(ASI) Roma - La visione che abbiamo noi oggi della società dell'antica Roma è pressoché quella di un immenso faro di evoluzione giuridica, sociale e civile, se si pensa alla grandezza dell'impero, alle sue opere di architettura e ingegneria come la rete stradale, gli acquedotti, i templi, i palazzi del potere statale, tutte opere pubbliche a testimonianza di un un elevato livello di progresso che la Res Publica Romana raggiunse nel corso dei secoli, anche in virtù del suo sistema religioso/giuridico che si basava sulla certezza dei codici legislativi e sul rispetto dei vari culti delle popolazioni del territorio dell'impero, i cui usi e costumi erano garantiti dal diritto romano e dalla religione tradizionale di Stato, il cui Pantheon degli Dei accoglieva tutte le divinità di ogni angolo del suo sterminato territorio dai deserti dell'Arabia all'Atlantico.


Tuttavia, lo sviluppo di una società così complessa, è in parte in antitesi con le origini agro - pastorali, antropologiche e culturali di Roma, risalenti all’età del ferro, della cui epoca Roma ha conservato alcuni culti e riti ancestrali, col passare del tempo entrati nel folclore popolare romano (come i Lupercalia che si sono festeggiati nel mese di febbraio fino al divieto per i Cristiani di Papa Gelasio I del 495 d.C. con lettera al Princeps Senatus Andromaco , oltre cento anni dal divieto teodosiano di culto della religione tradizionale romana) o considerati con l'evoluzione sociale della Res Publica romana, al limite fra culto religioso e magia, o vietati o regolamentati concretamente nel corso dei secoli dalle autorità con confini e dogmi ben precisi, perché magari troppo cruenti, permessi legalmente solo ritualmente e/o simbolicamente, come ad esempio i sacrifici animali ma soprattutto quelli umani anch'essi per certi versi rientranti nella "pax deorum", cui tutta la società romana tradizionale mirava, attraverso un delicato equilibrio tra le azioni umane più o meno propiziatrici e il favore o l'avversione degli dei.
L'idea che vi fosse una stretta connessione, pressoché indissolubile, tra le azioni umane e il comportamento degli dei nei confronti della stessa popolazione, tra il gradimento degli Dei e le fortune del Popolo Romano, sia in campo pubblico, sia privato, aveva indirizzato pressoché tutta l’attività cultuale della religione romana verso il conseguimento e la conservazione dell'amicizia fra l'individuo, il cittadino, la Res Publica e le divinità, la cosiddetta “pace con gli dèi” ("pax deorum"), tramite una serie di azioni e comportamenti che, sia la collettività e le istituzioni in forma pubblica e sia il cittadino privatamente, dovevano quotidianamente seguire per poter ottenere e preservare il favore degli Dei.
Dunque, nella fase più arcaica anche realmente, ma dopo la proibizione del Senato nel 97 a.C solo ritualmente e simbolicamente, oltre al dono di spezie, incenso, cibi e bevande agli Dei, potevano essere considerate potenziali vittime sacrificali non solo gli animali ma eccezionalmente gli stessi esseri umani, non solo in forma di sacrifici espiatori di qualche colpa, o atto peccaminoso o sacrilegio, ma anche solo in forma simbolica o di sepoltura rituale.
D'altronde, è evidente che il sacrificio umano simbolico e rituale è stato sincretisticamente mutuato successivamente dal Cattolicesimo, attraverso il sacrificio del corpo di Cristo, "l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo", attraverso l'Eucarestia, cioè la Comunione, la trasformazione, del pane (ostia) nel corpo e del vino nel sangue di Cristo. Oppure, si pensi ad esempio all'inumazione della salma pressoché integra dopo la morte, col rito funebre cristiano - cattolico , che potrà garantire la vita eterna ai defunti e la vittoria della morte tramite la Resurrezione (come Gesù). Per non parlare, addirittura, dei riti cruenti del rogo delle donne e degli uomini considerati eretici o streghe e
o stregoni dalla Santa Inquisizione, per i quali dopo secoli, le stesse autorità della Chiesa, hanno dovuto chiedere moralmente scusa.
A tal proposito, tornando al nostro approfondimento sui riti umani propiziatori della religione tradizionale italico - romana, ma anche greca (anche se con riti diversi), gli scavi portati avanti dall’Università "La Sapienza" di Roma, diretti dal Prof. A. Carandini hanno messo in luce, col ritrovamento della porta Mugonia, la sepoltura al di sotto dell'antica infrastruttura urbana, di una bambina con corredo funebre (sacrificata realmente o ritualmente non è possibile saperlo con certezza), risalente all’epoca della fondazione di Roma intorno al 750 a.C, secondo le indagini col radiocarbonio.
Tito Livio, ma anche Plinio e Plutarco narrano nelle loro opere di sacrifici umani rituali in momenti di estrema difficoltà per la Patria; ad esempio Tito Livio nella sua opera "Ad Urbe Condita" descrive il sacrificio umano, evidentemente propiziatorio, di una coppia di Celti e una di Greci, sepolte vive allo scopo di ingraziarsi gli Dei, sull'onda emotiva della sconfitta di Canne patita dai Romani e dai loro alleati per mano del genio militare di Annibale. A questo sacrificio umano si aggiunse quello di un bambino in Adriatico. Il sacrificio umano uscì dal responso del l ibro degli oracoli i cosiddetti "Libri Sibillini" su cui approfondiremo in un prossimo speciale. Tito Livio narra che il sacrificio fu ordinato dai “decemviri sacrorum” che, dopo aver consultato i Libri Sibillini, suggerirono di procedere con “sacrificia aliquot extraordinaria” (alcuni sacrifici straordinari), furono seppelliti vivi anche un uomo e una donna celti, e due greci, nel Foro Boario.
La stessa condanna a morte, per sepoltura da viva, della vestale che ha violato il voto di castità, secondo alcuni, viene considerato un sacrificio rituale, infatti alcune fonti parlano di interramento, da viva nell'area sacra urbana del "pomerium mentre altre ritengono che la sepoltura sia avvenuta nel Foro Boario, quindi con chiaro intento espiatorio. In merito ci sono molte fonti autorevoli tra cui il solito Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso.
Sulle sepolture e sui sacrifici rituali appofondiremo quando faremo uno speciale sul culto della Dea Vesta e sulle Guerre Puniche. L'importante è che il lettore impari oggettivamente a contestualizzare ogni tematica nel contesto storico generale in cui è inserita, senza fare l'errore di trarre giudizi con gli occhi di un uomo del XXI secolo.

Foto tratta da Wikipedia di Augusto di Via Labicana con abiti di Pontefice Massimo.

Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia

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