(ASI) Il 23 luglio del 1930 un violentissimo terremoto (6,7 Scala Richter), peggiore di quello analogo del novembre 1980 (6 Scala Richter), colpì la Basilicata, la Campania e la Puglia. Interessò 50 comuni e 7 provincie.
I morti furono 1.400 e circa 50.000 i senzatetto. Tuttavia, la gigantesca catastrofe fu assorbita in brevissimo tempo grazie alla predisposizione di un “Piano di emergenza e soccorso” elaborato dal Governo per affrontare eventuali cataclismi.
Nel giro di pochissime ore fu attuato il trasferimento di tutti gli uffici del Genio Civile e del personale tecnico nella zona terremotata.
Il Ministro delle Opere pubbliche Araldo Di Crollalanza per tutto il periodo della ricostruzione non si allontanò mai dalla zona sinistrata, prese alloggio sul treno speciale attrezzato di viveri e mezzi di scavo, indumenti e tende che faceva la spola tra le varie aree disastrate.
In meno di 24 ore i 63 centri colpiti dal sisma nelle 7 provincie furono raggiunti dal convoglio dei soccorsi.
Dopo quattro giorni dal terremoto era stato completato l’allestimento della tendopoli per i 50.000 sfollati, mentre squadre di tecnici e di operai avviavano su tutto il territorio colpito operazioni di scavo, rimozione delle macerie o abbattimento dei muri pericolanti e, da subito, si iniziò la costruzione di case in muratura con criteri antisismici, evitando in tal modo le inospitali e comunque costose baracche che avrebbero rimandato ad un avvenire imprecisato l’edificazione di vere e proprie case.
Ma il resoconto della cronaca di quei tragici giorni colpisce e fa scalpore per un altro incredibile aspetto, se consideriamo che ci stiamo riferendo ad avvenimenti accaduti ottantasette anni fa, con la tecnologia e con i mezzi meccanici dell’epoca.
Il 28 ottobre, tre mesi dopo il terremoto, il Ministero delle Opere pubbliche presentò un inconfutabile resoconto:
consegnate 3.746 case in muratura - riparate 5.190 case lesionate - demoliti 2.500 fabbricati - Lacedonia e Aquilonia che videro distrutto il 70% degli edifici furono completamente ricostruite.
Otretutto spendendo meno di quanto stanziato.
Da notare che l’opera di assistenza alle popolazioni colpite fu gestita totalmente dallo Stato con i suoi uomini e non scaricata, come avviene oggi, sulle spalle dei volontari.
Atri tempi e altri uomini mi si dirà: purtroppo è vero.
Gianfredo Ruggiero, presidente Circolo Culturale Excalibur