(ASI) Teramo – Sabato 26 novembre alle ore 17, si terrà presso la Sala Polifunzionale della Biblioteca Delfico, la presentazione del nuovo libro dello storico Luigi Ponziani (già direttore della stessa biblioteca), intitolato “Teramo dall'Età Giolittiana al Fascismo (1901 – 1940)” (Edizioni Ricerche & Redazioni).
A tal proposito, noi abbiamo intervistato in anteprima l'autore Luigi Ponziani:
«Di che cosa tratta il suo libro?»
«Il mio libro prende in considerazione un periodo che va dall’inizio del 1900 al 1940, quindi fino all’ingresso dell’Italia nella II Guerra Mondiale. Il focus è quello della storia politico-amministrativa della città di Teramo collocata in un contesto di crisi della classe dirigenziale liberale di stampo ottocentesco. Tale dirigenza si trova nella difficoltà di padroneggiare la “modernità” che nel ‘900 si affaccia. Una modernità fatta di una maggiore dinamicità economica e sociale nonché mobilità politica, dal suffragio universale alla difficoltà della città nel mantenere lo status di capoluogo nella provincia che si estendeva dal Tronto al fiume Pescara. Si tratta di una fase in cui sono presenti forze politiche diverse, quali socialisti, cattolici e fascisti. Prendo in esame tali aspetti sottolineando con approfondimenti di carattere tematico alcune questioni importanti come ad esempio le caratteristiche del primo socialismo, la nascita della quarta provincia abruzzese, le difficoltà del primo fascismo».
«Per quanto riguarda il notabilato teramano, c’è qualche episodio particolare narrato nel libro, qualcosa sullo Stato liberale che si arrende di fronte alla modernità?»
«Nessuna resa, diciamo che spesso e volentieri c’è una parte dello Stato liberale che soprattutto dopo la I Guerra Mondiale si fascistizza, mantenendo sostanzialmente le stesse caratteristiche. Tutto ciò sottolinea la difficoltà del fascismo cittadino ad affermarsi veramente, perché l’affermazione dell’amministrazione fascista è principalmente di facciata».
«Come viene vista a Teramo la nascita della nuova provincia abruzzese?»
«È piuttosto faticosa, trova compimento nel 1927 con la nascita della provincia di Pescara ma viene vista come un vulnus (ferita) non soltanto di carattere territoriale ma anche di capacità di mantenere quel ruolo egemonico all’interno di una provincia che era sempre stata considerata naturalmente confinata e circoscritta in un ambito molto omogeneo da ogni punto di vista: geografico, economico e sociale. Tutte le vie di comunicazione principali iniziano a gravare sull’Adriatico, quindi i teramani sotto questo aspetto subiscono un vulnus, una ferita da cui è difficile venir fuori e che è causa della grande crisi della classe dirigenziale. Teramo subisce, quindi, una crisi di identità e status».
Cristiano Vignali – Agenzia Stampa Italia