(ASI) Firenze. Venerdì 27 ottobre agli Uffizi è stato presentato in anteprima l’Autoritratto nello studio di Michelangelo Cerquozzi, acquistato dal museo all’asta il 28 settembre scorso per accrescere la collezione degli autoritratti iniziata dal Cardinale Leopoldo de’ Medici (Firenze, 6 novembre 1617 – Firenze, 10 novembre 1675) che è diventata nel corso dei secoli la più grande e antica raccolta di questo genere.
L’acquisto è particolarmente felice perché già Leopoldo de’ Medici nel 1673 aveva iniziato le trattative per l’acquisto del dipinto, che tuttavia non andarono in porto. Esso fu invece probabilmente comprato da Ferrante Capponi (1611-1689), perché in casa Capponi è documentato a partire dal Settecento, fino a pochi mesi fa. Nel 1774 tra l’altro ne fu tratta un’incisione per la Serie degli uomini illustri.
L’Autoritratto nello studio verrà incluso nella mostra Leopoldo de’ Medici, Principe dei Collezionisti che verrà inaugurata al Tesoro dei Granduchi in Palazzo Pitti il 6 novembre prossimo, giorno del quattrocentesimo compleanno di questo personaggio che arricchì enormemente le raccolte di famiglia, a tutto vantaggio del pubblico di oggi. In seguito sarà incluso nel nuovo allestimento degli autoritratti al primo piano degli Uffizi.
Secondo il Direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt “L’acquisto dell’Autoritratto nello studio di Michelangelo Cerquozzi è un regalo ideale per Leopoldo de’ Medici, uno dei più voraci e sofisticati collezionisti nella storia dell’umanità. Al contempo esso è un regalo concreto per tutti i fiorentini e per tutti gli italiani che ora ne sono divenuti i proprietari. L’iconografia rivoluzionaria del pittore che ritrae il modello vivo nello studio riflette la nuova prassi romana del primo Seicento, e anticipa di secoli la fioritura del soggetto tra Otto e Novecento, fino alle versioni offerte da Picasso.”
“Si tratta di una pittura che apre un grande spazio sulla visione del quotidiano – aggiunge la Curatrice della Pittura del Seicento Maria Matilde Simari, ¬- estremamente innovativa per la modalità dell’autorappresentazione dell’artista. Il pittore si raffigura nel suo ambiente di lavoro, tra i suoi modelli, tra le sue opere già realizzate e da realizzare. Insieme all’autoritratto di Michelangelo Cerquozzi c’è dunque la sintesi della nuova visione seicentesca del mondo per cui la rappresentazione artistica fu – come scrisse Filippo Baldinucci -“una finestra aperta sulla realtà”.
Michelangelo Cerquozzi
(Roma 1602 – 1660)
Autoritratto nello studio
Olio su tela, cm 51 x 42,5 con cornice antica intagliata e dorata
1640-1646 circa
Gallerie degli Uffizi, Firenze
Inv. 1890 , numero in fase di assegnazione
Proveniente dalla collezione Capponi di Firenze
Il dipinto è una recentissima acquisizione delle Gallerie degli Uffizi che si è aggiudicata l’opera del Cerquozzi all’asta del 28 settembre 2017 della Casa d’Aste Pandolfini di Firenze per arricchire con questa originale autorappresentazione di artista la collezione degli autoritratti delle Gallerie. L’autoritratto si presenta, infatti, con un’impostazione rara e insolita: il pittore Michelangelo Cerquozzi non si è raffigurato secondo le più diffuse consuetudini in primo piano o a mezza figura in una visuale ravvicinata, bensì nel suo studio romano dinnanzi al cavalletto mentre dipinge un anziano modello a torso nudo inginocchiato davanti a lui e posto in primo piano nella pittura, questi è con ogni probabilità fonte d’ispirazione per la figura di un san Girolamo considerandone gli attributi scelti. La descrizione dell’ambiente dello studio d’artista occupa largo spazio nella pittura e ne costituisce l’elemento caratterizzante di grande interesse: a terra è posato con trascuratezza un busto marmoreo che egualmente doveva essere stato utilizzato come modello, vicino un braciere con i tizzoni ardenti e alla parete un bozzetto su carta poco leggibile e una pittura ad olio incorniciata con la figura crocifissa del Buon ladrone. Tale pittura è un riferimento certo e significativo all’attività artistica del Cerquozzi che dipinse più volte questo soggetto apprezzato da diversi collezionisti romani: esemplari ne sono infatti ricordati nella collezione del cardinal Chigi, del cardinal Odescalchi e di monsignor Salvetti (Laureati 1991, pp.160 -1, nn. 9-10). I documenti rintracciati sullo studio del pittore (Laureati 1983, pp. 378 -385) che era posto a Roma al Pincio indicano che i materiali e gli oggetti in esso conservati erano all’incirca di simile tipologia, mentre le fonti (ad esempio il biografo Filippo Baldinucci) ricordano l ‘uso del Cerquozzi di utilizzare come modelli personaggi scelti tra il popolo romano e nella vita quotidiana, secondo il costume dei pittori caravaggeschi. Si tratta perciò di una veridica descrizione del luogo di lavoro dell’artista che in esso si voluto ritrarre aggiungendo alla visione della sua autorappresentazione quella della sua attività e del suo abituale spazio di vita. Ciò attribuisce una fisionomia particolare all’autoritratto appunto per l’originale prospettiva di visuale del sé ovvero il pittore visto nel suo specifico ambiente di studio e nel suo rapporto col modello. Se molto si potrebbe aggiungere nel cercare di interpretare la scelta pittorica di raffigurare il modello colpito da un fascio di luce mentre il pittore che lo osserva è quasi in controluce e in secondo piano, si deve notare che l’ambientazione scelta per l’autoritratto è in piena sintonia con la corrente della cosiddetta pittura di genere dei Bamboccianti romani volta alla descrizione di scene tratte dalla comune vita quotidiana. Dal punto di vista stilistico, le scelte luministiche e cromatiche sono quelle caratterizzanti la pittura del Cerquozzi che assorbì appunto i modi della pittura di genere durante il suo sodalizio col pittore Jacob De Hase detto Giacomo Fiammingo.
Sul retro la tela reca l’iscrizione antica: “di Michelangelo delle Bambocciate”, presumibilmente tardo settecentesca, che fa riferimento al genere pittorico al quale il Cerquozzi è stato e tuttora viene generalmente associato ovvero quello di seguace del Bamboccio (Pieter van Laer) artista che introdusse a Roma la pittura di genere di gusto fiammingo. Con tale nome e con quello di Michelangelo delle Battaglie - dovuto alla consistente sua produzione di pitture raffiguranti tale soggetto- il Cerquozzi divenne infatti noto e apprezzato a Roma già a partire dagli anni Trenta del XVII secolo.
L’autoritratto del Cerquozzi proviene dalla storica collezione di casa Capponi di Firenze: una descrizione antica del dipinto è presente infatti nella Serie degli uomini illustri pubblicata a Firenze nel 1774 dove si illustra nel frontespizio un particolare della pittura, conservata appunto in collezione Capponi di Firenze, con il volto del pittore. Così viene descritto il dipinto nel volume settecentesco: “Il ritratto di Esso (Cerquozzi) abbiamo posto al principio di questo Elogio, è ricavato da un grazioso Quadretto posseduto dal Sig. Senator Ferdinando Capponi di Via dei Bardi ove il Cerquozzi si è effigiato in atto di dipingere dal naturale un vecchio genuflesso con un libro davanti in figura come di san Girolamo, e in terra vi è un caldano di fuoco e alla parete della stanza vedonsi alcuni bozzetti, uno dei quali rappresenta il suo celebre quadretto del buon ladrone sulla croce, da lui dipinto più volte; uno di essi esiste nel Palazzo del Sig. Marchese Tempi.”.
E’ possibile che questo dipinto, entrato a far parte in data imprecisata della collezione Capponi, sia lo stesso visionato nel 1673 da Giuseppe Maria Casarenghi, agente del cardinal Leopoldo de’ Medici, che lo valutò per una possibile acquisizione nella prestigiosa raccolta di autoritratti del Cardinale. L’acquisizione non ebbe esito positivo (come pubblicato da Elisabeth Cropper, 1996, p. 404) perché la fisionomia del pittore rispecchiava un’età giovanile a quell’epoca ormai non più veridica. A tal proposito si ricorda che la datazione proposta dalla Cropper si pone ante il 1646, nel periodo in cui il pittore era poco oltre i quarant’anni.
Da ricordare che esiste nella Galleria Pallavicini a Roma un’altra versione considerata autografa e pressoché identica dell’autoritratto del Cerquozzi (vedi Zeri, 1959, p. 87) che – in alternativa - potrebbe essere stata quella visionata dal Casarenghi. L’autoritratto della collezione Pallavicini, è ricordato dalla Cropper come opera di misure leggermente maggiori (cm 56,8 x 47,7) rispetto a quello di collezione Capponi, ma del tutto eguale nella raffigurazione. Dall’esame analitico e ravvicinato condotto in modo congiunto sull’opera di provenienza Capponi con un restauratore dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, si sono potute rilevare le buone condizioni di conservazione del dipinto ( che necessita soltanto di una leggera pulitura); in passato esso è stato tensionato utilizzando l’inserimento di strisce perimetrali, probabilmente durante tale intervento la parte superiore della pittura è stata rigirata sul nuovo telaio occludendo alla vista un paio di centimetri di tela dipinta- ben conservata- ove si delinea la conclusione delle assi del cavalletto del pittore. Si dovrà dunque ora annotare che le dimensioni originali del dipinto entrato nelle collezioni degli Uffizi sono pressoché eguali a quelle dell’Autoritratto di collezione Pallavicini.
Secondo le ricerche della Croper (1996, p. 404) l’autoritratto del Cerquozzi entrò nelle collezioni Capponi per tramite del senatore Ferrante Capponi (1611 -1689) eminente erudito e giureconsulto, nonché persona di fiducia di casa Medici e con numerose relazioni negli ambienti romani: l’illustre percorso storico dell’opera che sfiorò nel Seicento l’ingresso nelle collezioni medicee per entrarvi poi alcuni secoli dopo, risulta così ricostruito.
Maria Matilde Simari
Bibliografia
Serie degli uomini i più illustri..., VIII, 1774, p. 131, n.1; Cropper 1996, pp. 404- 407; Lorizzo 2011, p. 300 nota 45; Opere di eccezionale interesse...Asta Pandolfini Firenze 28 settembre 2017, pp. 62 -67.