(ASI) Il cardinal Tarcisio Bertone, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, ha celebrato nella Basilica Inferiore di san Francesco ad Assisi la prima domenica di Avvento.
Da Assisi, Bertone ha lanciato un appello forte: E' ormai tempo di "svegliarci dal sonno"dell'indifferenza e della trascuratezza. Un pensiero è stato rivolto al Natale e alle famiglie in difficoltà: "Come faranno Natale gli altri? Le famiglie tribolate della Sardegna? Le famiglie che quest'anno si sentono più povere per la riduzione e spesso per l'annullamento delle fonti economiche? E' stato annunciato che l'inverno degli italiani vedrà migliaia di persone e famiglie nella stretta indigenza.
Che cosa pensiamo fare per gli altri?
Siamo disposti a compromettere i nostri desideri, le nostre attese, i nostri progetti ed a confrontarci con i poveri perché il nostro comportamento non insulti la miseria, la povertà, le forme di solitudine e di isolamento?"------------
Omelia del Cardinale Tarcisio Bertone, Camerlengo di S.R.C. Giorno del Genetliaco - Assisi, 1 dicembre 2013
I Domenica di Avvento
Sono lieto di iniziare l'Avvento ad Assisi, con il soffio di san
Francesco e sotto le parola fresca e suasiva di Papa Francesco, che ci ha appena consegnato "la gioia del Vangelo", gioia che si rinnova e si comunica.
Proprio in sintonia con la Parola che ci istruisce e ci guida, siamo invitati a vegliare, a vigilare per essere pronti all'incontro con il Signore che viene «Vigilate ergo!».
1. Anzitutto vorrei raccogliere l'appello dell'Apostolo Paolo: "E' ormai tempo di "svegliarci dal sonno", cioè dalla notte del male, dell'indifferenza e della trascuratezza, per vivere nel giorno della luce, per lasciarci guidare dalla fede e dall'amore e adottare così dei comportamenti onesti e veramente cristiani.
Perciò dobbiamo vigilare sulle realtà che ci circondano, sui fatti che accadono, su ciò che ci viene raccontato dai giornali o dalla TV. La vigilanza è il contrario della passività, del supino condizionamento, della strumentalizzazione. Vegliare vuol dire prendere posizione, avendo davanti l'antenna e il campanile, il mondo presente e la patria promessa (Papa Francesco, Udienza generale di mercoledì 27 novembre).
Quando facciamo una scelta, o impostiamo un programma, abbiamo davanti l'immagine del futuro nel quale la nostra vita dovrà inserirsi. Ma quale futuro? Il futuro dell'uomo è assai incerto e, per quanto possiamo prevedere, preoccupante: quale situazione economica? quale trasformazione culturale? quali valori rimarranno e quali disvalori nasceranno?
Ma c'è qualcos'altro da tenere di mira oltre tutto questo: il futuro di Dio, quello che Dio sta per fare. Perché il nostro Dio è il «Dio vivente», è «Colui che viene» e si manifesta proprio nei suoi interventi efficaci dentro la storia degli uomini. Per il credente, dunque, vivere significa attendere, desiderare, prepararsi, sintonizzare in anticipo la propria vita con quello che Dio sta per fare (e ci è detto dalla Parola di Dio).
2. Il sogno del Profeta Isaia, il profeta dell'Avvento.
Il profeta è innamorato del Tempio che Salomone ha edificato sul colle di Sion ed al quale salgono piamente i pellegrini ebrei. Ma il pellegrinaggio si ingrandisce: da pellegrinaggio di Israele diventa pellegrinaggio universale: «verranno molti popoli...
Tutta la terra è come attraversata da un desiderio di giustizia e di pace, e siccome si intravede la possibilità concreta, ad opera di Dio, di stabilire questa giustizia e questa pace, la storia diventa un pellegrinaggio verso Gerusalemme che ormai appare come la sorgente della pace. Perché? Perché questa attrazione verso Gerusalemme? «Da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore».
Non è quindi un luogo magico, dove operino influenze misteriose e oscure, No. Gerusalemme è la sorgente della Legge, di una parola divina, chiara e giusta, esigente ma pacificante per tutti. La pace non nasce da una trasformazione magica dell'umanità, ma da un ascolto consapevole e da un adempimento fedele e docile della parola di Dio. Essa si rivolge all'intelligenza e al cuore dell'uomo. E' di Dio, e quindi non difende interessi ed egoismi particolari; da una parola così possono solo uscire forze di giustizia e di pace, e se Dio sarà Giudice effettivo e protagonista, non si dovranno più temere ingiustizie di alcun genere né minacce ingiustificate. Cesserà allora per sempre il bisogno delle armi, scomparirà ogni volontà di aggressione: «Non si eserciteranno più nell'arte della guerra». E' un sogno che secoli di storia non hanno ancora realizzato, ma è anche un sogno che secoli di guerre non sono riusciti a cancellare. Anzi, pur in mezzo a contrasti sanguinosi e terribili, tanti semi di pace sono stati gettati nei solchi del mondo (cfr. gli impulsi di Papa Francesco). E la Chiesa, e noi tutti, comunità di fede e di carità, con la parola del Vangelo, siamo effettivamente un seme di pace, il codice genetico di una umanità nuova.
3. Un ultimo pensiero è suggerito dalla preparazione natalizia personale, familiare, comunitaria, civile, che salvi il Natale nella sua originalità (es. bel dono Natalizio a Milano: la Madonna di Foligno di Raffaello).
Vigilare è pure guardarsi attorno.
Come faranno Natale gli altri? Le famiglie tribolate della Sardegna? Le famiglie che quest'anno si sentono più povere per la riduzione e spesso per l'annullamento delle fonti economiche? E' stato annunciato che l'inverno degli italiani vedrà migliaia di persone e famiglie nella stretta indigenza.
Che cosa pensiamo fare per gli altri?
Siamo disposti a compromettere i nostri desideri, le nostre attese, i nostri progetti ed a confrontarci con i poveri perché il nostro comportamento non insulti la miseria, la povertà, le forme di solitudine e di isolamento?
Paolo dice: «Non in mezzo a gozzoviglie e a ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. L'indicazione è precisa: Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo. Vogliamo realizzare il Natale, e le sue conseguenze nella storia, come lo ha voluto Gesù, quando ha scelto di abitare con noi?