di Fortunato Vinci
(ASI) Assolti con formula piena “per non aver commesso il fatto”. I giudici della Corte d’Assise d’appello di Perugia, presieduta da Claudio Pratillo Hellman, dopo 10 ore di camera di consiglio, hanno emesso la sentenza di assoluzione nei confronti di Amanda Knox, americana di Seattle, di 27 anni e di Raffaele Sollecito di 29 anni di Giovinazzo (Bari) accusati dell’assassinio della studentessa inglese Meredith Kercher.
La Corte ha completamente rovesciato la sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Perugia che due anni fa aveva condannato Amanda ed il suo “fidanzato” Raffaele per omicidio e violenza sessuale rispettivamente a 26 e 25 anni. E’ stata condannata solo Amanda, a tre anni di carcere e 22 mila euro di multa, per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, un ragazzo straniero accusato ingiustamente dalla ragazza americana subito dopo il delitto e fatto arrestare come responsabile dell’omicidio. Non ha retto ed è crollato miseramente davanti al vaglio dei giudici (otto, di cui due togati e sei popolari) l’impianto accusatorio, “il gigantesco quadro indiziario”, come è stato definito, sostenuto dall’accusa con il sostituto procuratore generale Giancarlo Costagliola ed i pm Manuela Comodi e Giuliano Mignini. Evidentemente hanno pesato di più, ed in maniera determinante, i dubbi manifestati, durante il dibattimento, dai periti nominati dalla Corte, Carla Vecchiotti e Stefano Conti dell’Università “La Sapienza” di Roma, sulla validità delle prove del Dna raccolte dalla polizia scientifica. Ma non sono state da meno, in questo processo indiziario, quelle testimonianze, in parte attendibili ed in parte lacunose ed incerte, un po’ sgangherate, rese prima ai giornali, a cronisti improvvisatisi detective, e poi agli inquirenti. Non solo, a posteriori, si può anche dire che abbia influito - ovvio, in negativo - la richiesta dell’ergastolo, in conclusione della requisitoria della pubblica accusa. Un errore tattico grave, come a voler infierire su due ragazzi, giovani ed incensurati. Può essere sembrata una reazione eccessiva, e del tutto spropositata, alle critiche mosse negli Stati Uniti ed altrove sullo svolgimento delle indagini e sulla raccolta delle prove. L’appello ai giudici, fatto da Mignini “ a salvare l’onore di questo Stato che è sovrano” può essere sembrata una richiesta del tutto impropria ed inopportuna, almeno in quella sede.
D’altronde anche i giudici di primo grado, che pure li avevano condannati, come già detto a 26 e 25 anni, nelle 427 pagine della sentenza, avevano riconosciuto che la partecipazione al delitto era avvenuta per caso ed il movente di “natura erotico violenta”. “I fatti risultano - c’è scritto nelle motivazioni - essere stati realizzati in forza di contingenze meramente casuali…senza alcuna animosità o sentimento rancoroso contro la vittima, che in qualche modo possano essere visti quale preparazione-predisposizione al crimine”. La richiesta del carcere a vita deve essere sembrata ai giudici d’appello del tutto esagerata, avulsa dall’impianto accusatorio e non giustificata dalle risultanze dei due processi.
L’unico responsabile dell’omicidio è rimasto così solo l’ivoriano Rudy Hermann Guede, di 27 anni che ha optato per il rito abbreviato ed ha già subìto il processo d’appello e la condanna definitiva a 16 anni, confermata dalla Cassazione.
Meredith Kercher, studentessa inglese, venne colpita con un coltello da cucina che le provocò due profonde ferite alla gola, e morì dissanguata, sul letto, seminuda, nella notte del primo novembre del 2007 nell’appartamento di Via della Pergola a Perugia. La diligente studentessa inglese, era in Umbria perché iscritta all’Università di Perugia, nell’ambito del progetto “Erasmus”.
Quella notte, in quell’appartamento, a due passi da palazzo Gallenga, sede dell’Università per Stranieri, in una stanza non c’erano, come avevano sostenuto i giudici di primo grado, Amanda e Raffaele, fidanzati da qualche giorno, a scambiarsi effusioni e tenerezze, e nella stanza attigua Meredith e Guede, che cercava un approccio violento a sfondo sessuale. Amanda e Raffaele, non erano in quella abitazione, ma a casa di Sollecito come avevano sempre sostenuto i due imputati e le arringhe appassionanti dei loro difensori, gli avvocati Giulia Bongiorno, Donatella Donati e Luca Maori per Raffaele Sollecito; Carlo dalla Vedova e Luciano Ghirga per Amanda Knox.
Il delitto, così come il processo, di primo e secondo grado, hanno suscitato un interesse straordinario ed eccezionale su tutti i mezzi di comunicazione di mezzo mondo. Mai visti tanti giornalisti (450 quelli accreditati) e tante emittenti trasmettere in diretta, in tutte le ore, i particolari dell’omicidio, durante le lunghe e tormentate indagini e, poi, le principali fasi dei due processi.
Sulla storia, con alcuni aspetti morbosi, sono stati già scritti dei libri e girato un film. Non sono mancate, da parte degli innocentisti americani aspre polemiche e critiche feroci per come furono condotte le indagini dalla polizia e dai pm. Così come non sono mancate le proteste di un gruppo di curiosi in piazza Matteotti a Perugia dopo la lettura della sentenza, al grido di “vergogna,vergogna”.
Ora ci sarà l’ultimo atto, il ricorso in Cassazione, che - è scontato - verrà presentato dalla procura generale e non è affatto da escludere che anche l’avvocato di Guede, Walter Biscotti, possa chiedere alla Cassazione la revisione della sentenza di condanna nella quale c’è scritto che l’ivoriano ha commesso il delitto in concorso con altre due persone, ora, evidentemente, bisogna assicurare alla giustizia gli altri due assassini che non sono, come si pensava prima, Amanda e Raffaele. E, possibilmente, senza aggiungere fantasiosi commenti per danneggiare ancora di più Perugia e l’Umbria, come è stato fatto a “Porta a Porta” quando uno degli ospiti di Vespa ha detto che ora a Perugia camminano, liberi, due assassini. E si è dimenticato di aggiungere, con il rischio concreto di incontrarli su Corso Vannucci o sul pianerottolo di casa.
Amanda, intanto, appena riavrà il passaporto, scaduto, potrà volare subito negli Stati Uniti a smaltire, tra i boschi della sua lussuosa dimora, il trauma di quasi quattro anni di reclusione, trascorsi nel carcere di Capanne alle porte di Perugia, mentre Raffaele potrà tornare subito a Giovinazzo in Puglia e completare i suoi studi in ingegneria.
Nell’ultima udienza, qualche minuto prima della camera di consiglio, Amanda Knox, commossa ed in lacrime, aveva detto:”Non sono quella che loro dicono, non ho ucciso, non ho violentato, sono innocente, voglio tornare a casa”. Lo stesso aveva fatto Raffaele Sollecito: “Non ho mai fatto male a nessuno, mai.”. Per i giudici d’appello, hanno detto la verità.
Alle critiche sulla decisione della Corte d’appello è intervenuto, con una breve intervista alla Rai, il presidente Claudio Petrillo Hellman ed ha detto che la sentenza è la “verità processuale, quella reale può essere del tutto diversa, ma noi, sulla base delle carte, non potevamo che prendere la decisione che abbiamo preso, io mi sento con la coscienza a posto, sarebbe stato diverso se li avessimo condannati. Chi critica e protesta lo fa senza aver visto e letto gli atti processuali”.