(ASI) Nella nuova Argentina atlantica ed ultraliberista del presidente Mauricio Macri i ceti medio bassi sono sempre più a rischio povertà. Il nuovo allarme è stato lanciato dall’ex presidente Cristina Fernandez che parlando del nuovo aumento delle tariffe energetiche deciso dal governo ha sottolineato: “L’aumento varierà dal 61 al 148 per centro tra febbraio e marzo. Si tratta di un vero e proprio assalto alle tasche dei cittadini”.

Tramite il suo profilo sulla piattaforma Facebook la Kirchner ha poi ricordato che il governo ha deciso anche un aumento del 6 per cento sulla sanità privata e alzato il prezzo dei pedaggi della autostrade a Buenos Aires, avvisando che anche la società idrica Aysa ha in progetto di aumentare del 25 per cento le proprie tariffe dopo averle già aumentate del 300 per cento lo scorso anno.

Nel paese intanto si susseguono le manifestazioni popolari contro la difficile situazione che sta vivendo lo stato indio latino.

Varie organizzazioni sociali infatti sono scese in strada per chiedere al presidente Macri l’immediata attuazione della legge di emergenza sociale approvata lo scorso dicembre dal Congresso.

Le organizzazioni sociali lamentano il fatto che il presidente non abbia ancora firmato la legge, anche se il ministro per lo Sviluppo sociale, Carolina Stanley, nega che ci siano ritardi nell’attuazione della legge.

I portavoce dei manifestanti hanno intanto annunciato la decisone di organizzare una grande protesta contro il presidente per la metà di febbraio.

Secondo gli ultimi dati la metà degli argentini è sempre più costretta a scegliere se spendere soldi per il cibo o per i servizi di base. L’Istituto argentino di statistica e per i censimenti (Indec) nel suo ultimo rapporto ha infatti rivelato che nel terzo trimestre dell’anno che si è appena concluso il 10 per cento della popolazione più ricca ha ricevuto un reddito di 25,6 volte superiore a quello del 10 per cento della popolazione più povera.

Secondo l’Indec in questo momento gli argentini più poveri vivono con circa 1370 pesos, circa 80 euro, mentre quelli più ricchi con poco meno di 35 mila, circa 2100 euro. La metà degli argentini guadagna in media meno di 8 mila pesos, meno di 500 euro, al mese, una cifra non sufficiente a far fronte contemporaneamente alle spese per il paese, 320 euro al mese, e a quelle per i servizi di base, stimati in poco meno di 750 euro al mese.

Il paese indio-latino ha chiuso il 2016 facendo registrare una contrazione del Prodotto interno lordo (Pil) del 3,8 per cento solo nell’ultimo trimestre. Nello stesso periodo l’attività industriale è diminuita del 4,1 per cento mentre l’inflazione si è assestata al 40 per cento. Contemporaneamente sono stati varati aumenti nei servizi di gas, elettricità e acqua.

Durante la campagna elettorale per la sua elezione Macri aveva promesso che l’Argentina sarebbe diventato un paese a “povertà zero” ma subito dopo aver assunto la presidenza è tornato sui propri passi dicendo che quello è un obiettivo impossibile da raggiungere.
Durante i primi 12 mesi del suo mandato Macri ha realizzato un aumento delle tariffe energetiche del 500 per cento, scatenando il malcontento della popolazione, inoltre da più parti sono state denunciate violazioni dei diritti di migliaia di lavoratori pubblici e privati. Registrati numerosi licenziamenti di massa al contrario di quanto avveniva durante l’era Kirchner dove la crescita dell’occupazione  stata una costante.

Da cinque mesi il tasso di occupazione nel settore privato è fermo con il settore pubblico che non riesce ad assorbire i disoccupati.

Uno dei primi provvedimenti assunti da Macri è stato quello di ottenere un prestito da 9,3 milioni di dollari dai fondi internazionali, riportando il paese sotto la scure dei creditori.

Dati alla mano la situazione si fa sempre più drammatica, tra dicembre e settembre hanno chiuso oltre 2 milioni di aziende, più della metà delle quali con oltre 100 dipendenti, secondo i dati del Centro per la politica economica Argentina (Cepa).

Fabrizio Di Ernesto -  Agenzia Stampa Italia

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