Proprio così, i giovani yankee non muoiono solo in lidi lontani dalle proprie case, quando sono impegnati a “servire la patria” e ad “esportare la democrazia” indossando l’uniforme militare, ma muoiono anche entro i confini del loro grande Paese, lentamente e spesso nel silenzio. La morte, ci confermano degli sconfortanti dati che giungono dalla rivista NaturalNews, insinuandosi comodamente per via orale può colpire chi, ingurgitando un farmaco, pensa invece di compiere un gesto a favore della propria salute o del proprio sballo (sic!).
Sono gli stessi specialisti, del resto, che avvertono spietatamente: “I farmaci da prescrizione stanno uccidendo la gioventù americana”. E la Casa Bianca si è attivata commissionando uno studio che conclude parlando di “epidemia di decessi da farmaci da prescrizione”. Il campanello d’allarme che ha allertato specialisti e piani alti della politica americana è la tragica storia raccontata dalle pagine di NaturalNews nel mese di luglio, la quale ha scosso l’opinione pubblica. L’articolo della rivista scientifica fa riferimento alla morte di due giovani ragazze del Kentucky, amiche sin dall’infanzia: Sarah, morta nel 2006 appena diciannovenne, e Savannah, morta nel 2009 a 22 anni. Vittime entrambe di farmaci da prescrizione, queste due ragazze rappresentano oggi la testimonianza di un problema che affligge la società americana: l’abuso intenzionale - spesso letale - da parte dei giovani di sostanze medicinali proprio come fossero droghe da strada. Gli esecutori di una grande quantità di delitti hanno, infatti, i nomi tipici dei prodotti presenti sui banchi delle farmacie, ovvero xanax, ossicodone, klonopin, hydrocodone. Si tratta di antidolorifici, tranquillanti, stimolanti e sedativi, tutti rimedi a cui sempre più persone – soprattutto in età giovanile – ricorrono per lenire i propri dolori e i propri affanni, fisici ma anche psicologici. Il problema è più grave di quanto venga percepito da un’opinione pubblica imbonita con notizie spesso fuorvianti rispetto ai problemi reali; per avere un’idea di quanto il fenomeno stia diventando preoccupante, è sufficiente rilevare che un numero sempre maggiore di giovani arriva perfino al crimine pur di procurarsi la dose comprandola da chi se la può far prescrivere. Lo Stato del Kentucky è intanto corso ai ripari, istituendo un centro di riabilitazione in cui confluiscono frotte di pazienti colpiti dalla cosiddetta “Pharmageddon-sindrome”. Il problema, tuttavia, si estende ben al di fuori dei confini del Kentucky, e i genitori iniziano a mobilitarsi per esprimere il loro dissenso nei confronti di case farmaceutiche e medici, questi ultimi accusati di prescrivere farmaci con troppa leggerezza.
Secondo lo studio “Adolescenti e farmaci da prescrizione”, in dieci anni, dal 1998 al 2008, l’abuso di farmaci da prescrizione da parte dei giovani americani ha avuto un incremento del quattrocento per cento, così da far diventare i farmaci secondi solo alla marijuana nella classifica delle sostanze illegali più abusate. Oltre agli ospedali, ai centri di recupero, persino ai cimiteri, i farmaci da prescrizione stanno riempiendo anche le carceri americane. “Credo di poter tranquillamente dire che oltre l’80% dei detenuti nel centro di detenzione regionale di Pike County sono lì per qualcosa che ha a che fare con la loro dipendenza da farmaci da prescrizione”, afferma Dan Smoot, direttore del programma anti-droga Unite.
Insomma, da quanto emerge, quello dell’abuso di certe sostanze non può che esser considerato un flagello. E’ per questo che il “Comitato dei cittadini per i diritti umani onlus”, onde evitare che questo ennesimo e dannoso costume americano venga esportato anche in Italia, raccomanda di informarsi attentamente, di non accettare facili diagnosi psichiatriche sia per sé stessi che per i propri figli, di richiedere accurate analisi mediche e l’applicazione del consenso informato secondo il Codice di deontologia medica: articoli 33, 34 e 35. Appena pochi giorni fa, a margine di un congresso internazionale di cardiologi tenutosi a Parigi, è emerso uno studio secondo il quale ridere protegge il cuore, farlo frequentemente e di gusto allunga la vita. La cura più naturale, dunque, si dimostra ancora il miglior antidoto ai mali che tormentano l’uomo moderno, sempre più fragile, solo e votato a un nichilismo che sovente si manifesta sotto forma di palliativo artificiale.