(ASI) LOCRI - “Cose nuove”. Questo ci si attende dalla riunione della Conferenza Episcopale Calabra. E non potrà essere diversamente. Dovranno venire risposte chiare. ”Cose nuove”, detto in parole povere ma incisive, si aspettano i calabresi, dopo  quello che è accaduto a Oppido e non solo a Oppido. Purtroppo.

La cronaca ci consegna altri inquietanti episodi sui quali la magistratura sta indagando. Chiarezza estrema. Le preoccupazioni, fondate, non sono inutili allarmi. L’abbiamo detto altre volte. Lo ribadiamo ancora oggi. Nessuna indiscriminata criminalizzazione. Quello che è avvenuto il 2 luglio scorso non è un caso raro, ma ce ne sono stati e ce ne saranno altri ancora se non si troveranno le giuste soluzioni. Senza più  ambigui, contraddittori e pilateschi comportamenti. Serve una linea comune e compatta. Tutta la Chiesa calabrese deve usare le stesse regole. Senza se e senza ma. L’”inchino” è una vergogna. Da condannare e da analizzare attentamente. Chi ha sbagliato deve pagare. Farà i conti con la giustizia divina, ma anche con quella terrena. Ha pienamente ragione chi osserva che quello oppidese “è certamente un evento che aprirà una feconda riflessione nella Chiesa sul senso delle manifestazioni religiose”.

 

La Conferenza Episcopale Calabra ha in questo momento un ruolo molto delicato. E decisivo per contribuire alla rinascita della Calabria con le forze sane che si battono per la legalità e la convivenza civile. La politica è praticamente assente. Una rissosità esasperata tra i partiti ed all’interno dei partiti da troppo tempo paralizza ogni cosa. Sfascio generale. E indifferenza intollerabile. La Chiesa deve far sentire la sua voce in una regione dove tutto va a rotoli, dal crollo occupazionale ai disastri della sanità. Tagli, tagli, tagli. Non si parla d’altro. Ma i privilegi dei “potenti” restano tutti. Intoccabili. A discapito dei poveri che diventano più poveri e degli ultimi, sempre più emarginati. Fuggono i cervelli. Proprio ieri il “Quotidiano del Sud” ha raccontato la storia di uno studioso cosentino, il prof. Francesco Rubino, di 42 anni, che in Inghilterra ha ottenuto importanti riconoscimenti:la chirurgia per curare il diabete sviluppata da Rubino  nelle linee guida del Sistema Sanitario Nazionale. Promosso dagli inglesi, ignorato dagli italiani. La ricerca umiliata. La sanità penalizzata. Ancor di più in Calabria.

 

Centri oncologici  di eccellenza, come quello di Germaneto, vengono chiusi, gli ospedali ridimensionati, con il chiaro intento di smantellarli definitivamente, come si profila per Locri. La gente non ne può più. La protesta parte in questa domenica di luglio  proprio da Locri, ad una settimana dall’arrivo del nuovo vescovo, mons. Francesco Oliva. Mobilitazione di tutto il comprensorio per dire no agli sciagurati progetti di distruzione di una delle più importanti strutture della sanità calabrese.  La Locride non può essere ulteriormente mortificata. Finalmente si copre un  sensibile vuoto nella Diocesi, dopo la promozione ed il trasferimento a Reggio di mons. Morosini. L’arrivo di mons. Oliva rappresenta senz’altro una positività rilevante per questa fetta di terra ricca di storia e di cultura, purtroppo devastata dalle forze antisociali, che hanno potuto spesso impunemente realizzare i loro sporchi affari, seminando terrore e morte .

 

E’ tempo di “cose nuove”. E certamente una novità storica è rappresentata proprio dall’insediamento di mons. Oliva. Il prof. Enzo D’ Agostino, illustre studioso di Siderno che con scrupolo da anni compie ricerche anche negli archivi delle parrocchie e delle diocesi calabresi, sull’ultimo numero dell’ ”Avvenire di Calabria”, il settimanale delle Diocesi di Reggio-Calabria-Bova e Locri-Gerace, ha scritto una documentatissima nota storica sui vescovi locresi. “Il 22 settembre 1913 la Cattedrale di Gerace ospitò, verosimilmente per la prima volta nella sua millenaria esistenza, un’ordinazione episcopale, quella di mons. Cosma Agostino, allora arciprete di Mammola, il quale era stato elevato alla cattedra di una sede lontana, Lacedonia, oggi unita ad Ariano Irpino. Il 20 luglio 2014, nella medesima Cattedrale verrà celebrata un’altra consacrazione episcopale, ma questa volta la sacra cerimonia riguarderà il 73° vescovo eletto della nostra stessa diocesi, mons. Francesco Oliva, e si tratterà di un evento senza precedenti, dal momento che, per quel che si sa, mai un vescovo di questa bimillenaria diocesi è stato consacrato nella sua sede, neppure l’ultimo pastore indigeno, Giuseppe Maria Pellicano, arciprete di Gioiosa, chiamato sulla cattedra geracese il 21 dicembre 1818 e fattosi ordinare a Roma, sei giorni dopo, dal cardinale Lorenzo Litta”.

 

Lo studioso spiega che “allora avveniva quasi sempre così, come nei primi tempi della cristianizzazione, quando il vescovo di una comunità veniva eletto dal clero e dal popolo quasi sempre nel proprio seno, talvolta anche individuandolo altrove, ma sempre con la riserva della ratifica del Papa, presso il quale l’eletto doveva recarsi per essere esaminato, confermato  e consacrato”. Il prof. D’Agostino aggiunge che “non tutto sempre filava liscio. Alla fine del VI secolo, morto il vescovo Dulcino, i Locresi elessero il successore (a noi non noto) e lo mandarono a Roma perché fosse confermato e consacrato dal Papa, che era Gregorio Magno, il quale, non avendolo trovato per nulla degno (“minime  dignus”) della cattedra, lo rispedì in Calabria, invitando i Locresi a una scelta più oculata. Il nuovo eletto fu Marciano, sacerdote della Diocesi di Taureana, allora profugo in Sicilia per paura dei Longobardi, e quella volta la scelta fu approvata e l’eletto fu consacrato”. Tante  e rilevanti le notazioni storiche contenute nell’articolo dello studioso, che conclude il suo appassionante scritto con questo augurio: ”Negli annali della nostra diocesi  speriamo che l’evento del 20 luglio, oltre ad essere ricordato per avere datato la prima consacrazione di un nostro vescovo, venga ivi segnato “melioribus lapillis”, per essere portatore di un episcopato duraturo felice e proficuo, quale merita la veneranda età della nostra diocesi”.

 

In effetti è l’auspicio di tutta la Locride, che si sta preparando ad accogliere il nuovo vescovo con grande calore e speranza. Mons. Oliva è un pastore che conosce a fondo la realtà calabrese. Molto amato dai suoi parrocchiani, come dimostrano le continue attestazioni di stima e di rimpianto anche su Facebook. Gli abbiamo chiesto qualche tempo fa l’amicizia e con molta cortesia ce l’ha concessa. Ci siamo scambiati alcuni messaggi attraverso fb. Molto significativi. E  abbiamo avuto la conferma che il Papa ha fatto proprio la cosa giusta, nominandolo vescovo di Locri. Mons.Oliva analizza la realtà calabrese e parla del suo impegno per il rispetto della legalità e dell’onestà: ”Mi rendo conto dei tanti problemi che a affliggono la nostra terra e delle tante attese di riscatto. Nessuna soluzione ci verrà dall'esterno. Credo molto in quei tanti calabresi che si guadagnano la vita con onestà e impegno. Sono veramente tanti. Dovremo essere capaci di far emergere le cose belle della nostra terra. Il male non è solo nella Locride. Guai se ci lasciamo prendere dalla rassegnazione e dallo sconforto. Se non ci pieghiamo a vecchi schemi e al sistema della raccomandazione, se ciascuno fa la sua parte, il nostro mondo andrà meglio. Farò di tutto perché prevalga sempre il rispetto per  la legalità e l'onestà. Odio i sotterfugi e le menzogne. Con l'aiuto del Signore proverò a fare quanto in mio potere”. Sulle orme di Papa Francesco. La Locride potrà riprendere a camminare sulla strada della rinascita!

Domenico Logozzo *

 *già Caporedattore del TGR Rai

Papa Francesco durante la visita a Cassano. Ha scomunicato i mafiosi. E dopo l'"inchino" di Oppido in un colloquio con Eugenio Scalfari su Repubblica ha detto :" Tutto questo cambierà e la nostra denuncia sarà costante contro questo male”.

 

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