(ASI) Padova – E’ possibile inquadrare, intrecciando geografia, critica letteraria, narratologia, l’opera dello scrittore asiaghese Mario Rigoni Stern? Sì, e ci ha provato egregiamente Sara Luchetta, autrice per le Edizioni Mimesis, dell’opera Dalla Baita al Ciliegio. La montagna nella narrativa di Mario Rigoni Stern, un volume pubblicato grazie al contributo del Club Alpino Italiano, della Fondazione Giovanni Angelini e del Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità dell’Università degli Studi di Padova.
Non si tratta di un’opera semplicissima, al contrario, per affrontarne la lettura è necessaria una conoscenza preliminare dell’opera dello scrittore, nonché dei suoi possibili intrecci con il mondo delle terre alte. In primis, l’autrice si interroga sul ruolo della natura nella predetta opera. I luoghi, difatti, in Rigoni Stern divengono “non ufficiali della parola, sommersi (…) da cui lo scrittore ricava uno spazio per fare piccole riflessioni, prima di entrare nel vivo del testo”. Un utilizzo del luogo esegetico, riflessivo, sulle tematiche che ne stanno al centro.
Dai luoghi, l’autrice traccia un quadro dei tempi utilizzati dallo scrittore, quelli vissuti e quelli raccontati, individuando una scrittura di tipo cronotopica, nella quale tempo e spazio dialogano, costruendo assieme una storia. Dall’analisi della ricercatrice, apprendiamo che i nomi dei toponimi afferenti all’Altipiano di Asiago, sono sempre presenti nelle narrazioni ad esso dedicate, semplicemente perché l’acrocoro è esso stesso un personaggio protagonista delle opere. Una letteratura quindi, non solo geografica, ma umana e spaziale, che trova fondamento nella terra natale. Tuttavia, non esiste solo questo tempo per orientarsi nello spazio dell’opera di Rigoni Stern, bensì, come osserva Luchetta, anche quello “solare, o astronomico, il tempo ciclico che scandisce le giornate e le stagioni”. Pensiamo ad esempio alle Stagioni, oppure alle montagne e al tempo che trascorre legato ad esse, segno e traccia indelebile della civiltà contadina e di un mondo che osservava attentamente la posizione del sole.
Oltre al senso del tempo dettato dalla ciclicità stagionale, esiste in Rigoni Stern anche quello evidenziato dalla storia, una “frattura nello spazio”, come quello inerente agli eventi della Grande Guerra nell’Altipiano, che porta ad un nuovo modo di concepirlo, generando nelle popolazioni un disorientamento futuro.
Un altro tassello scolpito nell’opera dell’autore, è quello del ritorno, mirante alla ricostruzione di un passato interrotto. A partire dal Sergente nella neve, opera nella quale, tutta la seconda parte è incentrata sul ritorno (a baita) alla terra natale, viene segnato un legame esistenziale con un luogo, che è la casa, intesa o come ritorno postbellico, o come focolare domestico, quest’ultimo sognato dall’emigrante, conferendo così all’atto stesso, significati differenti, di arrivo e di partenza.
Rigoni Stern, intrecciando presente e passato, crea “ponti fra luoghi anche molto distanti”, richiamando, secondo l’autrice, la “principale vocazione della mobilità alpina”: quello degli scambi, commistioni, intrecci.
Tracciando un quadro dei personaggi protagonisti delle opere, Luchetta spiega come essi siano privi, spesso, di sviluppo caratteriale e di approfondimento psicologico. Questo vuoto narrativo, non è frutto del caso, ma di una precisa volontà di lasciare al lettore la costruzione di altri significati. I tre libri dell’Altipiano, infatti, raccontano le storie e anche le esistenze di un progetto che potrebbe essere collettivo, per un’umanità senza confini. Esso ci guida e ci rapporta di fronte agli spazi, spiegandoli e dispiegandoli. Possiamo dire quindi, che la letteratura di Mario Rigoni Stern abbia avuto carattere universale, corale, in cui spesso l’uso del singolare e del plurale (nella scelta stilistica) si confondono, richiamando un’umanità intera, partecipe delle vicende di un singolo divenuto molteplicità. Il proprio vissuto diventa l’esperienza di molti, essendo la vocazione di Rigoni Stern corale e collettiva, rivolta sempre alla massima contemplazione del paesaggio. Nelle ultime righe del saggio, viene esplicato il concetto richiamato spesso da Giuseppe Mendicino, il biografo ufficiale di Mario Rigoni Stern, della responsabilità: il sopravvissuto diviene il portavoce di chi non ha più la voce per raccontare e per esprimere gli orrori veduti, affinché non si ripetano mai più.
La montagna, chiave di lettura dell’opera, ci chiede di riflettere su: tempo presente e pssato, paesaggio, storia. Mario Rigoni Stern scrittore epico? Con ogni probabilità, la risposta è affermativa.
Dalla Baita al Ciliegio
La Montagna nella narrativa di Mario Rigoni Stern
Edizioni Mimesis, Kosmos
Pagine 142, Euro 14,00
Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia