(ASI) Palermo- La foto storica di questi due giorni sarà la stretta di mano fra i leader delle due fazioni opposte che governano la Libia: da una parte il generale delle milizie in Cirenaica, Khalifa Haftar, dall'altra il capo del governo nazionale sostenuto dalle Nazioni Unite Fayez al-Serraj.
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è impegnato personalmente affinché tutti gli attori coinvolti fossero presenti alla conferenza siciliana dove, dopo il meeting francese di maggio, l'Italia è tornata in prima linea sulla risoluzione del conflitto libico. I principali temi sul tavolo, oltre la ricostituzione dell'unità nazionale del Paese che maggiormente interessa la Farnesina, sono stati la politica e l'economia da rilanciare, ma ampio spazio è stato dedicato alla sicurezza. Quest'ultima, in tema di terrorismo e immigrazione, è da sempre principale preoccupazione di Roma.
Nella vigilia sono stati sollevati molti dubbi sulle partecipazioni degli attori nord africani e di quelli occidentali. Haftar, atteso fino all'ultimo, ha partecipato senza prendere parte alla conferenza plenaria. Sembra aver lasciato subito l'Italia, ma non senza aver prima rassicurato il rivale al-Serraj che rimarrà al suo posto, fino alle tanto attese elezioni nazionali. «Il cavallo non si cambia mentre si attraversa un fiume», avrebbe detto il capo di buona parte dell'esercito nazionale libico.
Conte ha ripetuto nel corso della plenaria quanto sia importante «cogliere questa occasione per rinnovare il cessate il fuoco nel Paese».
Ad ascoltarlo c'erano il ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian, il sottosegretario del corrispettivo tedesco Niels Annen e il consigliere di Stato per il Medio Oriente statunitense David Satterfield. Il meeting italiano ha però assunto maggiore importanza grazie alla presenza del premier russo Dmitry Medvedev e del viceministro agli esteri Mikhail Bogdanov e delle delegazioni di Lega Araba, Banca Mondiale, Unione europea, con Federica Mogherini e Donald Tusk, e delle rappresentanze di tutti gli Stati che giocano un ruolo strategico nella regione, come Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Qatar e Turchia. Un incontro multilaterale che ha potuto dettare i prossimi capitoli della roadmap che dovrebbe riportare il Paese alla stabilità.
Fonti governative hanno perfino smentito la rivalità economica fra Italia e Francia in Libia, parlando di un riavvicinamento delle posizioni di Eni e Total.
In un clima complessivamente disteso è la delegazione turca a confidare qualche malumore: «Qualcuno all'ultimo minuto ha abusato dell'ospitalità italiana», ha detto senza mai nominare Haftar il vicepresidente Fuat Oktay, mentre lasciava Villa Igiea a lavori non ancora conclusi.
Al di là delle singole posizioni, l'esito della conferenza è da considerarsi positivo, come ha detto ad Agenzia Stampa Italia Vanessa Tomassini di Notizie Geopolitiche, esperta di Libia ed editore dell'omonimo speciale sulla testata: «Era importante avere la presenza di tutti, speriamo siano state tracciate le linee guida e le priorità della comunità internazionale. Ci sono riforme economiche e provvedimenti sulla sicurezza da realizzare. L'obiettivo principale sarà sostituire le milizie con forze di sicurezza nazionali riconosciute».
A tal proposito, continua Tomassini, ci sarebbe già un percorso definito, con l'Italia in primo piano: «Insieme alla comunità internazionale il governo italiano lavorerà per il mantenimento dello status quo con gli attori che già controllano il territorio, auspicando una riconciliazione nazionale e le conseguenti elezioni già nel 2019».
Non vuol dire che tutti i problemi siano risolti, ma a Palermo è stato ora definito un percorso da seguire, con mezzi diplomatici e senza interventi militari, non scontati solo un paio di mesi fa, quando il 4 settembre scorso la Settima Brigata aveva provato a conquistare Tripoli. La partita più incerta riguarda ora quella per il controllo dei pozzi petroliferi, storicamente principale fonte di ricchezza nel Paese, ma per questa servirà tempo.
Da Palermo è così ripartito il piano di ricostruzione della Libia, auspicato dal segretario della missione Onu in Libia Ghassan Salamè e dall'incaricata per gli affari politici Stephanie Williams, ma con l'Italia che potrà ora giocarsi la sua partita strategica come attore di primo piano.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia