(ASI) La Cina ha chiuso il 2024 centrando il suo obiettivo di crescita economica con un incremento del PIL pari al 5%, segnando un punto di stabilizzazione dopo anni di incertezza legati alla pandemia e alle tensioni geopolitiche. Tuttavia, dietro questo risultato apparente di successo si celano fragilità strutturali e rischi sistemici che preoccupano gli analisti e pongono interrogativi sul futuro della seconda economia mondiale.
Il raggiungimento del target di crescita è stato possibile grazie a massicci interventi pubblici nel corso del 2024. Il governo cinese ha adottato una serie di misure fiscali e monetarie espansive, tra cui:
- agevolazioni fiscali per le imprese;
- investimenti pubblici in infrastrutture e tecnologia;
- facilitazioni al credito per PMI e settori strategici;
- tagli dei tassi d’interesse da parte della People’s Bank of China.
Queste azioni, concentrate soprattutto nel secondo semestre dell’anno, hanno sostenuto la domanda interna e favorito la tenuta del mercato del lavoro, evitando un rallentamento più marcato.
Nonostante la crescita del PIL, la fiducia delle famiglie e delle imprese resta debole. I consumi non sono tornati ai livelli pre-Covid, mentre l’indebitamento delle amministrazioni locali e la crisi nel settore immobiliare continuano a rappresentare fattori di rischio sistemico. Il settore immobiliare, un tempo motore dell’economia, rimane stagnante con decine di progetti incompleti e un calo di nuovi investimenti.
Inoltre, la disoccupazione giovanile – sebbene ridimensionata nelle statistiche ufficiali – continua a preoccupare nelle aree urbane, evidenziando un divario crescente tra aspettative della popolazione e capacità del sistema produttivo di offrire impieghi qualificati.
Un ulteriore fattore di incertezza è rappresentato dalla tensione commerciale con gli Stati Uniti. L’elezione di Donald Trump a presidente (in carica da gennaio 2025) ha riacceso lo spettro di un’escalation nei dazi bilaterali, in particolare su tecnologia e semiconduttori. Gli analisti prevedono un irrigidimento della politica commerciale americana, che potrebbe colpire le esportazioni cinesi in segmenti strategici come intelligenza artificiale, batterie e auto elettriche.
Anche i rapporti con l’Europa si stanno raffreddando, con Bruxelles sempre più attenta ai temi del dumping e delle distorsioni di mercato generate dai sussidi statali cinesi.
In un report pubblicato nel dicembre 2024, la Banca Mondiale ha riconosciuto il successo del governo cinese nel raggiungere l’obiettivo di crescita, ma ha sottolineato come questa ripresa non sia sostenibile nel lungo periodo senza riforme strutturali. In particolare, l’organizzazione raccomanda:
- il rafforzamento del sistema di welfare, per aumentare i consumi;
- una maggiore trasparenza finanziaria degli enti locali;
- la riduzione del peso del settore immobiliare sul PIL;
- investimenti in formazione e innovazione per rafforzare la competitività.
Il 2024 si chiude con un risultato macroeconomico positivo per la Cina, ma al prezzo di un elevato interventismo statale e con sfide ancora irrisolte. Il 2025 si prospetta come un anno cruciale, in cui Pechino sarà chiamata a scegliere tra stimolo a breve termine e riforme a lungo termine, per evitare che la crescita si trasformi in stagnazione.
Tommaso Maiorca - Agenzia Stampa Italia



