(ASI) Dalla fame al riscaldamento globale, dalle malattie all’uso sostenibile delle risorse. L’addio al consumo di carne, secondo molti autorevoli studiosi, è la chiave di volta per risolvere molte delle situazioni emergenziali del pianeta. Anche il direttore scientifico dell’ENPA, Ilaria Ferri, è intervenuta sull’argomento in occasione del “Meatout Day”, la giornata internazionale dedicata al “no alla carne”, che celebrata il 20 marzo in molti Paesi.
“Solo il 20% della popolazione mondiale, spiega Ferri, ha regolare accesso alle risorse alimentari mentre il 26% della superficie terrestre è letteralmente invaso dagli allevamenti, ai quali è imputabile l’emissione del 18% dei gas serra, la distruzione di milioni di ettari di foreste e la perdita di biodiversità, nonché la produzione annua di 1.050 miliardi di tonnellate di deiezioni”.
I dati sulle risorse impiegate per mantenere gli allevamenti giustificano, secondo molti vegetariani, una riflessione approfondita sugli stili di vita e di produzione. Dati forniti dalla FAO, dicono che per produrre un chilo di carne occorrono più di 16 chili di foraggi e circa quindicimila litri di acqua, mentre, per ottenere la stessa quantità di grano, bastano appena duemila litri di acqua. In altri termini, commenta Ferri, se le risorse necessarie alla produzione di carne fossero investite per l’agricoltura, “probabilmente la fame sarebbe solo un ricordo”.
Dire di no alla carne inoltre prolunga la vita e ne migliora la qualità. Lo dice una ricerca inglese durata 12 anni, che ha interessato un campione di oltre sessantamila persone ed è stata pubblicata sul British Journal of Cancer. La conclusione dello studio è che chi non mangia carne ha meno probabilità di ammalarsi di tumore. I vegetariani, rispetto a chi mangia carne, hanno il 45% di probabilità in meno di sviluppare il cancro del sangue (leucemia e altri tipi) e il 12% di probabilità in meno di manifestare un qualsiasi tipo di tumore. Chi consuma molta carne – due volte al giorno, per esempio (un panino col prosciutto a pranzo e una bistecca a cena) – vede aumentare del 35% il rischio di ammalarsi di cancro all’intestino.
Lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista medica inglese, conferma peraltro molte altre ricerche precedenti che già avevano dimostrato l’esistenza di una stretta correlazione tra un regime alimentare a forte contenuto di grassi saturi di origine animale e molte patologie, tra cui il cancro. Come sottolinea il direttore scientifico dell’ENPA, vegetariani e vegani (che non mangiano neppure uova, latticini ed altri prodotti di qualsiasi genere la cui realizzazione implichi lo sfruttamento diretto di animali) non solo non vengono colpiti dai tumori dell’apparato digerente, ma sono meno soggetti anche ad altre alle malattie come diabete, trombosi, osteoporosi, artrite, malattie renali, obesità e ipertensione. “La dieta vegetariana e vegana, conclude Ferri, contribuisce inoltre “a mantenere pulite le nostre coronarie e, di conseguenza, a prevenire il 97% delle cardiopatie”.
Daniele Orlandi - Agenzia Stampa Italia