(ASI) Un colloquio di lavoro, il primo appuntamento con lei o con lui, un importante esame universitario. Sono solo tre - tra i più banali - di tanti validi, intimi motivi di agitazione per le persone che quotidianamente affollano i marciapiedi delle città.
Intimità che, se oggi resta imperscrutabile dall’esterno, rischia un domani di venir violata, bollata con il marchio infamante dell’anormalità e per questo meritevole di esser controllata e approfondita dai custodi dell’ordine pubblico.
Non si tratta di uno slancio di fantasia di un novello Orwell o Bradbury, bensì della realtà che ci prospetta il mondo che verrà, là dove non saremo neanche più liberi di passeggiare per le strade con le pulsazioni cardiache un po’ accelerate. O almeno, non senza essere individuati, osservati con sospetto ed in ultimo segnalati alle autorità di polizia da spie meccaniche già oggi ampiamente disseminate lungo le vie delle città. Il salto di qualità che le telecamere di sorveglianza si apprestano ad eseguire è sostanziale: la loro funzione di mero registratore di immagini sarà presto un obsoleto ricordo che lascerà il posto a nuove e più tecnologiche attività, come la capacità di distinguere frequenza cardiaca e calore corporeo, nonché di farlo con precisa circoscrizione, individuando elementi da considerare pericolosi tra la folla di uno stadio, di un aeroporto, di una piazza gremita.
Questa capacità da parte delle telecamere di sorveglianza di penetrare la nostra anima sino a denunciare l’eventuale attività più o meno impetuosa del nostro cuore è una tecnologia sviluppata in quella che chiamano “l’unica democrazia nel Medio Oriente”, ossia in Israele. Data tuttavia la sua carica innovativa, ha già varcato i confini israeliani, è stata testata in alcuni aeroporti americani e, notizia relativamente recente, anche l’Europa ha deciso di farci affidamento. Il nome attribuito a questo sistema di telecamere invadenti è Adabts, sigla di “Automatic detection of abnormal behaviour and threats in crode place”, che significa “rilevamento automatico di comportamenti anormali e minacce negli spazi affollati”. L’Unione europea sta finanziando il progetto, partito nel 2009 e di durata quinquennale, con la cospicua cifra di 4,8 milioni di euro. Università, aziende militari, agenzie di sicurezza di alcuni Stati europei (Svezia, Gran Bretagna, Olanda, Norvegia e Bulgaria) sono le strutture che lo stanno portando avanti con lo scopo di poterlo presto diffondere a macchia d’olio.
Qualcosa di simile venne elaborato nel 2005 dall’italiana Elsag, società di Finmeccanica; qualcosa che però non era ancora in grado di introdursi nel nostro intimo, in quanto si limitava soltanto a segnalare movimenti sospetti registrati dalle telecamere: modo di camminare agitato, gesticolazioni, raggruppamenti, tappe frequenti in luoghi come bar o - destando preoccupazione in quanti soffrono di acuta incontinenza urinaria - bagni pubblici. Dal 2005 ad oggi le telecamere hanno mosso passi da gigante, grazie al contributo di un’azienda come l’israeliana Wecu (sigla dall’indicativo e angosciante nome “we see you”: ti stiamo guardando), impegnata a testare le sue innovazioni nei check-point sionisti in Cisgiordania e capace di ottenere ingenti finanziamenti dalle autorità aeroportuali americane. Dai check-point nei territori occupati a cui sono sottoposti ogni giorno tanti palestinesi alle strade d’Europa il passo sembra esser dunque molto breve. Invero, a proposito di queste nuove frontiere della tecnologia anticrimine, il commissario Gerry Murray, della PNSI, interpellato mesi fa dal quotidiano inglese Telegraph, ha salutato con interesse e soddisfazione l’ausilio che certe “telecamere intelligenti” potrebbero offrire alle forze di polizia europee: “Gran parte del progetto è (al momento) molto accademico e scientifico. I nostri budget si stanno riducendo, le nostre risorse umane anche e stiamo cercando tecnologie informatiche che ci aiuteranno nei prossimi cinque anni a ridurre il crimine e combattere le gang criminali”. Da segnalare nell’Unione europea la presenza di un ente, attualmente ancora poco conosciuto sebbene con il Trattato di Lisbona abbia acquisito più poteri, che potrebbe far uso di questi sistemi all’avanguardia per perseguire il suo scopo: la schedatura dei cittadini. Si tratta del moderno corrispettivo europeo della tanto vituperata Ceka sovietica e dell’americana Cia, si chiama Joint Situation Centre (SitCen), che si sostiene essere a tutti gli effetti l’inizio di un tentacolare servizio segreto dell’Ue.
Insomma, scrutando questa prospettiva tecnologica secondo la quale saremo ridotti ad automi cui sarà proibito persino provare emozioni, il quadro che il futuro ci propone è piuttosto delineato: democrazie svuotate che ricorrono sempre più alle sinistre potenzialità del Grande Fratello. Ma lo fanno per la nostra sicurezza, si intende!