misure straordinarie che il governo ha ritenuto necessarie per isolare prima possibile il focolaio infettivo, confinandolo in una precisa area geografica che permetta, almeno entro le prossime tre o quattro settimane, al resto del Paese di ripartire e ripristinare le normali attività quotidiane. Al momento, infatti, anche metropoli piuttosto lontane da Wuhan, come Pechino e Shanghai, stanno funzionando a ritmi ridotti ed entro le prossime due settimane avranno bisogno di far ripartire le catene di fornitura dei normali generi alimentari, sanitari e dei beni di prima necessità in genere.

Intanto, tra tre giorni saranno completati i lavori del nuovo ospedale di Huoshenshan, realizzato nelle vicinanze di Wuhan in tempi record dalle maestranze per garantire al personale sanitario, accorso in gran numero anche da altre città del Paese, un luogo di cura dove trattare in via del tutto isolata i pazienti affetti da coronavirus. Una struttura analoga d'emergenza sarà completata entro il 10 febbraio prossimo. Procedono alacremente anche le ricerche, non solo in Cina, per ottenere un vaccino che in breve tempo, logicamente, consentirebbe di tornare alla normalità. Dal Paese asiatico hanno già fatto sapere che saranno necessari almeno tre mesi, per altri esperti stranieri ce ne vorranno addirittura sei o persino di più. Fatto sta che, al di là del supporto istituzionale (ONU e OMS in primis) è scattata una gara di solidarietà globale, da vari donatori privati, per sostenere le cure e la ricerca. Anche questo conta molto in un momento in cui la Cina e il mondo intero hanno bisogno di stringersi ed aiutarsi reciprocamente.

 

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

 

 
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