Libri. Il Fascismo della Repubblica sociale a processo, di Alberto Mandreoli

(ASI) Cosa accadde ai gerarchi fascisti della Repubblica sociale al termine della guerra civile che insanguinò il nord Italia? Prova a rispondere a questa domanda Alberto Mandreoli nel suo saggio “Il Fascismo della Repubblica sociale a processo – sentenze e amnistia (Bologna 1945-1950)” pubblicato dalla casa editrice “Il pozzo di Giacobbe”.
Il libro risulta una raccolta molto minuziosa del materiale processuale prodotto a Bologna subito dopo la fine della guerra cercando anche di ricostruire in modo preciso come si arrivò ai fatti che poi portarono ai processi di figure più o meno importanti della Rsi.

Leggendo il libro ci si fa anche un’idea ben precisa della mole di lavoro svolto dalle corte d’assise che piano piano si andavano ricostituendo nel paese, un lavoro che spesso però fini poi nel dimenticatoio per via delle sentenze di assoluzione emesse in seguito dalla Cassazione.
Nel saggio, che si avvale della postfazione dello storico Mimmo Franzinelli, vengono esaminati i casi riguardanti i principali esponenti della Repubblica sociale nella città degli Asinelli tra cui Dino Fantozzi, prefetto e capo della Provincia, e Giorgio Pini, direttore de “il resto del Carlino” e sottosegretario agli Interni.
Rileggendo i verbali di interrogatorio raccolti dall’autore si capisce anche quale fosse il clima dell’epoca, ovvero quello di una guerra civile dove il nemico doveva essere non solo punito ma annientato, in più di una occasione infatti gli accusati cercano di difendersi soprattutto per evitare la fucilazione, anche perché, va detto, i partigiani nella loro opera di giustizia erano fortemente condizionati dall’eredità e dalle reazioni alle violenze del biennio rosso, 1921-22, che fece poi da apripista allo squadrismo agrario e reazionario.
Il grande lavoro svolto dai tribunali però fu di fatto reso vano dall’Amnistia Togliatti, ovvero un provvedimento di condono delle pene proposto dallo storico esponente comunista in qualità di Ministro di Grazia e giustizia nel 1946. Il testo prevedeva infatti l’amnistia per i reati comuni e politici, compresi quelli di collaborazionismo con il nemico e reati annessi ivi compreso il concorso in omicidio, pene allora punibili fino ad un massimo di cinque anni, i reati commessi al Sud dopo l'8 settembre 1943 e l'inizio dell'occupazione militare Alleata al Centro e al Nord ed aveva efficacia per i reati commessi fino al 18 giugno 1946.
Scopo dell’Amnistia Togliatti era quello di provare a realizzare la pacificazione nazionale dopo gli anni della guerra civile, anche se di fatto decretò un colpo di spugna su troppi crimini commessi tra il 1943 ed il 1946 da ambo le parti e che fino ad oggi ad impedito all’Italia di fare seriamente i conti con il passato.

A. Mandreoli, “Il Fascismo della Repubblica sociale a processo – Sentenze e amnistia (Bologna 1945-1950)”, postfazione di Mimmo Franzinelli, Il pozzo di Giacobbe, €30,0

 

FabrizioDi Ernesto - Agenzia Stampa Italia

 

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