Cina. Xi Jinping torna a Pechino dopo un'importante settimana tra Grecia e Brasile

5dccc1a4a310cf3e97a63279(ASI) Il presidente cinese Xi Jinping ha fatto ritorno a Pechino nella giornata di ieri. Sullo sfondo delle tensioni di strada a Hong Kong, la stampa del Paese asiatico ha sottolineato l'importanza di una trasferta che ha visto il leader della Repubblica Popolare raggiungere dapprima la Grecia per una visita di Stato ufficiale, dove ha incontrato il capo di Stato Prokopis Pavlopoulos ed il primo ministro Kyriakos Mitsotakis, e poi il Brasile, dove ha preso parte all'11° summit del BRICS, l'organizzazione che a partire dal 2006, e con maggior solidità istituzionale dal 2009, raccoglie le principali potenze emergenti del pianeta, cioè - in ordine di iniziale - Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.

Nell'editoriale scritto in esclusiva per il Kathimerini a poche ore dalla visita ad Atene, Xi Jinping ha ricordato l'importanza del Porto del Pireo, riferendosi soprattutto alla presenza di COSCO, gigante cinese della logistica navale. «Il Pireo sta diventando il più grande porto del Mediterraneo», ha affermato il presidente cinese sottolineando la favorevole posizione geografica della Grecia e i suoi «particolari punti di forza» nel settore navale. In questo hub, fondamentale nel quadro della direttrice marittima della Nuova Via della Seta [Via della Seta Marittima del XXI Secolo, nda], Pechino ha già investito oltre 800 milioni di euro e ha in programma di investirne altri 600, come riporta la Deutsche Welle, aprendo canali diretti che stanno già consentendo alla Grecia di esportare annualmente merci verso il Paese asiatico per un volume di poco inferiore ad 1 miliardo di euro, lasciando aperti ancora notevoli margini di miglioramento.

Quella di COSCO al Pireo sembra insomma essere «una storia di successo», come l'ha definita ai microfoni della stessa emittente radiofonica tedesca Konstantinos Filis, direttore di ricerca presso l'Istituto di Relazioni Internazionali dell'Università Panteion di Atene, sottolineando inoltre l'importanza che la Cina aderisca ai regolamenti e alle linee-guida dell'UE in materia di diritti sul lavoro e protezione ambientale.

Nel suo editoriale, Xi ha affermato che la Cina e la Grecia dovrebbero imparare dalla «sapienza delle loro antiche forme di civiltà» per costruire insieme «un nuovo tipo di relazioni internazionali fondate sul rispetto, sulla giustizia e sulla cooperazione dal mutuo vantaggio». Parole d'ordine ormai consuetudinarie nei discorsi e nelle relazioni del presidente cinese, che poggiano sulle solide fondamenta di un'efficace dottrina di politica estera che mette abilmente insieme il filosofo Confucio e l'ex primo ministro Zhou Enlai, l'antico ammiraglio Zheng He e il riformatore Deng Xiaoping. L'impegno per la preservazione dell'armonia nelle relazioni internazionali, l'arricchimento reciproco attraverso il commercio, la coesistenza pacifica e la diplomazia multivettoriale sono concetti che Xi, nei fatti, ha ribadito anche in Grecia, un Paese che, al di là delle paure e dei sospetti, ha senz'altro trovato negli investimenti cinesi una prima cruciale risposta alla pesantissima crisi economica che lo ha ingabbiato per un decennio.

Concetti analoghi sono stati rimarcati anche in occasione del summit generale dei BRICS a Brasilia, dove Xi Jinping ha ricordato le sfide e i profondi cambiamenti «raramente visti in un secolo», rispetto ai quali «i principali mercati emergenti e i Paesi in via di sviluppo come noi devono afferrare le tendenze dei tempi». Rivolgendosi ai capi di Stato degli altri quattro Paesi partner, Xi è stato chiaro: «Dobbiamo rispondere all'appello dei nostri popoli e assumerci le nostre responsabilità, dobbiamo restare fedeli al nostro incrollabile impegno per lo sviluppo e rafforzare la solidarietà e la cooperazione per il benessere dei nostri popoli e per lo sviluppo del nostro pianeta». Il presidente cinese ha anche richiamato l'importanza di «salvaguardare la pace e lo sviluppo per tutti [...] di rafforzare l'equità e la giustizia e di promuovere effetti dal mutuo vantaggio».

Immancabile, poi, il richiamo di Xi al rafforzamento del multilateralismo, al sostegno di un sistema internazionale centrato sul ruolo delle Nazioni Unite e dei principi che ne ispirano l'azione diplomatica, seguendo i propositi dell'Agenda 2030 e degli Accordi di Parigi sui Cambiamenti Climatici, una sfida che riguarda molto da vicino il Paese asiatico, impegnato da diversi anni in una serie di riforme a tutti i livelli, finalizzate a rendere sostenibile ed ecocompatibile il suo modello di sviluppo. Una posizione di apertura - questa - che sul piano economico si traduce nella convinta difesa del sistema multilaterale del commercio imperniato sul WTO, con il preciso obiettivo di «potenziare la voce e l'influenza dei mercati emergenti e dei Paesi in via di sviluppo nell'ambito degli affari internazionali».

Dopo la sua visita a Pechino di qualche settimana fa, il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, padrone di casa, ha accolto Xi Jinping mostrando un atteggiamento ben più cauto e diplomatico rispetto ai toni da campagna elettorale dello scorso anno, quando senza mezzi termini, mutuando la retorica del presidente statunitense Donald Trump, aveva accusato la Cina di voler «comprarsi il Brasile». In'occasione di una conferenza stampa congiunta tra i due capi di Stato, svolta dopo la firma di una serie di accordi bilaterali non-vincolanti in materia di trasporti, servizi e investimenti, Bolsonaro ha auspicato che i due Paesi possano non soltanto incrementare ma anche «diversificare le relazioni commerciali», sottolineando che «la Cina sta diventando sempre di più parte del futuro del Brasile».

Non deve certamente stupire la posizione del presidente del Paese lusofono che, sebbene ideologicamente vicino alle istanze liberalnazionaliste e neoprotezioniste del suo omologo nordamericano, non può che fare i conti con la realtà. Primo partner commerciale, la Cina è infatti da anni anche la prima destinazione delle merci brasiliane per un volume che nel 2018 ha raggiunto quota 64,2 miliardi di dollari, pari al 26,8% del totale dell'export carioca, contro il 12,1% che finisce negli Stati Uniti, secondo mercato di destinazione, il 6,2% in Argentina, il 2,2% in Germania o l'1,8% in Giappone. Non è un caso, dunque, che Bolsonaro, come riportato da Reuters, abbia precisato alla stampa di non voler essere coinvolto nelle dispute commerciali in atto fra Cina e Stati Uniti, ricordando che «il Brasile sta continuando a commerciare col mondo intero».

Restano invece marcate le divergenze sulla geopolitica regionale latinoamericana, dove Russia e Cina hanno espresso forte preoccupazione per i disordini golpisti che in Bolivia hanno portato alla fuga di Evo Morales, giudicata positivamente da Bolsonaro, strenuo oppositore del presidente venezuelano Nicolás Maduro, sostenuto invece da Mosca e Pechino. Eppure, anche in questo caso, chissà che il tempo non sappia lenire le ferite dello scontro e limare le divergenze tra i leader mondiali.

 

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

 

 

 
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