(ASI) Gubbio - Sarà inaugurata sabato 23 novembre a Gubbio, la mostra evento di Piergiuseppe Pesce, uno dei più noti artisti neopop in Italia, di origini partenopee ma oggi residente in Umbria, a Gualdo Tadino, a cura di Catia Monacelli ed Elisa Polidori. Un’enorme installazione che toglie letteralmente il fiato, in cui sono presenti più di mille soggetti sacri. Esposta nel 2006 nella Chiesa di San Carlo Borromeo a Spoleto, nel 2011 a Gualdo Tadino tra le mura imponenti della Rocca Flea, “L’ultima crociata”, con il nuovo capitolo del “Perdono”, viene oggi accolta nella Chiesa di Santa Maria dei Laici, e cambia ancora volto e si rinnova, plasmandosi con il luogo. E c’è dialogo, infatti, tra l’architettura trecentesca della Chiesa dei bianchi, l’Annunciazione di Federico Barocci e i dipinti della volta sopra l’altare maggiore dell’eugubino Francesco Allegrini: l’istallazione di Piergiuseppe Pesce si nutre della stessa passione che animò secoli fa questi artisti, ne rispecchia e metabolizza i contenuti teatrali, ne riproduce e amplifica con forza il loro eco.
“In cammino perenne, sfila compatta e abbarbicata a se stessa”, spiega Catia Monacelli, curatore d’arte contemporanea, “la grande macchina mistica popolata da Santi, Madonne e Martiri. È fermo, eppur si muove, l’esercito di pace, compresso nello spazio - tempo della chiesa ad unica navata e si dirige verso l’altare maggiore. Una liturgia dell’arte che si fonde con quella dello spirito cristiano e dell’anima dell’artista che si professa: redento, cattolico, credente e profondamente ispirato dalla bellezza della santità”. Aggiunge Elisa Polidori, co-curatrice della mostra e storica dell’arte: “nell’istallazione di Piergiuseppe Pesce il protagonista stesso dell’opera è lo spettatore, colui che vi entra all’interno, che la vive, la modifica nel suo assetto originario, colui che, in questo caso, diviene parte stessa della processione seguendo in maniera composta gli altissimi protagonisti alla ricerca della redenzione, quella che l’artista tenta di comunicare in un linguaggio estremo e discusso, in cui la profonda religiosità si confonde con lo stereotipo e da esso cerca di divincolarsi per arrivare più avanti, là dove l’uomo con difficoltà aspira ad arrivare, perchè in fondo, parafrasando Gibran, la vita è una processione: chi è lento la trova troppo veloce e si fa da parte; chi è veloce la trova lenta e si fa comunque da parte”.