Studio della CGIA Mestre. TIR: sull’A4 Milano-Venezia sono il doppio che sulla Torino-Milano   

(ASI) Mestre -  Il numero di mezzi pesanti che ogni giorno sfreccia lungo quasi tutta l’A4 Milano-Venezia è doppio rispetto a quello che corre sulla tratta Torino-Milano.

Il baricentro del sistema produttivo italiano si è spostato a est: Milano, Bologna e Venezia sugli scudi                    (ASI) Mestre -  Il numero di mezzi pesanti che ogni giorno sfreccia lungo quasi tutta l’A4 Milano-Venezia è doppio rispetto a quello che corre sulla tratta Torino-Milano.

Sebbene rappresenti un indicatore molto empirico, anche i flussi di traffico dei Tir ci confermano quello che le statistiche economiche ci segnalano da tempo; Milano continua a essere la capitale economica e finanziaria del Paese, ma da qualche decennio il triangolo industriale del Paese è ruotato di 180 gradi.

Il baricentro del sistema produttivo si è spostato a est

Se il capoluogo regionale lombardo nel corso degli ultimi decenni ha rafforzato la sua centralità, gli altri due vertici non sono più Torino e Genova, ma Bologna e Venezia. Per numero di imprese, di lavoratori, di fatturato e di Pil non ci sono confronti; anche gli “spostamenti” delle merci su gomma confermano il “sorpasso”. Il vecchio triangolo più produttivo del Paese che poggiava sul Nordovest è stato “scalzato” dal nuovo che, adesso, parte da Milano e racchiude tutto il Nordest. Insomma, il baricentro del sistema produttivo italiano si è spostato a est, dove abbiamo un modello economico più avanzato in cui la manifattura, il terziario e la logistica tendono ad integrarsi e diventare un tutt’uno; con Lombardia, Emilia Romagna e Veneto sugli scudi.

Sulla Brescia-Padova corre il triplo dei Tir che mediamente solca l’intera rete autostradale 

Il risultato che emerge dall’elaborazione messa a punto dall’Ufficio studi della CGIA su dati dell’Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori (AISCAT) è inequivocabile: se lungo l’autostrada A4 Brescia-Padova nel I semestre 2023[1] sono transitati 28.618 veicoli pesanti teorici medi al giorno[2], sulla Milano-Brescia ne abbiamo “contati” 25.920, mentre sulla Torino-Milano “solo” 13.636: praticamente la metà delle due cifre appena citate[3].  Senza tener conto che anche sull’A1 Milano-Bologna il numero dei Tir giornalieri ha toccato quota 23.431, contro i “modestissimi” 10.209 dell’A7 Milano-Serravalle e i 7.319 dell’A7 Genova-Serravalle. Tratti autostradali, questi ultimi due, che collegano il capoluogo meneghino a Genova. Sull’intero sistema autostradale presente nel Paese, il dato medio giornaliero è di 9.838 veicoli teorici, un flusso tre volte inferiore al dato medio della tratta più trafficata d’Italia, ovvero l’A4 Brescia-Padova.  Ovviamente c’è anche il rovescio della medaglia: con tanti Tir per strada molte infrastrutture viarie lombarde e nordestine sono “soffocate” dal traffico, dall’inquinamento e presentano una soglia di rischio incidenti stradali molto elevata

Rispetto al pre-Covid il traffico pesante è in aumento dappertutto

Rispetto all’anno pre-pandemico (2019), la percorrenza dei mezzi pesanti ha subito in quasi tutte le principali tratte autostradali aumenti importanti, soprattutto nel Nordovest. La ripresa economica registrata dopo la crisi sanitaria causata dalla pandemia ha spinto all’insù i volumi economici e, conseguentemente, la quantità delle merci trasportate con gli autoarticolati. Al Nord, ad esempio, spicca il +13,2 per cento dei mezzi pesanti lungo l’A6 Torino-Savona, il +9,3 per cento nell’A10 Ventimiglia-Savona, il +7,1 per cento nell’A4 Torino-Milano, il +5,5 per cento nell’A4 Venezia-Trieste e il +4,2 per cento sia nell’A4 Brescia-Padova che nell’A22 Verona-Brennero (vedi Tab. 1). Nel Centro, invece, la tratta più percorsa dai Tir riguarda l’A1 Bologna-Firenze con un numero teorico medio giornaliero di mezzi pesanti pari a 18.510 (+0,3 per cento rispetto al 2019). Seguono l’A1 Firenze-Roma con 14.666 (+1,9 per cento) e l’A1 Roma-Napoli con 14.566 (+7,6 per cento). Nel Sud e nelle Isole, infine, spiccano gli 8.824 mezzi pesanti teorici medi giornalieri (+8,6 per cento) che “sfrecciano” lungo l’A3 Napoli-Salerno. Seguono i 4.773 autoarticolati (+7,6 per cento) che attraversano la A14 Lanciano-Canosa e i 4.067 (+ 5,2 per cento rispetto al 2019) che in Sicilia viaggiano lungo la Messina-Catania (vedi Tab. 2).

Pil: a Milano, in Lombardia e a Nordest le crescite più importanti

A livello regionale la crescita del Pil nazionale per l’anno in corso dovrebbe essere trainata dalla Lombardia (+0,95 per cento), dall’Emilia Romagna (+0,86 per cento), dalla Valle d’Aosta (+0,81 per cento) e dal Veneto (+0,80 per cento). Ancorchè le distanze tra le singole regioni siano risicatissime, emerge ancora una volta che le previsioni di crescita dovrebbero premiare la Lombardia e il Nordest. E’ altrettanto importante notare che rispetto al 2019 (anno pre-Covid), tutte le regioni (ad esclusione di Umbria e Abruzzo) hanno recuperato abbondantemente gli effetti negativi provocati dalla caduta del Pil avvenuta nel 2020. In particolare in Lombardia (+6,65 punti di Pil), in Puglia (+6,18), in Emilia Romagna (+5,62), in Trentino Alto Adige (+4,98), in Friuli Venezia Giulia (+4,77) e in Veneto (+4,60). Anche in questa circostanza, al netto dello straordinario score ottenuto dalla Puglia, la ripresa post Covid ha interessato, in particolare, la Lombardia e il Nordest (vedi Tab. 3).

Sempre per l’anno in corso, le previsioni di crescita riferite alle 107 province d’Italia vedranno Milano guidare la graduatoria nazionale. Nella Città Metropolitana lombarda il valore aggiunto reale[4] è stimato al +1,14 per cento. Seguono Pavia con il +1,01 per cento, Vicenza con il +0,98 per cento, Bologna con il +0,95 per cento e Modena con il +0,92 per cento. Così come evidenziato nei dati regionali più sopra, anche quelli provinciali presentano delle differenze tra le singole province molto contenute. Tuttavia, anche in questa graduatoria le posizioni di vertice sono occupate dai territori inclusi nel nuovo triangolo industriale. Nelle prime 10 posizioni, 8 sono ad appannaggio di province ubicate in Lombardia e nel Nordest. Delle 107 realtà territoriali monitorate, nel 2024 solo 9 dovrebbero registrare una variazione negativa del valore aggiunto. Esse sono tutte localizzate nel Mezzogiorno. Le situazioni più critiche riguardano Crotone e Isernia, entrambe con il -0,13 per cento, Ragusa con il -0,14 per cento e Vibo Valentia, maglia nera d’Italia, con il -0,23 per cento. Nella nota elaborata dall’Ufficio studi della CGIA su dati Prometeia è riportata anche la previsione di crescita registrata nel 2024 rispetto al 2019 (anno pre-pandemico). Ebbene, la provincia che in questo arco temporale ha superato meglio di tutte le altre la caduta registrata nel 2020 è Rieti con un incremento del 14,34 per cento. Seguono Siracusa con il +12,95 per cento, Taranto con il +12,69 per cento, Modena con l’11,60 per cento, Parma con il +10,68 per cento e Milano con il +10 per cento. Anche in questa classifica, ben tre province su cinque sono localizzate nel nuovo triangolo industriale del Paese (vedi Tab. 4). 

Tabella TIR su Autostrade 

[1] Ultimo aggiornamento pubblicato su AISCAT informazioni, 1-2/2023.

[2] Sono le unità veicolari che idealmente, percorrendo l’intera autostrada, danno luogo nel complesso a percorrenze pari a quelle ottenute realmente; il numero di tali veicoli è definito dal rapporto tra veicoli-chilometro e la lunghezza dell’autostrada.

[3] Il forte squilibrio territoriale emerso da questa comparazione potrebbe essere in parte “condizionato” dal fatto che il Nordovest dispone di una rete ferroviaria più diffusa rispetto a ciascuna delle altre ripartizioni geografiche del Paese. Questa specificità, collegata agli effetti delle cosiddette “autostrade del mare”, potrebbe aver “assorbito” una quota di merci che, altrimenti, viaggerebbe su gomma.

[4] Il valore aggiunto è quella variabile che approssima il PIL di un territorio a livello provinciale, in quanto il PIL è disponibile con dettaglio minimo a livello regionale; il valore aggiunto equivale al PIL al netto delle imposte indirette e rappresenta ugualmente al PIL la ricchezza annua «aggiunta» all’economia o, meglio, la crescita economica di quel territorio.       

 

 

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