La ritirata israeliana fu accolta con gioia e sollievo da parte di una popolazione libanese frustrata a causa dell’usurpazione della propria terra, al contempo diffuse un sentimento di gratitudine nei confronti di Hezbollah (Partito di Dio), a cui vennero riconosciuti i meriti della strenua e finanche efficace opposizione all’incedere dell’esercito sionista.
Oggi, 25 maggio 2011, L’Associazione Islamica "Imam Mahdi" ha deciso di celebrare la ricorrenza organizzando nei locali della propria sede romana un incontro pubblico a cui ha partecipato il responsabile dell’ufficio stampa di Hezbollah, Ibrahim al-Moussawi, e a cui era presente, anch’egli come ospite d’onore, Ali Akbar Naseri, ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran presso la Santa Sede. Nella piccola ma accogliente struttura dell’Associazione erano assiepate persone di diversa estrazione ed orientamento religioso, accomunate dall’interesse verso le questioni mediorientali. Il rituale saluto agli ospiti da parte degli organizzatori e la lettura di un salmo del Corano hanno introdotto l’intervento di al-Moussawi, per la prima volta presente in Italia. Il portavoce di Hezbollah - cui era affiancato un collaboratore che si è occupato di tradurre simultaneamente in lingua italiana le sue parole - ha dialogato in modo molto disinvolto rendendosi magnetico agli occhi di un attento pubblico. Avvalendosi di quanto riportato nel Corano, al-Moussawi ha anzitutto affermato un’ovvia verità che tuttavia sembra oggi esser stata seppellita: anche gli imperi apparentemente più invulnerabili sono destinati, prima o poi, a cedere. Questo sacro insegnamento ha generato quell’anelito rivoluzionario che in Iran, nel 1979, grazie all’impulso fondamentale dell’Imam Khomeini, sfociò con l’affermazione della Repubblica Islamica dopo anni di monarchia. Una premessa che al-Moussawi ha considerato necessaria al fine di riconoscere a quanto seminato in Iran nel ’79 la fioritura della resistenza libanese ad Israele. E’ proprio ad Israele che il portavoce di Hezbollah imputa l’origine dei tanti contrasti che negli anni hanno infuocato il Medio Oriente, una veloce carrellata di esempi a tal riguardo sono serviti a rafforzare il concetto: citazione d’obbligo per l’occupazione della Palestina e la questione degli esuli, cause prime e principali di conflitto in quella regione. Al-Moussawi ha ricordato come una cortina di inviolabilità internazionale aleggi intorno ad Israele, in diritto di perpetrare crimini senza risponderne nella stessa misura in cui avviene per altri paesi. A Israele è storicamente concesso di poter esercitare pressioni ed ingerenza nei confronti di governi stranieri; le recenti esternazioni di Netanyahu alle camere riunite, a Washington, ove il premier israeliano ha energicamente sgomberato ogni equivoco circa le parole di Obama che in molti avevano interpretato come un invito a Israele a ritornare ai confini del ’67, sono solo l’ultimo episodio che si colloca in questa prospettiva denunciata da al-Moussawi. La mancata osservanza delle Risoluzioni Onu da parte israeliana non genera quella mobilitazione internazionale che, citando ad esempio il motivo scatenante della "guerra del Golfo" nel ’90, avvenne invece quando l’Iraq di Saddam Hussein invase il Kuwait. Il motivo di questa disparità di giudizio occidentale è stato sintetizzato da al-Moussawi con queste sarcastiche parole: "Il Libano non ha petrolio ma olio d’oliva". L’eloquente rappresentante del "Partito di Dio" non ha poi mancato di indicare quale sia lo strumento più valido di cui dispongono Israele e i suoi alleati: non si tratta di un’arma da fuoco bensì del controllo mediatico, il quale ha la capacità di persuadere l’opinione pubblica e veicolare abilmente ipocrisie. Egli ha testualmente detto: "I media mirano a deformare le coscienze, quando affrontano temi legati al mondo arabo tendono a creare preoccupazione nell’opinione pubblica". Insomma, una denuncia verso il terrorismo mediatico che è propulsore di quello scontro di civiltà che tanto alligna negli animi di molti occidentali. Scendere su questo terreno di battaglia è dunque la via indicata da al-Moussawi al fine di essere "ambasciatori per la causa del proprio popolo", ossia svolgere contro-informazione, servendosi in particolare dell’enorme capacità aggregativa dei social network. In tal senso, egli ha citato le recenti rivolte arabe, le quali hanno il pieno appoggio di Hezbollah, a cui del resto gli animatori hanno espressamente detto di ispirarsi. Un distinguo ha tenuto a farlo circa la Siria (il cui governo baahtista di Assad è uno storico alleato di Hezbollah), dove non c’è una mobilitazione omogenea da parte della popolazione in quanto non è colpita da gravi indigenze.
Intervento concluso tracciando una linea di continuità tra la resistenza libanese terminata nel maggio 2000 e le odierne rivolte arabe; linea di continuità che passa attraverso le parole d’ordine di liberazione dalle ingerenze straniere nella propria terra. Uno scopo universale, che accomuna tutti quei popoli che intendono affermarsi liberi e ai cui giovani - afferma con tono ottimistico al-Moussawi - l’invito alla ribellione giunge dai loro coetanei che stanno infervorando di passione politica il mondo arabo.