(ASI) Vienna - Il 9 agosto 2024 è stato il 106° anniversario del Volo su Vienna che il maggiore Gabriele d'Annunzio ha coordinato a bordo di uno speciale biposto pilotato dal Capitano Natale Palli.
La formazione aerea che ha compiuto questa ardimentosa missione era quella comandata da d'Annunzio formata da 11 aerei Ansaldo S.V.A. monoposto dell'87esima squadriglia aeroplani "La Serenissima".
La missione è valsa la medaglia d'oro al valor militare a Gabriele d'Annunzio e a tutti i partecipanti che per la memoria storica sono: il capitano Natale Palli che guidava l'aereo con a bordo il poeta abruzzese; il tenente Ludovico Censi; il tenente Aldo Finzi; il tenente Giordano Bruno Granzarolo; il tenente Antonio Locatelli; il tenente Pietro Massoni, il sottotenente Girolamo Allegri detto "Fra' Ginepro" per la folta barba.
A questi eroi vanno aggiunti e ricordati coloro che non sono riusciti ad arrivare con i loro aerei su Vienna e si sono ritirati durante il viaggio o sono finiti prigionieri, come il capitano Alberto Masprone, costretto ad un atterraggio di fortuna da un'avaria dove rimase danneggiato il velivolo e lui riportò la rottura della mandibola; il tenente Vincenzo Contratti e il sottotenente Francesco Ferrarin che dovettero tornare alla base; infine il tenente Giuseppe Sarti che dovette fare un atterraggio di emergenza in territorio nemico vicino Vienna e fu fatto prigioniero dagli Austriaci, incendiando prima l'aereo per non farlo cadere in mano asburgica. Il giorno dopo un aereo austroungarico volò sul campo di aviazione italiano e lasciò cadere un biglietto dove informò che il tenente Sarti era prigioniero, ma stava bene, a testimonianza dello spirito cavalleresco che animava le gesta dell' aeronautica militare alle origini.
Degli 11 aerei italiani, partiti dal campo di aviazione di San Pelagio, in provincia di Treviso, alle 5.50, solo 8 (7 monoposto, oltre al biposto con a bordo d'Annunzio, decorato sulla carlinga da Guido Marussig, portato al Vittoriale nel gennaio del 1935 e attualmente ammirabile sul soffitto dell'Auditorium) raggiunsero alle 9.20 i cieli su Vienna, dopo 4 ore di volo in formazione a cuneo, per lanciare 50 mila copie di un volantino preparato dal Vate e 350.000 copie di un secondo manifesto scritto dal comandante supremo della propaganda di guerra italiana, il giornalista e scrittore Ugo Ojetti, tradotto anche in tedesco.
L'azione è passata alla storia come testimonianza sia del coraggio, degli alti e nobili valori degli Italiani, sia dell'arditismo dell'aeronautica italiana che affondava le sue radici nell'antica cavalleria:
"Viennesi ! Imparate a conoscere gli Italiani. Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà. Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne. Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d'odio e d'illusioni. Viennesi ! Voi avete fama di essere intelligenti. Ma perché vi siete messi l'uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il mondo s'è volto contro di voi Volete continuare la guerra? Continuatela, è il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani? La loro vittoria decisiva è come il pane dell'Ucraina: si muore aspettandola".
Dopo l'impresa il Comando Supremo dell'Esercito Italiano diramò il seguente comunicato: "Zona di guerra, 9 agosto 1918. Una pattuglia di otto apparecchi nazionali, un biposto e sette monoposti, al comando del maggiore d'Annunzio, ha eseguito stamane un brillante raid su Vienna, compiendo un percorso complessivo di circa 1.000 chilometri, dei quali oltre 800 su territorio nemico. I nostri aerei, partiti alle ore 5:50, dopo aver superato non lievi difficoltà atmosferiche, raggiungevano alle ore 9:20 la città di Vienna, su cui si abbassavano a quota inferiore agli 800 metri, lanciando parecchie migliaia di manifesti. Sulle vie della città era chiaramente visibile l'agglomeramento della popolazione. I nostri apparecchi, che non vennero fatti segno ad alcuna reazione da parte del nemico, al ritorno volarono su Wiener-Neustadt, Graz, Lubiana e Trieste. La pattuglia partì compatta, si mantenne in ordine serrato lungo tutto il percorso e rientrò al campo di aviazione alle 12:40. Manca un solo nostro apparecchio che, per un guasto al motore, sembra sia stato costretto ad atterrare nelle vicinanze di Wiener-Neustadt".
Dell'Impresa del Volo su Vienna parlarono i giornali di tutto il mondo, sia esaltando il coraggio della nuova generazione di Italiani nati post Unità che aveva finalmente lavato l'onta delle sconfitte militari savoiarde delle guerre di indipendenza con un nuovo spirito guerriero che gli aveva fatto indossare l'elmo di Scipio romano per coronare il Risorgimento; sia tessendo le lodi dell'abilità dei piloti; sia esprimendo soddisfazione per lo strabiliante risultato tecnico ottenuto dall'ala italica nel 1918, quando l'aeronautica era ancora agli albori, volando senza sosta 7 ore e mezza circa per 1000 km (di cui 800 chilometri in territorio nemico); infine, riflettendo sulle cause e gli effetti di quanto accaduto, nell'opinione pubblica del fronte interno degli Imperi Centrali e, in particolare dell'Austro - Ungheria che minato dalle rivolte indipendentiste, dagli scioperi socialisti nelle fabbriche (mossi dal vento bolscevico dell'est dopo la caduta dello Zar di Russia che metteva in discussione il potere dell'imperatore asburgico), e dalla fame che si pativa soprattutto nelle grandi capitali della duplice monarchia come a Budapest, ma soprattutto a Vienna, subisce un colpo morale senza precedenti, prodromo del prossimo crollo, della resa e di contraltare di buon auspicio per una prossima vittoria italiana e più in generale degli eserciti dell'Intesa.
E fu proprio Gabriele d'Annunzio, il primo "influencer" ante litteram della storia ad aver dato la scintilla culturale, l'esempio da seguire per spronare i cuori alla vittoria. Dopo l'impresa il Vate inviò alla Gazzetta del Popolo di Torino questo telegramma "Non ho mai sentito tanto profondo l'orgoglio di essere italiano. Fra tutte le nostre ore storiche, questa è veramente la più alta...Solo oggi l'Italia è grande, perché solo oggi l'Italia è pura fra tante bassezze di odii, di baratti, di menzogne".
Infatti, se nel 1917, dopo la caduta della Russia zarista, il morale era a mille fra le linee austro - prussiane e i soldati dei Kaiser erano i meglio armati, nel 1918 la situazione si era diametralmente capovolta e fra le linee austro - ungariche le diserzioni erano quasi all'ordine del giorno con pressoché un milione di soldati che avevano abbandonato l'esercito asburgico, soprattutto di origine italiana, ceca, boema, slovacca, polacca, rumena e croata.
Gli eroi del Volo su Vienna, di fatti, scrissero una leggendaria pagina di storia della aviazione italiana durante la Grande Guerra, fatta di coraggio, di ardimento ma anche del rispetto della vita umana di civili inermi e della storia della capitale asburgica, valori che furono persi durante la Seconda Guerra Mondiale in cui i bombardamenti furono a tappeto, indiscriminati e distruttivi al massimo nell'ambito della cosiddetta guerra totale.
A testimonianza di come erano stati dimenticati durante il Secondo Conflitto Mondiale quei nobili valori cavallereschi che il materialismo utilitaristico della società borghese - capitalista contemporanea aveva perso, esattamente 37 anni dopo, il 9 agosto 1945 venne lanciata dagli Usa la seconda bomba atomica sul Giappone a Nagasaki.
Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia