
Il film come si apre così si chiude: con dei bambini di colore dell’Africa che corrono. Questa scena ci fa capire l’importanza che hanno le future generazioni e di come però bisogna provvedere ad educarli. La storia si gioca su due fronti quello africano, dove un dottore leale e profondo cerca di fare il suo meglio per questo terzo mondo e quello danese, dove un ragazzino problematico, Cristian, rimasto orfano della madre si trasferisce da Londra in Danimarca. Qui incontra il debole e preso in giro Jessie, di origini svedesi. I due incominceranno una pericolosa amicizia nella quale Cristian cercherà di indottrinare Jessie alla violenza perché altrimenti non si ottiene rispetto. Ma il padre medico di Jessie, nonostante i suoi tormenti per aver rovinato il suo matrimonio, cercherà di fargli capire che violenza porta sola violenza e che è lo strumento degli idioti. Non sarà facile, ma la regista Susanne Bier, grazie alle suggestive immagini e alla ben strutturata trama riesce a far coinvolgere lo spettatore addirittura commovendolo. Una grande prova di cinema e seppur qualche scena forte, che potrebbe destare perplessità, il valore umano e sociale non ne risente, ma anzi si cerca di dare risposte alle domande che i due bravissimi protagonisti si pongono. Un mondo migliore è possibile? Haeven prova a dire la sua convincendo.
Voto: 9
Daniele Corvi - Agenzia Stampa Italia