(ASI) Lunedì scorso, il canale nazionale China Central Television (CCTV) ha lanciato la prima delle sei puntate di un documentario politico dal titolo Diplomazia da Grande Paese.
Si tratta di una serie prodotta in collaborazione dal Dipartimento per la Divulgazione del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, dall'Agenzia Xinhua e dalla stessa CCTV. Il documentario contiene contributi filmati ed interviste che hanno l'obiettivo di approfondire e spiegare le idee e i pensieri alla base della strategia diplomatica del Paese sotto la guida del presidente Xi Jinping nei primi cinque anni della sua leadership: dalla realizzazione del Sogno Cinese di rinnovamento nazionale alla costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso, dagli sforzi per contribuire alla pace e alla stabilità mondiale al ruolo, sempre più decisivo, del Paese asiatico nei nuovi trend globali di innovazione e sviluppo.
La trasformazione economica
A partire dalla sua elezione a segretario generale del Partito Comunista Cinese nell'autunno del 2012, a cui è seguito l'insediamento ufficiale alla Presidenza della Repubblica Popolare nel marzo dell'anno successivo, Xi Jinping ha viaggiato per 570.000 km, attraversando i cinque continenti, visitando 56 Paesi e compiendo ben 28 visite di Stato ufficiali. Ovunque sia andato, dal Pacifico all'Atlantico, da Nord a Sud, la sua presenza ha catturato i titoli dei giornali e dei telegiornali locali, suscitando interesse, clamore e aspettative a vari livelli, sia nei governi stranieri che presso l'opinione pubblica.
Inevitabilmente, il grande risalto che la stampa internazionale attribuisce all'intensa attività diplomatica cinese rispecchia i profondi cambiamenti che l'immagine della nazione asiatica all'estero ha subito in concomitanza con la crescita del suo peso economico, non solo e non tanto in termini quantitativi, quanto soprattutto qualitativi. Dal 2014, la Cina è infatti entrata in una fase definita di "nuova normalità", anticipando, ed in qualche modo prevenendo, gli effetti negativi del rallentamento globale emersi nel corso dell'anno successivo. Il consolidamento di un tasso di crescita stabilmente compreso tra il 6,5 ed il 7% ha dato un segnale di fiducia ai mercati, che pure in un primo momento, presi dal panico, avevano risposto con paure ed incertezze, generando estrema volatilità sulle due piazze continentali di Shanghai e Shenzhen e, in misura minore, su quella oltremare di Hong Kong.
La recente "stretta" sugli investimenti all'estero, in realtà molto più simile ad un piano di politica macroprudenziale, ha chiuso simbolicamente il cerchio di una prima fase di razionalizzazione e riordinamento generale che ha interessato sia la dimensione interna che la proiezione esterna del Paese. La maggiore attenzione alla sostenibilità - sociale ed ambientale - dello sviluppo economico, la sua effettiva traduzione in un welfare efficace ed esteso, l'espansione dei servizi, la focalizzazione sui settori ritenuti strategici quali l'innovazione, l'energia, le infrastrutture e le ICT, la semplificazione amministrativa, la riduzione fiscale per le piccole e medie imprese sono tutte misure legate fra loro dal comune filo della riforma strutturale dell'offerta, enucleata dettagliatamente nel testo del Piano Quinquennale di Sviluppo Socio-Economico 2016-2020, in un contesto generale che vede ormai il Paese trainato non più dalle esportazioni ma dai consumi interni.
Una diplomazia "con caratteristiche cinesi"
Pur conservando le sue storiche fondamenta politiche, a partire dai cinque principi di coesistenza pacifica, la diplomazia si è così rimodulata sulla base del nuovo prestigio internazionale del Paese e degli oneri che ne conseguono in termini di responsabilità e assertività. In particolare, la prima puntata del nuovo documentario trasmesso da CCTV si è soffermata sull'insistenza con cui Xi Jinping ha di volta in volta sottolineato il legame tra la realizzazione del sogno cinese di rinnovamento nazionale e il successo degli altri Paesi del pianeta. Secondo questo fondamentale concetto di equità e reciprocità, a partire dalla prima visita di Stato ufficiale a Mosca sino all'ultimo G20 di Amburgo, Xi Jinping ha affermato in ogni consesso internazionale di voler perseguire una cooperazione dal mutuo vantaggio con tutti i suoi interlocutori, rigettando l'accusa di egemonismo che gli Stati Uniti (sic!) avevano più volte mosso contro la Cina per la politica adottata sul Mar Cinese Meridionale.
Il discorso di Xi Jinping all'ultimo Forum Economico Mondiale di Davos dello scorso gennaio ha probabilmente rappresentato la chiave di volta nell'evoluzione del ruolo globale della Cina, almeno dal punto di vista mediatico. Il discorso pronunciato dal presidente cinese in quell'occasione sembra aver definitivamente cambiato la percezione del Paese nel resto del mondo. Malgrado i titoli ad effetto della stampa generalista, le tesi in difesa della globalizzazione economica non erano inedite per la leadership cinese né potevano e possono essere fraintese con un suo improvviso riorientamento "liberal".
Nella visione geopolitica di Pechino, sul piano storico (oggettivo), la globalizzazione corrisponde infatti al processo di multipolarizzazione delle relazioni internazionali, imponendo la ridefinizione dell'architettura economica e finanziaria del mondo e, più estesamente, della governance globale. Per quanto riguarda la dimensione politica (soggettiva), Xi Jinping ha invece più volte sottolineato la necessità di intervenire congiuntamente con urgenza sui maggiori fattori internazionali di rischio sociale ed economico: dal divario reddituale alle grandi ondate migratorie, dall'instabilità politica al sottosviluppo, dal protezionismo ai cambiamenti climatici, dal terrorismo ai crimini informatici. Non a caso, parlando della globalizzazione, il presidente cinese ha fatto metaforicamente ricorso al Racconto di Due Città di Charles Dickens.
L'iniziativa Belt and Road come perno di politica estera
Il telaio concreto costruito sulle fondamenta dei principi di cooperazione e reciprocità della diplomazia cinese è indubbiamente costituito dal progetto principe della presidenza Xi Jinping. L'iniziativa Belt and Road non è un semplice piano di investimenti infrastrutturali in alcuni Paesi ritenuti strategici nel quadro delle dinamiche commerciali tra Europa ed Asia, ma è il volano di una profonda trasformazione degli equilibri mondiali che da un lato avrà chiaramente l'effetto di ripristinare la centralità del mondo antico e dall'altro ricondurrà il potere navale alla "dipendenza" di quello terrestre.
Le grandi direttrici autostradali e ferroviarie in costruzione lungo i reticolati della nuova Via della Seta pensata dalla dirigenza cinese, stanno sempre più velocemente creando le condizioni per connettere rapidamente fra loro le economie più avanzate e dinamiche comprese tra la regione Asia-Pacifico e quella mediterranea, senza dimenticare il fondamentale ruolo di transito e intersezione giocato dai porti dell'Africa Orientale sino al Canale di Suez, componendo più globalmente quella che gli analisti americani avevano già indicato anni fa come una vera e propria "collana di perle" intessuta tra i vecchi e i nuovi hub marittimi posizionati lungo le fasce costiere della Regione dell'Oceano Indiano.
Il 1° Forum Belt and Road per la Cooperazione Internazionale dello scorso maggio a Pechino ed il 2° summit di Asian Investment Infrastructure Bank (AIIB) del mese successivo a Jeju, in Corea del Sud, hanno attratto capi di Stato, di governo, ministri o semplici delegati da ogni parte del mondo, comprese quelle potenze mondiali che, come Stati Uniti, India o Giappone, in passato hanno più volte guardato all'ascesa cinese con sospetto e timore. Infrastrutture, trasporti, energia, servizi e tecnologie dell'informazione e della comunicazione diventano così settori centrali lungo i corridoi regionali (Cina-ASEAN, Cina-Mongolia-Russia, Cina-Corea, Cina-Pakistan ecc. ...) e le "dorsali" eurasiatiche che dovranno metterli in comunicazione con l'Europa, tanto a nord, lungo l'asse Duisburg-Rotterdam, quando a sud, lungo l'asse Venezia-Atene.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia
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