(ASI) Le percentuali sullo stato in cui versa il mercato del lavoro non raccontano tutto.
Ne è convinta la CGIL secondo la quale alcune rilevazioni diffuse recentemente dall’Istat (Rilevazione sulle forze di lavoro - media 2010), e relative alla situazione occupazionale registrata lo scorso anno, “restituiscono una versione più realistica sull’andamento del nostro paese e su come ha pesantemente inciso la crisi, anche in termini di scarsa crescita economica e crollo dei consumi”. Eppure, sostiene il sindacato rilanciando le ragioni dello sciopero generale del 6 maggio, “manca ancora un tassello, ovvero la platea di lavoratori in cassa integrazione”.
L’istituto di statistica ha infatti reso nota la cifra di un esercito di scoraggiati pari a 1,5 milioni di italiani che sarebbero disponibili a lavorare ma non cercano attivamente lavoro perché convinti di non trovarlo. Un numero che andrebbe sommato ai 2,1 milioni di disoccupati ufficiali. Nel complesso, come certifica l’Istat, coloro che si percepiscono in cerca di occupazione sono 4.397.000. Una platea fatta di disoccupati e scoraggiati che, attraverso una elaborazione dell’Osservatorio Cig della CGIL Nazionale, “porta il dato di disoccupazione relativo al 2010, pari all’8,42%, al 16,55%”. Inoltre, considerando i cassintegrati a zero ore registrati lo scorso anno, pari a oltre 576 mila persone, secondo l’Osservatorio della CGIL “si determina una percentuale complessiva di disoccupazione e inattività del 18,32%”.
Per la CGIL “non è solo un esercizio statistico” perché, afferma il segretario confederale, Vincenzo Scudiere, “se non si interverrà al più presto, il dato sulla disoccupazione che abbiamo calcolato, e che contempla gli inattivi e i cassintegrati, sarà quello vero a tutti gli effetti”. Infatti il dirigente sindacale sottolinea come questi numeri vadono letti “in relazione alle tante, troppe aziende, in crisi che abbiamo registrato in questi anni di crisi e che ancora non trovano soluzioni positive”. Sono infatti 183 i tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo economico, molti di questi si trascinano da anni, e il quadro che emerge passando in rassegna le vertenze più significative è sconfortante.
La vicenda Vinyls è ritornata al punto di partenza, le offerte arrivate ai commissari straordinari portano ancora una volta gli stessi nomi: il fondo svizzero Gita, la Igs di Varese e il gruppo croato Dioki. Entro 20 giorni i commissari si dovranno esprimere dopo aver verficato quanto giunto alla loro attenzione ma a quanto pare dalle offerte a rischiare una possibile chiusura sarebbe lo stabilimento di porto Marghera. Le offerte per rilevare la Antonio Merloni garantiscono il riassorbimento di sole 400 persone su 2.300 lavoratori impiegate nei tre stabilimenti del gruppo.
C'è grande timore poi per le voci che circondano la Fincantieri, in attesa che nei prossimi giorni si renda noto il piano industriale, su possibili chiusure di stabilimenti che colpiranno alcuni siti. Gli operai di Eurallumina sono in cassa integrazione da due anni e gli ammortizzatori sociali scadono a fine aprile. Ancora nessuna soluzione per la Basell e le aziende collegate come Meraklon, Treofan e Novamont. Mille operai sono in cassa integrazione da circa un anno e il concreto rischio e che la chimica a Terni, come nel resto del paese, non abbia più alcun futuro. Sulla Omsa di Faenza, e sul destino dei 347 dipendenti, non si registra alcuna novità che possa far sperare in un esito positivo. Mentre a Termini Imerese, dove la Fiat chiuderà il suo stabilimento entro la fine dell'anno, la situazione è ancora molto complessa e lontana da una soluzione. Così come rimangono ancora in sospeso vertenze importanti come Legler, Phonemedia, Omnia service, Firema per arrivare alla privatizzazione della Tirrenia.
“Il paese vive una secessione di fatto con il Nord che subisce una crescita costante della richiesta delle ore di cassa integrazione mentre nel Sud è la disoccupazione a crescere vertiginosamente, in particolare quella giovanile”, osserva ancora Scudiere nel sostenere che: “E’ ormai evidente che in questo paese non esiste una politica economica mentre quella finanziaria del governo è totalmente inadeguata a risolvere gli enormi problemi che attanagliano il paese”. La CGIL rivendica quindi una “svolta urgente” e per questo lo sciopero generale in programma venerdì 6 maggio ha l’obiettivo, conclude Scudiere, “di rendere il paese consapevole della condizione in cui versa e della necessità di un radicale cambiamento”.