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(ASI) Sabato 4 maggio presso il palazzo della Provincia di Perugia è' stato presentato "il Manuale del Calcio" di Agostino Di Bartolomei, una raccolta di scritti dell'indimenticabile capitano romanista , dedicata al figlio Luca.
La redazione di Agenzia Stampa Italia per l'occasione ha intervistato il figlio di Agostino, Luca Di Bartolomei, il Direttore generale del Perugia, Luigi Agnolin e il tecnico Serse Cosmi.

 



Intervista a Luca Di Bartolomei:

 

Suo padre 'ieri' rintracciava nella semplicità di gioco la chiave del calcio. Lei pensa che col trascorrere del tempo questo sport sia cambiato?

“Il calcio di oggi è sempre sottoposto all'occhio dell'opinione pubblica che ormai ha accesso ovunque, anche negli spogliatoi. Parliamo di un calcio che è dovuto migliorare anche dal punto di vista qualitativo interno e sta capendo di avere una valenza educativa e formativa importante. Una delle chiavi per riuscire a realizzare una società migliore è sicuramente rappresentata da esempi migliori. Solo in questo modo il calcio riuscirà a riacquistare quella legittimazione che ha perso col passare del tempo. Ciò è necessario non solo per riacquistare una funzione educativa ma anche economica, perché tutte le  società vincenti sono quelle che riescono a sfruttare da un punto di vista educativo queste loro capacità avendone un ritorno economico.”

 

Fra meno di un mese ricorrerà il diciannovesimo anniversario della scomparsa di Suo padre. Ad oggi, quale pensa che sia l'eredità più bella che Le ha lasciato?

“Sicuramente l'affetto dei numerosi sportivi che ho incontrato in questi anni. Sono stato spesso sorpreso dall'amore dei giovani nei confronti di Agostino: a distanza di quasi dieci anni senza dirmi nulla, alcuni ragazzi vennero sotto casa e disegnarono dei murales in ricordo di Agostino. Non so se lui sia un simbolo ma, sicuramente, il ricordo che loro conservano e trasmettono per me rappresenta un'enorme eredità mentre per loro dovrebbe essere il modo per dire  che un'altra idea di sport e di società è possibile.”

 

Quello che abbiamo notato nel corso delle Sue dichiarazioni è che Lei, parlando di Suo padre, ricorre sempre al nome proprio. Perché Agostino e non ''papà'?

“Perché, proprio a causa di un enorme amore spezzato che rappresenta la mia storia personale, papà è un termine più complicato da usare. 'Agostino' individua due persone che a un certo punto ragionano su questo distacco e ne parlano accorciando questa distanza e rendendo vivo il dialogo. Forse quando mio figlio mi chiamerà 'papà' sarà più facile anche per me utilizzare questo termine.”

 

Intervista a Luigi Agnolin

Oggi viene presentato il manuale del calcio di colui che è stato un simbolo di lealtà e correttezza dentro e fuori dal campo. Qual è il messaggio che desiderate trasferire ai ragazzi qui presenti e agli appassionati di sport?

“Questa rappresenta un'occasione più unica che rara. Io ho avuto la fortuna e la disgrazia in contemporanea nel mio primo atto ufficiale, quando diventai direttore generale della Roma, di celebrare il funerale di Di Bartolomei subito dopo la disgrazia.

Nel momento  in cui si cerca la risposta a tanti perché si ha un risvolto di quella che poteva essere una situazione ideale per aprire uno spiraglio ed avere un educatore più che un tecnico. Il figlio Luca ha recuperato gli scritti del padre e ha avuto così la possibilità di trasferire ai ragazzi la semplicità del gioco del calcio, praticato in maniera elementare fino ad arrivare alla massima espressione. La cosa che più mi rammarica è quella di aver perso un interprete che, come lo era stato in campo, con principi comportamentali impeccabili, avrebbe potuto continuare ad esserlo nella vita. Mi rimane il magone per non aver compreso il perché. E'stato forse un momento in cui, dall'alto della sua semplicità e saggezza, Agostino non aveva trovato in un calcio permeato di interessi, un suo sbocco professionale semplice come lo era lui.”

 

Lei pensa che si possa attribuire un valore universale al calcio. Se dovessimo pensare al calcio di 'ieri' e al calcio di 'oggi', cosa si è perso e cosa si è guadagnato?

“Probabilmente si è persa proprio la semplicità che era quella del calcio di strada, l'opportunità di avere sotto casa degli spazi sicuri a causa del traffico, dell'inadeguatezza delle nostre città o della difficoltà nei trasporti. Al contrario, si è guadagnato dal punto di vista della preparazione e della metodologia che il più delle volte, però, scavalca la semplicità con l'immissione di interessi da parte dei genitori che vorrebbero per i propri figli un futuro da campioni. Si tende a valutare più le qualità intrinseche del ragazzo nel palleggiare piuttosto che l'elemento di contorno a quella che dovrebbe essere una forma educativa più globale.”

 

Se dall'alto della Sua esperienza di arbitro dovesse dare un suggerimento ai giovani che si avviano a questa stessa professione, cosa consiglierebbe loro?

“Rigore... Ma non calcio di rigore. Rigore a tutto tondo!”

 

 

Intervista a Serse Cosmi:

 

Esiste un'etica del calcio. Sicuramente Agostino Di Bartolomei ne è stato un esempio e con il suo manuale ha voluto rendere omaggio alla semplicità di questo sport. Lei pensa che un allenatore possa contribuire ad inculcare questo valore nei ragazzi che lo praticano?

“Intanto bisogna fare una distinzione fra allenatore professionista e quello dei primi calci. Quest'ultimo assume un ruolo etico e pedagogico sicuramente più importante perché va ad incidere sulla crescita del ragazzo.

Penso comunque che un bravo allenatore debba sempre assolvere alla funzione di insegnante ed educatore facendo comprendere che il calcio non è un momento della vita ma uno strumento per poter affrontare le difficoltà che il futuro riserva. E' un vero e proprio dovere per un allenatore  preoccuparsi dell'educazione dei ragazzi.”

 

Cosa l'ha spinta ad intervenire in occasione della presentazione del libro che Agostino Di Bartolomei ha voluto dedicare al figlio, Luca?

“Ci sono tanti motivi: il primo riguarda il mio tifo giovanile. Seguivo la Roma e il capitano per me era un idolo, un giocatore straordinario e diverso dagli altri. Sarebbe impensabile immaginare un Di Bartolomei nel calcio di oggi. Il secondo riguarda il libro stesso, perché c'è una frase che mi ha colpito: il calcio è semplicità. Sembrerebbe inverosimile se si pensa al gioco dei nostri giorni ma è la realtà. Questo è il concetto che cerco di far capire anche ai miei giocatori nei momenti di difficoltà. La figura di Agostino non deve risultare anacronistica ma fortemente attuale e di riferimento per tutti gli appassionati di calcio.”

 

Maria Vera Valastro- Agenzia Stampa Italia

 

 

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