(ASI) Dopo la fine del sogno populista di Syriza e del suo leader Tsipras, si apre ora la fase del travaglio per l'ex "Leonida". Dopo l'epurazione degli elementi più intransigenti di Syriza, i cosiddetti "scissionisti", il nuovo esecutivo Tsipras rischia di terminare anzitempo la propria esistenza.

In Grecia, e non solo, molti parlano di "Tsipras II: nato morto". Ed in effetti, alla prova dei fatti, la situazione sembra essere proprio quella. La maggioranza necessaria per l'approvazione del secondo pacchetto di riforme è di 151 favorevoli; una passeggiata ai tempi del duo Syriza – Anel che poteva contare su una maggioranza di ben 161 voti. Ma quei tempi sono finiti. Oggi la triste realtà per Alexis Tsipras è che molto probabilmente, non trovando i voti necessari, il suo governo cadrà a breve. E in ogni caso non ci sono dubbi che Tsipras abbia davanti a se ormai solo la scelta tra una lenta agonia che gli permetta di traghettare il paese fino alle elezioni del 13 settembre, data indicata da molti come il giorno delle prossime elezioni, o un'agonia più breve che porti già a metà agosto alla formazione di un esecutivo tecnico che porti avanti le riforme per il tempo necessario all'attuazione delle stesse. In tal senso alla data "topica" sarebbe già stata individuata nel 20 di agosto; giorno indicato da molti come il più probabile per l'inizio dei lavori dell'eventuale esecutivo tecnico.
L'ex Leonida sembra però voler optare per la lenta agonia. Per il lento trasformarsi del vuoto lasciato dalla fine del "sogno", in un orribile incubo. A riprova di questa scelta il fatto che il secondo pacchetto di riforme imposte dai creditori internazionali sarà discusso in parlamento privato delle nuove norme su baby pensioni, agricoltura e isole. Nel primo si tratta della riforma delle pensioni mediante l'innalzamento dell'età pensionabile e l'abbassamento della minima previa l'eliminazione della maggior parte delle misure a sostegno dei pensionati economicamente più deboli. Mentre negli altri due casi si tratta rispettivamente dell'innalzamento delle tasse, l'eliminazione delle agevolazioni e la stesura di nuove norme che rendano il settore agricolo ellenico più "appetibile" per gli investitori internazionali; e dell'eliminazione dell'iva agevolata per le isole in favore dell'aliquota unica nazionale. Data la natura dei tre provvedimenti, era chiaro che in caso di discussione in parlamento, Tsipras non avrebbe potuto contare sull'appoggio delle opposizioni che certamente avrebbero avuto timori di ripercussioni sul proprio elettorato.
Di fatto quello cha va delineandosi sembra essere un gioco di attesa tra animali spazzini che attendono pazientemente la fine di Tsipras preparando la loro salita al potere. Tra questo eterogeneo gruppo di opportunisti della politica troviamo anche l'ex ministro dell'economia Yanis Varufakis, che molti vorrebbero a capo dell'ala scissionista di Syriza onde far implodere l'attuale partito e permettere la nascita di un movimento sociale riformista e trasversale che incorpori tutte le forze politiche e non che da sempre si riconoscono nei principi della socialità, dell'unità e della solidarietà nazionali. Dall'altra parte sta preparando la sua personale scalata al potere anche il giornalista Stavros Theodorakis, che con il suo partito, To Potami, ha fatto sapere che sosterrà Tsipras nell'approvazione delle riforme imposte dalla Troika, ma che sarebbe già al lavoro per la creazione di un grande movimento centrista che una volta superato lo scoglio delle urne, possa dare vita a un esecutivo pro U.E e anti populista. "Dobbiamo distinguerci dalle promesse irrealizzabili di Syriza. Si all'Europa. Si alle riforme"- ha specificato Theorakis il quale ha poi incalzato Tsipras chiedendo che siano affrettati i lavori per una legge elettorale che porti in dote un grande premio di maggioranza per garantire la governabilità del paese. Dal canto suo il premier Tsipras, in caso di scissione, si sta già preparando per mutare la natura di Syriza da partito socialista a partito centrista con posizioni e intenti programmatici molto simili a quelli del Pasok. Insomma l'attuale premier cerca di preparare il "dopo - incubo" ma sia dalle forze tradizionalmente centriste che dall'emergente coalizione guidata da Theodorakis è già arrivato perentorio il "no" a qualsiasi partecipazione o presenza di Tsipras tra le fila dell'eventuale esecutivo centrista filo europeo.
Se ad Atene a farla da padrona è ormai la politica interna, anche a Bruxelles devono fare i conti con molti "malpancisti" e in particolare con le posizioni della Germania, anch'essa attualmente in pieno dibattito di politica interna con lo scontro "di velluto" tra i "falchi" della Merkel e i "super falchi di Schaeuble". Nonostante la fine della ribellione finanziaria greca, il dibattito interno alla U.E rischia di diventare quanto mai infuocato. Per Jean Claude Junker, il problema è la rinascita dei nazionalismi. Secondo il presidente della commissione europea infatti la vicenda greca avrebbe favorito il risorgere di antiche rivalità, antipatie e nazionalismi che ora rischierebbero di minare la stabilità stessa dell'Unione Europea. "L'accordo sul debito greco è stato indubbiamente un accordo frutto della paura, non solo da parte greca ma anche da parte di molti paesi dell'eurozona" – ha commentato Junker che ha poi aggiunto –"Mi sono sempre speso in favore dei greci e della Grecia ma ho sempre ricordato loro che non sono l'unica democrazia presente nell'unione. Che ce ne sono altre 19 da rispettare e con le quali fare i conti". Ha poi parlato della necessità che i greci non si sentano umiliati da questo accordo in quanto non sarebbe da considerarsi lesivo nei degli interessi nazionali greci ne della dignità di Atene. Salvo poi ritrattare parzialmente e parlare di umiliazione pericolosa frutto di sentimenti "antitedeschi" in risposta a sentimenti "antigreci". "Mi sorprende comparare le reazioni in Europa del Nord e in Grecia, ancora oggi esistono risentimenti. Ho sperato che questi risentimenti non tornassero più, ma invece sono risorti. Ho sempre considerato la costruzione europea come un edifico fragile, la crisi greca ce lo ha mostrato: ora è tutto possibile, i vecchi demoni, i risentimenti, ci sono nazioni contro le altre" – ha concluso Junker.
Alexandru Rares Cenusa – Agenzia Stampa Italia

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