(ASI) Il nodo principale riguarda, tanto per cambiare, il gas. Le provocazioni tra entrambi i paesi stanno aumentando, mentre l’Unione Europea ancora non è intervenuta sulla questione, lasciando spazio alla crescita delle
ritorsioni. Da parte della Polonia, per ovvie motivazioni storiche, c’è timore verso il neozarismo putiniano e le ultime mosse russe in Ucraina. I primi segnali della rottura tra i due paesi si sono palesati con la scelta di Mosca di far passare il prolungamento verso la Germania dell’oleodotto Nord Stream sotto al Mar baltico e non attraverso il territorio polacco, scelta che è stata portata avanti con l'anglo-olandese Shell, con la tedesca E.On e con l'austriaca Omv.
Varsavia ha negato l'ingresso in terra polacca ai membri dei “Lupi della Notte”, che partecipavano al viaggio organizzato dal gruppo ultrapatriottico per ripercorrere l'impresa dell'Armata rossa nella sua strada fino alla capitale tedesca. La risposta di Putin è stata il divieto di importazione delle sardine polacche. Mosca ha addirittura portato missili nelle basi di Kaliningrad, mentre Varsavia ha subito reagito con la costruzione di sei torri di osservazione lungo la frontiera.
Il presidente polacco euroscettico e antirusso, Andrzej Duda, ha denunciato all’UE che il raddoppio del gasdotto voluto dalla Federazione Russa lede gli interessi della Polonia, oltre ad aumentare la tensione sul confine. La sua posizione è chiara: «Considerando che è stato concluso un accordo sulla costruzione del Nord Stream-2 il quale ignora completamente gli interessi polacchi, ci si deve seriamente interrogare sull'unità dei 28 membri dell'Unione europea». Queste sono state le sue parole durante un forum economico nella città polacca Krynica. Tutto questo accadeva mentre il presidente di Gazprom, Alexei Miller, e il ministro per gli Affari economici e l’energia della Germania, Sigmar Gabriel, concordavano che il Nord Stream-2 avrebbe reso più affidabili le forniture di gas ai paesi europei, sottolineando anche l’efficienza operativa e la sicurezza ambientale del progetto.
La portata dell’operazione è imponente. Si tratta di un gasdotto da 1.224 chilometri, che trasporterà ogni anno 55 miliardi di metri cubi di metano. Che sia un tentativo di reintrodurre la Russia tra i partner affidabili? Questa prospettiva spaventa non poco il gruppo dei paesi dell’Europa orientale, di cui espressione è il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Una rassicurazione sembra provenire da Juncker, il quale ha affermato che «Le frontiere dell'Ue sono intoccabili, questo deve essere compreso da Mosca. La solidarietà non è solo una parola, noi ci siamo e ci saremo quando sarà necessario ai confini, in Polonia e nei Paesi baltici».
Una eventuale crisi con la Russia sarebbe disastrosa per la Polonia, poiché il potente vicino garantisce quasi il 60% della fornitura energetica, oltre a pagare circa 3 dollari ogni metro cubo che passa nel gasdotto Yamal. L’indipendenza dalle decisioni energetiche di Mosca sembra ancora un’utopia. L’escalation delle provocazioni, invece, è una preoccupante realtà.
Guglielmo Cassiani Ingoni – Agenzia Stampa Italia