(ASI) Le piogge torrenziali cadute tra Toscana ed Emilia Romagna nelle scorse settimane, e le conseguenti frane e smottamenti, hanno fatto riemergere dal passato a Palazzuolo, un comune di poco più di mille abitanti nell'Appennino tosco-romagnolo, una discarica: 60.000 tonnellate rifiuti di ogni tipo risalenti a più di cinquant'anni fa sono finiti nel letto e sulle rive di un torrente, il Rovigo, e trasportati più a valle dall'acqua.
La discarica, risalente al 1971, non era neppure indicata nell'elenco delle discariche curato dall'Azienda Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (ARPAT) ed è il risultato di un accordo tra la città di Firenze, che aveva dei problemi con la gestione dei rifiuti, con l'amministrazione di Palazzuolo: in cambio di uno spazio in cui depositare una parte dei rifiuti versò al Comune 4 milioni e mezzo di lire e donò un autocompattatore per la raccolta dei rifiuti e due mezzi più piccoli, ed inoltre promise di versare ulteriori 2 milioni di lire al mese per la durata dell'uso della discarica.
Si parla impropriamente di discarica perché all'epoca non vi era nessuna normativa riguardo allo smaltimento della spazzatura, la realtà è che era un accumulo di rifiuti, senza isolamento del suolo o copertura per evitare contaminazioni, e questo accumulo ora è franato nel torrente Rovigo con il rischio di contaminazione delle sue acque e di quelle del Santerno e poi del Reno di cui è affluente.
La risposta di HERA, l'azienda multiservizi che opera attualmente nel territorio, è stata quella di far installare due reti per trattenere i rifiuti poco più a valle della frana, una misura assolutamente inadeguata ed insufficiente anche a fronte dell'enorme numero di rifiuti che sono finiti attorno al letto del torrente.
L'amministrazione ha impedito ai volontari di procedere al recupero dei rifiuti a mano, unico modo per procedere su terreni scoscesi e impervi, dove è difficile intervenire con delle macchine.
Il disastro ambientale è dunque evidente ma si continua a minimizzare e procedere con lentezza, come nel caso di alcuni interventi con gli scavatori effettuati a piede della discarica cercando di contenere ma con ritardi mostruosi.Tutto ciò nonostante, nell'interrogazione che il deputato del Partito Comunista Italiano Vespignani, fece nel 1971 e che di fatto bloccò lo sversamento di ulteriori rifiuti, si parla di quattro diversi spazi individuati per la dispersione dei rifiuti.
Da parte dell'amministrazione di Fiorenzuola, comune maggiormente interessato dalla dispersione dei rifiuti, continuano silenzio ed inazione, dopo 26 giorni dal disastro nessuna ditta specializzata ha operato per la bonifica delle acque del Rovigosi. Serve che si proceda con maggiore chiarezza e rapidità, permettendo anche ai volontari esperti di intervenire per aiutare nella raccolta manuale prima che la contaminazione divenga irreversibile" Così in una nota, Elena Mazzoni,: Responsabile Nazionale Ambiente di Rifondazione Comunista.