(ASI) Siria, Egitto e Turchia. Tre tappe in un solo giorno per ridefinire gli equilibri e le forze schierate in Siria. Gli assetti militari in Medio Oriente saranno ridimensionati, grazie alla vittoria sull’Isis.
Il presidente russo Vladimir Putin lo ha annunciato di fronte ai suoi soldati a Latakia, città siriana sulla costa orientale del mar Mediterraneo, dove è situata una delle più grandi basi militari russe all’estero. Il presidente non ha dubbi: «Il compito di combattere i banditi armati qui in Siria è stato in gran parte risolto. In modo spettacolare aggiungerei». Al canto di vittoria dello zar si è aggiunta la promessa del ritiro delle truppe, graduale ma ormai prossimo. Una scelta che però «non lascerà a piede libero i terroristi», ha detto il numero uno del Cremlino.
Putin ha voluto cogliere il momento più opportuno per ridisegnare lo scacchiere medio orientale, nel bel mezzo delle tensioni sollevate dalle parole del presidente Usa Donald Trump, sull’intenzione di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Ha dialogato con Bashar al-Assad a Damasco, con Erdogan a Istanbul e con al-Sisi in Egitto, confidando in un patto multilaterale che vede in prima linea anche Teheran. La pedina sciita è fondamentale su uno scacchiere dove la Russia è riconosciuta come la protagonista indiscussa dell’alleanza che ha risolto il conflitto siriano. Un problema in meno, anche se il mondo occidentale non è convinto della soluzione adottata. Poco da aggiungere, perché ora di fatto il destino della Siria è in mano ai Paesi che hanno stretto con il Cremlino una relazione solida. Persino con la Turchia, responsabile negli anni passati di alcuni episodi di tensione con Mosca. Al presidente siriano Putin ha assicurato nuovamente il proprio sostegno per la gestione del dopoguerra. A Turchia ed Egitto ha ribadito che l’obiettivo resta la stabilità della regione.
Per questo con l’Isis è sconfitto il presidente russo pensa già al futuro, contestando anche le ultime decisioni prese dalla Casa Bianca. «Restiamo a sostegno della posizione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu», ha ripetuto. «Consideriamo controproducente ogni scelta che vada ad anticipare qualsiasi esito del dialogo fra i palestinesi e gli israeliani. Quello dell’ambasciata sarebbe un passo avventato, che alimenterà un nuovo conflitto, invece di risolverlo.
Non solo politica estera, ma anche prospettive nazionali e affari economici. Putin ha confermato la sua candidatura per le elezioni di marzo, annunciata nei giorni scorsi, poi ha chiuso le trattative con al-Sisi per la costruzione di un impianto nucleare a Dabaa, a ovest del Cairo. Un accordo finanziato da Mosca che porterà all’erario egiziano diversi miliardi, proprio quando Washington aveva sospeso, lo scorso agosto, l’erogazione di alcuni aiuti economici. Con Erdogan il business in questione era invece il gasdotto Turkstream, parlando di energia, ma anche mercato di armi e di centrali nucleari. Tra queste, un sistema antimissile che non ha fatto piacere alla Nato, alleanza militare nella quale Ankara possiede la seconda potenza militare per numero di mezzi e unità.
Lorenzo Nicolao – Agenzia Stampa Italia