(ASI) Lettera in redazione. La fabbrica dei sogni italiana, la Hollywood sul Tevere, vedrà cambiamenti profondi a seguito dell’approvazione della Manovra Finanziaria avvenuta lo scorso 30 giugno.
La scure della manovra non risparmia neanche l’arte di fare cinema; in un solo anno i finanziamenti erogati a Cinecittà dal Fondo unico per lo spettacolo (FUS) sono passati dai 17,2 milioni de 2012 ai 7,5 di quest’anno, riducendosi praticamente al lumicino. Il Problema maggiore si riscontra nei 1200 addetti ai lavoro che momentaneamente si trovano disoccupati, ma già è stato deciso che la metà di loro verranno trasferiti al Ministero dei Beni Culturali. Il cambiamento di Cinecittà Luce è dato dalla presenza di un numero di dipendenti troppo elevato, costi di gestione elevatissimi e il fardello dei debiti passati, che non avrebbero più permesso di consentire al meglio i programmi previsti. Cinecittà sta pagando le conseguenze del periodo di crisi che l’Italia sta affrontando da un po’ di tempo a questa parte. E’ giusto che la più grande Azienda produttiva di intrattenimento cinematografico dello Stivale d’Europa debba chiudere il settorew produzione? Non sarebbe stato meglio tagliare i fondi in altri settori? O gestire al meglio questi ultimi evitando i soliti sprechi? Il FUS. Fondo Unico per lo Spettacolo, per vari anni è stato uno scialacquatore di soldi pubblici che vero e proprio oggetto di produzione culturale a tutto tondo. Invece di realizzare “produzioni di qualità”, cercando di apporre ai progetti da realizzare il famigerato sigillo “di interessa nazionale”. Risultato: solo i più noti avevano finanziamenti, solo i presunti produttori artistici dagli immensi valori attingevano alla grande vacca da mungere. E tutti gli altri registi? Le produzioni più smaccatamente commerciali che avrebbero fatto bene all’economia del cinema? 74 anni di attività, grandi registri passati per i suoi teatri di prosa, 90 film realizzati lì hanno avuto candidature all’Oscar, ben 47 hanno vinto la statuetta. Scorsese,De Laurentiis, Coppola, Fellini ci hanno posato le mani. Valeva davvero la pena di chiudere? Al posto degli Studios, dovranno sorgere ristoranti, alberghi, resort e parchi a tema. Una specie di luna park di cui solo i palazzinari sentono il bisogno. Cinecittà è un laboratorio eccezionale di arti e mestieri poco conosciuti che trasformano una sceneggiatura in un film. Vi lavorano 400 dipendenti di 3 società, 6.000 tra registi, attori e maestranze specializzate; l’indotto conta 10.000 piccole e medie imprese artigianali che occupano fino a 100.000 posti di lavoro. Cinecittà è dunque un’importante settore occupazionale e industriale di Roma e non può diventare terreno di nuove speculazioni edilizie e finanziarie. Questa città non ha bisogno di nuovi centri commerciali in quartieri già congestionati da queste iperstrutture. Roma ha bisogno di un’industria cinematografica forte, di investimenti veri e di un piano industriale serio che ne rilancino lo sviluppo e ne potenzino la capacità produttiva ed occupazionale, che ne conservino l’immenso e storico patrimonio audiovisivo. Per queste ragioni chiedo, anche a nome della Federazione Regionale Creativi e Spettacolo del Sindacato Italiano – Confederazione Europea del Lavoro (SI-CEL), al Governo e a tutte le forze politiche ed istituzionali di adoperarsi affinché uno dei più belli e importanti simboli di Roma e dell’Italia rimanga vivo, nessuna speculazione edilizia ne deve compromettere la sua vocazione originaria di industria produttiva. Perché il Cinema, l’Arte, la Cultura e i Sogni continuino a vivere a Cinecittà e a Roma.
Gisella Peana
Segretario Regionale Lazio della Federazione Creativi e Spettacolo del Sindacato Italiano – Confederazione Europea del Lavoro
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