“Ristorante Italia” è il più grande d’Europa: vale 76 miliardi di euro e dà lavoro a 730mila dipendenti, 8 su 10 a tempo indeterminato
(ASI) Studio Fiepet– CST in occasione dell’assemblea Elettiva. In Italia un esercizio ogni 180 abitanti, boom per asporto (+13,8%) e street food (+40,9%), 3 imprese su 4 innovano. Ma il dinamismo è spento dalle tariffe: quelle locali sul del 27% dal 2012, un ristorante paga in media 5mila euro di TARI l’anno.
Il Ristorante Italia continua a crescere. Negli ultimi cinque anni i pubblici esercizi sono aumentati quasi del 7%, raggiungendo quota 334mila, il numero più alto numero d’Europa, per un settore che genera un fatturato di 76 miliardi di euro e dà lavoro a 730mila dipendenti, di cui 8 su 10 con contratto a tempo indeterminato. L’espansione è trainata, in primo luogo, dal culto italiano per il “mangiar fuori”; ma incidono anche una forte domanda turistica e l’affermazione dei cibi d’asporto. Cresce anche l’innovazione: 9 pubblici esercizi italiani 10 sono su web e social, il 22% è attivo sulle piattaforme online di prenotazione e delivery come Foodora e The Fork, e poco più di 3 imprenditori su 4 (il 76%) hanno effettuato nell’ultimo anno investimenti in macchinari e pratiche innovative.
È quanto emerge dai dati elaborati dall’ufficio economico Confesercenti e CST, e presentati in occasione dell’Assemblea elettiva di Fiepet, l’associazione dei pubblici esercizi aderenti a Confesercenti, tenutasi oggi a Roma.
I consumi alimentari delle famiglie. Gli italiani si confermano assidui frequentatori di pizzerie e ristoranti, cui non hanno rinunciato nemmeno nelle fasi più acute della recessione: se tra il 2012 ed il 2013 i consumi alimentari domestici si sono contratti del 6,4%, quelli dei ristoranti appena del 2,1%. Dal 2014 la spesa alimentare è tornata a crescere sia in casa che fuori: per la ristorazione nel 2016, le famiglie hanno investito in media 114 euro al mese. Ma a Nord si spende oltre il doppio del sud (150 euro contro 60).
I numeri dei Pubblici esercizi in Italia. Tra il 2012 e il 2017 le attività di ristorazione sono passate da 312mila a 334mila, un aumento di 22mila unità (+7%), in media 4.500 imprese in più ogni anno, oltre 12 nuovi pubblici esercizi al giorno. L’Italia è in testa alle classifiche europee anche nel numero di imprese per abitante: nel nostro Paese c’è un’attività di somministrazione ogni 180 persone, più della Francia (una attività ogni 300 persone) e a Germania (una ogni 450). L’espansione del settore negli ultimi cinque anni ha coinvolto tutto il Paese, registrando veri e propri boom in Sicilia (+16,1%) Campania (+12,4%) e Lazio (+12,3%). L’unica regione dove si è registrato un calo delle attività è la Valle d’Aosta (1,4%).
Volano cibi d’asporto e street food. Ad aumentare sono state soprattutto le attività di catering (+9,4%), seguite dalle attività di ristorazione (+4,7%). Tra queste ultime spicca la crescita dei ristoranti attivi nella preparazione dei cibi d’asporto (+13,8%), un ritmo quasi doppio rispetto a quello dei classici ristoranti con somministrazione sul posto (+7,2%). Ma vola anche lo street food (+40,9%): tra il 2013 e il 2018 il numero degli imprenditori su due ruote è passato da 1.717 a 2.729 con un incremento in termini assoluti più di mille unità. Più lenta, invece, l’espansione della base di bar ed altri esercizi senza cucina, che registra un incremento intorno allo 0,8%.
L’occupazione. Secondo i dati relativi al 2016 – gli ultimi disponibili con questo livello di dettaglio – nei pubblici esercizi italiani lavorano oltre 1,1 milioni di persone, di cui 380mila autonomi e oltre 730mila dipendenti, aumentanti di oltre 60mila unità dal 2016. Il settore, contrariamente alla comune opinione pubblica, presenta livelli molto elevati di occupazione stabile: il 78% dei dipendenti (circa 570mila) sono impiegati a tempo indeterminato. Questa tipologia è anche quella che ha registrato la maggiore crescita tra il 2012 ed il 2016: +16%, contro il + 3,1% delle assunzioni a tempo determinato.
Il peso delle tariffe. Il dinamismo dei pubblici esercizi, però, non nasconde le molte difficoltà che le imprese si trovano ancora ad affrontare. In un settore caratterizzato da un sempre più alto tasso di competizione particolare peso assume l’onere tariffario. Che in Italia è in continua crescita: tra il 2011 ed il 2016 le tariffe a controllo locale sono cresciute del 27%, con i Rifiuti solidi urbani che registrano un +23% e l’Acqua potabile che tocca incrementi quasi del 40%. Nel 2017 in media un ristorante ha speso 5.000 euro l’anno per la Tari e un bar più di 2 mila. Da notare che, nello stesso periodo, i prezzi sono aumentati di meno della metà rispetto alle tariffe (+10%).
Tradizione ed innovazione. Sebbene la tradizione enogastronomica italiana continui a rivestire un ruolo centrale nella filosofia dei pubblici esercizi, il 76% circa delle imprese ha effettuato nell’ultimo anno almeno un investimento innovativo. Le forme di innovazione più gettonate dagli imprenditori sono gli investimenti in nuovi strumenti di preparazione, conservazione e cottura degli alimenti, indicato da oltre il 55%, l’utilizzo di filiere corte per avere materie prime a km0 (41%), attività di co-marketing territoriale (25,5%), introduzione di nuovi software gestionali (22%). Fortissimo il rapporto con i nuovi strumenti web: Circa 9 imprese su 10 hanno uno spazio sui social network (Facebook, TripAdvisor, ecc.). In media ogni esercizio è attivo su 3 canali social o travel network, ed il 21,8% è segnato a piattaforme di prenotazione e delivery di nuova generazione (Foodora, The Fork, Quandoo).