(ASI) Cona (Pd) – Sono partiti in più di 240, martedì 14 novembre, dall’ex base militare di Conetta, che da più di due anni li ospitava. Volevano marciare verso Venezia per incontrare il Prefetto e rivendicare i loro diritti di esseri umani, spesso dimenticati, non considerati, privati della libertà umana e giuridica.
Infatti, dopo più di due anni non sono ancora in possesso di documenti identificativi, non comprendono l’italiano, non svolgono alcun tipo di attività. Avevano trascorso la notte a Codevigo, ospitati presso la chiesa, rifocillati dalla Caritas e dai volontari del gruppo Sagra, che non sono rimasti indifferenti verso quell’umanità “silenziosa” che gridava angoscia e dolore, impotente nei confronti di quell’avverso destino, che ha sconvolto la loro breve vita.
Il mattino dopo erano ripartiti, sfidando la stanchezza e il dolore causato dalla morte di un compagno, falciato da un’auto, mentre cercava di raggiungere con la bicicletta gli altri. La maggioranza si muoveva a piedi. Le poche biciclette erano state caricate con borsoni, pacchi, coperte, piumoni, tutto ciò che è stato reperito con difficoltà e che avrebbe dovuto rendere più agibile il viaggio.
La marcia della dignità, così viene denominata la nuova “Selma” del ventunesimo secolo. Il cammino viene interrotto bruscamente dall’arrivo dei mezzi di Polizia e Carabinieri, che chiudono la strada. I ragazzi si siedono lungo l0argine e formando una grande barriera, non intendono muoversi. Infine arriva il Prefetto, che comunica loro l’impossibilità di proseguire, per ovvie ragioni di sicurezza e la certezza che non c’è altra soluzione se non quella di ritornare dal luogo di provenienza.
La tensione sale e con essa arriva il buio e il freddo. Ma come un meraviglioso dono proveniente dal cielo, giunge tempestiva la telefonata del Patriarca di Venezia Moraglia: i migranti saranno da lui accolti, possono perciò riprendere il loro faticoso cammino. I ragazzi esultano, ridono, poiché hanno ottenuto una piccola vittoria, non tanto grazie alle inefficaci leggi che regolano questo spinoso problema, ma alla solidarietà umana presente in tante persone, appartenente alle istituzioni e non, che si battono costantemente preché vengano rispettati i principali diritti di ogni individuo.
Oggi la vittoria è ancora maggiore perché questi ragazzi sono stati ascoltati, fatti salire su due pullman granturismo e smistati in tutte le province del Veneto. Non torneranno più a Cona, anche se nell’ex base missilistica ne sono rimasti 880 in attesa di una sistemazione adeguata. Anche per loro.
Valentino Quintana – Agenzia Stampa Italia