(ASI) La questione dei migranti rende sempre più instabile l'architettura della UE, già minata dall'esito del referendum britannico per l'uscita dall'euro e dall'Unione Europea. Decisione popolare, che tuttavia Germania e Francia non hanno accettato di buon grado, come dimostrano i recenti sviluppi.
1) 22/06/2018: AIRBUS, consorzio franco-tedesco di costruttori aereonautici, per bocca dei suoi vertici dichiara che, in caso di mancato accordo tra UE e Regno Unito sulla Brexit, la compagnia aerea abbandonerà gli aeroporti britannici ed in particolare la sua attività imprenditoriale sull'isola. Significative le conseguenze sia sugli investimenti sia sull'occupazione, visto che l'industria occupa oltremanica circa 14.000 unità lavorative.
2) 25/06/2018: BMW, la nota casa automobilistica (Bayerische Motoren Werke), con sede a Monaco di Baviera manda un messaggio, che sa tanto di ultimatum, al Governo di Londra. Se dopo la Brexit non sussistessero le condizioni per importare - in tempi brevi e con modalità sicure - componenti meccaniche dall'Europa continentale, BMW potrebbe prendere in seria considerazione la chiusura dei propri stabilimenti in Gran Bretagna. Queste le parole di Stephan Freismuth, manager della casa automobilistica tedesca. Per i sudditi di Elisabetta II sarebbe un ulteriore, consistente emorragia di posti di lavoro.
Di fronte a queste prospettive, come reagirebbe la Gran Bretagna? Lo stallo delle trattative sulla Brexit e le previsioni negative su una soluzione positiva della crisi euro-britannica hanno indotto la Gran Bretagna a programmare tutta una serie di misure preventive e di attrezzarsi per ogni emergenza.
Fonti autorevoli britanniche, infatti, prevedono che già dal giorno successivo all'ufficializzazione del divorzio senza accordo dall'Unione Europea si potrebbe verificare un generale isolamento del Regno Unito, con una serie di negative conseguenze. Nei primi di giugno 2018 il Sunday Times ha scritto: "In due settimane potremmo restare senza cibo, carburante e medicine". Se lo scenario prevedesse anche un' interruzione dei collegamenti aerei, non resterebbe al Regno Unito che organizzare voli charter, o utilizzare velivoli della Royal Air Force per portare generi alimentari e medicinali in tutto il territorio britannico.
Da parte sua Theresa May avrebbe già iniziato ad approntare piani di emergenza.
L'esperienza britannica, al di là delle polemiche, dovrebbe essere di insegnamento all'Europa ed alle nazioni all'interno della UE che avvertono sempre più la difficoltà a raccordarsi con il sistema imposto da Germania e Francia. Cosìcché altri progetti nazionali di uscita dalla UE possano seguire utilmente una strategia analoga a quella messa in atto dal Regno Unito.