(ASI) Il biglietto verde, si sa, è la valuta di riferimento per lo scambio delle materie prime nel mondo. Ed è anche grazie a questo motivo che dal 1971 - da quando l'allora presidente Richard Nixon decise di interrompere la convertibilità del dollaro in oro mandando in una notte d'agosto in pensione gli accordi di Bretton Woods del 1944 - gli Stati Uniti continuano ad essere la prima superpotenza del pianeta, questo nonostante un debito pubblico e un deficit elevatissimi.
Ma cosa succederebbe se il petrolio - la materia prima che fa girare il mondo - non fosse più scambiato in dollari, ovvero nella più grande riserva valutaria mondiale? La domanda è tornata prepotentemente alla ribalta nelle ultime 24 ore, da quando la Cina ha comunicato che dal 6 settembre ha iniziato a compravendere petrolio in yuan (senza passare dal dollaro) per le forniture provenienti dalla Russia. È un duro affronto agli Stati Uniti e a quell' "equilibrio del terrore" su cui si reggono le relazioni internazionali tra i due Paesi (la Cina è il maggiore creditore degli Stati Uniti) o semplicemente un tentativo per stimolare la domanda interna in una fase di rallentamento dell'economia cinese?
«La decisione della Cina di pagare in yuan le forniture di petrolio provenienti dalla Russia, che ha accettato di buon grado, rispondendo che le risorse a di oro nero a favore del partner asiatico saranno illimitate, benché poco reclamizzata dai media, potrebbe essere l'alba di un nuovo ordine valutario mondiale dove il dollaro potrebbe progressivamente perdere il proprio ruolo centrale - spiega Gabriele Vedani, managing director di Fxcm Italia -. Non dimentichiamo infatti che il bene di gran lunga più scambiato oggi al mondo è proprio il petrolio. Potenzialmente devastante per il biglietto verde con effetti difficilmente reversibili nel medio/lungo termine».
Secondo Vincenzo Longo di Ig «è da diverso tempo che la Cina "minaccia" di voler incrementare gli scambi commerciali con i propri partner in yuan e la decisione dello scorso giugno di utilizzare lo yuan negli scambi con il Giappone e con l'Iran, a maggio, non sono certo un caso (a cui si aggiunta la novità delle forniture della Russia da settembre, ndr). Gli effetti potrebbero essere destabilizzanti sugli equilibri internazionali. La diffusione dello yuan come moneta di scambio incrementerebbe la sua forza e potrebbe minacciare presto il ruolo di predominio del dollaro statunitense. Le materie prime - continua Longo -potrebbero essere il primo comparto che potrebbero vedere la sostituzione del biglietto verde con lo yuan. Di fatto la Cina è il principale importatore al mondo di metalli e potrebbe decidere di imporre ai Paesi esportatori la necessità di accettare yuan come corrispettivo delle merci. I Paesi esportatori non avrebbero altra via che accettare yuan, come accaduta per l'Iran a maggio dopo l'embargo imposto dalla Ue. La crescente quantità di yuan che i principali partner commerciali potrebbero trovarsi nelle proprie casse ne incrementerebbero il ruolo di riserva di valore. Il dollaro statunitense perderebbe il ruolo di bene rifugio. Probabilmente quando accadrà ciò gli Stati Uniti potrebbero essere scavalcati nel ruolo di potenza mondiale proprio dal gigante asiatico».
Il dollaro è destinato a rimanere sotto pressione anche per altri due motivi. «Il primo riguarda le elezioni presidenziali - sottolinea Vedani -. La conferma di Obama, al momento probabile, potrebbe significare nessuna modifica della politica economica fiscale e quindi nessuna necessità di rivedere la estremamente generosa politica monetaria di cui ho detto sopra. Quindi dollaro nel breve medio termine sotto pressione perchè valuta di indebitamento». Il secondo? « Qe3, twist e l'acquisto di asset backed securities: tre parole per ribadire che il "rubinetto" da cui oggi sgorgano generosamente dollari rimarrà aperto per almeno un biennio; per la legge della relazione inversa tra offerta di un bene e prezzo dello stesso, dollaro ancora sotto pressione».
E l'euro, come si inserisce in questo duello Usa-Cina ? «Al momento - conclude Longo - l'euro non possiede la stabilità e la forza necessaria per poter essere inserito nella lotta come valuta di riferimento».
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