Non è ammissibile che si metta di nuovo in discussione l’interruzione volontaria di gravidanza, regolamentata e garantita dal 1978 dalla Legge 194, che tutela la donna da aborti clandestini.
Suona anacronistico e violento parlare di condanna alle donne che operano tale scelta, soprattutto se non si affrontano adeguatamente i temi della contraccezione e della sessualità consapevole. Con la 194, le donne vedono riconosciuto il proprio diritto ad un’informazione corretta sulle modalità contraccettive e sulle tecniche più innovative e meno invasive per l’interruzione volontaria di gravidanza, come la pillola RU486.
"Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.”
Riteniamo sufficiente citare questo primo articolo della legge per sottolineare la tutela della vita della donna, continuamente messa in discussione dalla Chiesa che non vuol sentir parlare di contraccezione e che, per di più, vieta ai giornalisti di tutte le emittenti televisive e radiofoniche italiane, di nominare la parola “preservativo” durante la giornata mondiale della lotta contro l’AIDS!
È altresì illegittimo mettere in discussione l’aspetto giuridico della Legge 194/78, in particolare da parte di chi si dice vicino alla vita. Tanto più lo è mettere indirettamente in discussione la validità del comitato tecnico-scientifico (nominato dalla Regione Umbria e acquisito ufficialmente tramite due delibere di Giunta) rispetto al parere favorevole al Day Hospital per la somministrazione della pillola RU486. Tale parere non è forse il frutto della scienza medica? O si prende in considerazione solo il parere dei tecnici di parte che più fanno comodo?
Infine, riteniamo vergognoso, falso ed ipocrita il tentativo dei cosiddetti movimenti "per la vita" di barattare con soldi i primi mesi di vita del neonato. Che vita si tutela in questo modo? È la negazione della dignità della donna, della sua autonomia ed indipendenza: i motivi che inducono una donna ad abortire non sono semplicemente di ordine economico, ma attengono alla sua specifica vita affettiva, sociale, relazionale.
Pretendiamo che la politica, in questa Regione (governata da una donna!), prenda atto delle responsabilità cui è chiamata a rispondere dalla Legge 194/78, e che prenda definitivamente le distanze da quelle posizioni medievali, sessiste ed indegne, tipiche del peggiore fondamentalismo cattolico.
Tali posizioni non fanno altro che ledere il diritto delle donne di operare libere scelte sulla gestione del proprio corpo e di una eventuale maternità.
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LE DE'GENERE
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