E’ soltanto proiezione dell’uomo (Feuerbach), oppio del popolo (Marx), illusione di gente rimasta allo stadio infantile (Freud)? Cosa è Dio?
Oggi più che mai avvertiamo la necessità di mettere tutto tra parentesi e ri-cominciare il nostro percorso esistenziale, ex novo, confidando nella ricerca (vincente o meno) di certezze e fondamenti definitivi. Cerchiamo insomma qualcosa di incrollabile (permanente) da opporre con chiarezza a mutevoli granelli di sabbia. Qualcosa che poggi su un terreno stabile e sicuro.
Ecco dunque il consumarsi del cammino audace del dubbio metodico che, par example, in Cartesio, conduce in primis all’ Ego Cogito ergo Sum giungendo attraverso la formulazione di prove razionali dell’esistenza di Dio, all’affermazione perentoria del fondamento ontologico di tutte le cose, del suo esserci, la “causa intellegibile” del Reale; Dio.
Ma chi è allora questo Dio? Non è forse lo stesso Essere massacrato e stuprato da Feuerbach al fine di ri-attivare l’energia materiale dell’Uomo? Non è forse il Dio che è morto - Gott ist to! – così come trascriveva ‘follemente' Nietzsche nella sua ‘Die fröhliche Wissenschaft’? Ma questo Dio, ancora, il Dio dei filosofi, cosa ha a che fare con il Dio della fede cristiana?
I destini della filosofia e della matematica si toccano nel momento in cui si fa presente l’interesse verso una certezza incondizionata ed assoluta, nel campo della vita e del sapere. Sondare il terreno del divino è divenuto possibile.
E se, per dirla con Aristotele, è la meraviglia che spinge l’Uomo a conoscere, nella ricerca di un principio primo c’è in gioco la forza e la pretesa di un pensiero dilatato e irrefrenabile, orgoglioso della sua finita ambizione.
Vista da questa prospettiva, il Dio cercato dai filosofi, il Dio dei filosofi, è espresso nei termini di “fondamento”, “causa”, “origine”. E’ un Dio (lo si può chiamare convenzionalmente anche “X” o “Φ”) “principio”, “primo termine a partire dal quale una cosa o è, o è generata, o è conosciuta” (Aristotele, Metafisica).
Così, da un punto di vista squisitamente razionale, le prove riguardanti l’esistenza di Dio hanno una storia imponente: su di esse si sono affrancate le più grandi menti dell’umanità. Tra queste il teologo contemporaneo Hans Küng, icona di una Chiesa non clericale ed autore di un long seller avente come titolo una domanda a dir poco banale: “Dio esiste?”
Nella ricerca di un principio fondante, bisogna essere consapevoli della separabilità tra spazio della ragione e spazio della credenza. Provare l’esistenza di Dio non significa credere in Dio. Il Dio “causa prima”, un Essere che causa tutto ma non è a sua volta causato in quanto “origine”, non è il Dio [dell']Amore (agápē o caritas). Non è il Dio del “Pater Noster” proposto dalla fede cristiana. Solo attraverso la ragione è possibile pensare e di-mostrare un punto iniziale, una “ragione” che regge, una spiegazione ultima cui la ragione stessa tende per sua natura. Chiamarlo Dio, ripeto, non ha poi molta importanza.
E la fede? Anche essa di per sé ricerca un appoggiarsi, un af-fidarsi. Ma ciò che qui si fa palese ed interessa è distinguere un “Essere” che la ragione, l’Uomo, teoricamente ri-cerca e un Dio fedelmente cristiano, il Dio Trino della preghiera pratica, Padre, Figlio e Spirito Santo.
D’altronde (riprendendo Agostino di Ippona) un Dio, quello della religione, dimostrabile che razza di Dio è?
Danilo Serra – Agenzia Stampa Italia