(ASI) Don Giovanni Silvagni, vicario della Curia bolognese, interviene perentoriamente nel dibattito sulle esenzioni Ici per gli immobili della Chiesa, "pretestuoso" e fondato su "notizie false".
Il prelato risponde così al primo cittadino della città di cui don Silvagni è vicario, ossia al sindaco di Bologna Virginio Merola, il quale aveva chiesto a gran voce un contributo Ici della Chiesa sui propri immobili commerciali; ma risponde indirettamente anche ai Radicali e ai tanti cittadini comuni - che sul web hanno amplificato la loro istanza - i quali premono in questa direzione per alimentare una ormai consueta campagna anti-clericale.
Un conto, sottolinea don Silvagni, è il Vaticano, la Santa sede, con cui i rapporti vanno regolati con un trattato internazionale. Diversa è la Chiesa cattolica italiana, che "è soggetta all'ordinamento giuridico dello Stato italiano". E dunque, manda a dire don Silvagni, "tutti gli immobili di proprietà della Chiesa già pagano l'Ici, l'Ires, l'Iva e tutte le altre tasse quando svolgono attività commerciali". Dunque, bacchetta il vicario della Chiesa di Bologna, "mi stupisce che venga considerata auspicabile una cosa che già avviene". L'esempio è dei più classici. "Se una parrocchia ha una scuola o un appartamento che dà in affitto - spiega il vicario della Chiesa di Bologna - paga l'Ici come qualunque altro proprietario". Per la casa del parroco, la chiesa, gli oratori o le aule del catechismo, invece, vale l'esenzione, perché "lo Stato in certi ambiti riconosce il valore sociale della Chiesa, al pari di altre istituzioni. Tutti i beni legati alle attività di culto e alle funzioni sociali della Chiesa hanno delle agevolazioni".
Don Silvagni interpreta questa polemica come l'ennesimo tentativo di screditare l'istituzione ecclesiastica: "Chi vede come fumo negli occhi la presenza della Chiesa - sostiene il vicario della Curia di Bologna - userà questa strategia e questi strumenti per metterla in ginocchio. Mi pare che dietro le quinte si veda questa intenzione".