(ASI) Varese, – Il libero movimento artistico “Seguendo il filo di Arianna con Teseo o Minotauro” ha donato all’Università degli Studi dell’Insubria 140 opere artistiche sul tema della lotta alla violenza sulle donne. L’esposizione permanente ha “trovato casa” al Padiglione Morselli, nel Campus universitario di Varese.
L’inaugurazione della mostra – aperta a tutta la cittadinanza – è in programma venerdì 5 ottobre, alle ore 18; vi prenderanno parte il Magnifico Rettore, professor Alberto Coen Porisini; il sindaco di Varese, avvocato Davide Galimberti; la dr. ssa Nicoletta Romano, direttore di Living; il prof. Fabio Minazzi, responsabile del progetto dei Giovani pensatori e la dr. ssa Valentina Grassi, fondatrice del movimento; con la voce narrante di Lidia Sbalchiero, la poetessa e danzatrice, Soraya Arianna Cordaro e due giovani musicisti, Alessandro Benedetto e Nicolo Maggiore, che interpreteranno un brano scritto dal compositore Gagà.
“Seguendo il filo di Arianna” nasce nel maggio del 2014, con la presentazione di 80 opere di artiste varesine che si uniscono alla fondatrice, Valentina Grassi, per manifestare, attraverso l'arte e la cultura, la loro partecipazione alla lotta contro la violenza sulle donne e il femminicidio.
«Questo progetto ha iniziato il suo percorso partendo dal Comune di Malnate, proseguendo poi in altri comuni del Varesotto, vedendo aumentare, sempre più, le partecipazioni degli artisti e il coinvolgimento del pubblico - racconta la dottoressa Grassi - Nel 2015 l’iniziativa si sposta nella provincia di Brescia e, dopo varie tappe, a Brescia. Con l'aggiunta della sezione artistica maschile, Teseo o Minotauro, il progetto ritorna successivamente a Varese, dove viene proposta a Villa Baragiola. Ma l'intento di questo Movimento artistico non si limita a mostrarsi nei Comuni: il suo obiettivo è infatti quello di educare contro la violenza: da qui un percorso espositivo con brevi conferenze promosse presso vari istituti scolastici della nostra provincia. Ma educare è assai complesso, e girare con tutti questi "documenti d'autore" stava diventando, sempre più, arduo. È così nata l'idea di condividerlo, in modo permanente, con l'Università degli Studi dell'Insubria, ateneo entro il quale coesistono diversi e differenti corsi di laurea, i quali tutti hanno una profonda attinenza con le tematiche proposte dal Filo».
Sarà il Padiglione Morselli, situato all'interno del Campus universitario di Bizzozero, in via Ottorino Rossi, a ospitare in modo continuativo questa mostra nella sua totalità. «Anche perché l’Università degli Studi dell’Insubria ha dimostrato subito una piena condivisione di questo "messaggio artistico" anche per le sue finalità educative. Non per nulla in questa iniziativa è stato coinvolto anche il progetto universitario dei Giovani pensatori che nel corso di un decennio ha costruito un suo ampio ed articolato bacino di utenza privilegiato proprio in relazione al mondo delle scuole varesine in osmosi diretta con il mondo universitario. In questo modo, affiancando l’inaugurazione della mostra con la successiva realizzazione di alcune conferenze, anche con il coinvolgimento diretto degli Istituti scolastici provinciali che saranno invitati a prenderne visione, Seguendo il filo di Arianna potrà continuare a svolgere ed approfondire il suo compito primario: educare, attraverso l'arte, perché l'arte apre la mente ai sentimenti più profondi» conclude Valentina Grassi.
«L’Università degli Studi dell’Insubria non può che ringraziare Valentina Grassi per aver scelto il Padiglione Morselli come spazio espositivo permanente di queste opere: l’Ateneo infatti ovviamente condivide il messaggio della mostra e come luogo di formazione di giovani generazioni deve farsi carico di sensibilizzarli verso tematiche di drammatica attualità. Nel solo 2018 ad oggi in Italia i femminicidi sono stati una cinquantina: è un problema reale, che non può e non deve lasciare indifferente l’istituzione universitaria» aggiunge il professor Alberto Coen Porisini.
«Accogliere questa Esposizione permanente ha una triplice finalità per l’Università: da un lato rappresenta un’opportunità per esporre opere di artisti che hanno elaborato questa denuncia di violenza contro le donne, dall’altro è un’occasione per arricchire con creazioni artistiche spazi vissuti quotidianamente da coloro che lavorano e studiano in Ateneo, infine è un ulteriore momento di interazione con il territorio e la sua comunità» sottolinea il professor Minazzi.