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(ASI) Esile e fragile come lo scricciolo, intelligente e raffinata come il delfino, combattiva e forte come il leone … una piccola grande donna che ha lottato nel corso della propria vita per debellare le malattie e le persecuzioni, affinché l'umanità potesse assumere un aspetto più sano e farsi portatrice del valore dell'uguaglianza sociale. Quella che ci rimane impressa è l'immagine indelebile di una piccola donna con il viso ricoperto di rughe, i capelli bianchi e gli occhi vispi di colei che, con determinazione e saggezza, ha saputo conquistare la Terra guadagnandosi, senza dubbio, il Cielo.
E' questo il ritratto che meglio rappresenta la personalità di Rita Levi Montalcini, senatrice a vita e Premio Nobel per la Medicina, scomparsa il 30 dicembre scorso nella sua casa romana, a due passi da Villa Torlonia, all'età di 103 anni.

Nata a Torino il 22 aprile del 1909, la scienziata era stata vittima delle persecuzioni del biennio fascista, subendo il marchio della diversità sulla propria pelle, ma non facendosi mai abbattere dalle difficoltà ... “io ne ho avuto tantissime- aveva dichiarato- ma mi sono scrollata i problemi di dosso come fa l’anatra con le gocce d’’acqua sul piumaggio.” Ed è proprio questo il messaggio che Rita Levi Montalcini ha voluto indirizzare alle generazioni future: quello di “affrontare la vita con totale disinteresse per se stessi e con la massima attenzione per il mondo che ci circonda, sia quello inanimato che quello dei viventi. Non pensate a voi stessi. Pensate agli altri.”

Uno stile di vita impregnato di altruismo quello della scienziata torinese che, come dichiarato dalla sua più stretta collaboratrice, “aveva da sempre un sogno nel cassetto: quello di prendersi cura delle donne africane, un sogno che si e’ avverato solo a 90 anni ma che la riempiva di gioia e soddisfazione. Sperava di poter salvare qualche centinaio di vite, non immaginava di raggiungere il risultato di oggi: 12 mila donne aiutate dalla sua fondazione”.

Un modello da seguire e da non dimenticare quello dettato da Rita Levi Montalcini che considerava i problemi del nostro Paese e dell'intera umanità come fossero problemi personali, esprimendo il forte  rammarico per la mancanza di valorizzazione del potenziale italiano. “Mai l'Italia si è resa conto del capitale umano che ha. Ne è ricchissima, ma non lo ha mai valorizzato. Ma io sono ottimista perché ho fiducia e stima nella ricchezza che il nostro Paese possiede.”

Rita Levi Montalcini appare come una donna emancipata in quella Torino vittoriana che fece da sfondo alla sua adolescenza, come una giovane convinta che le capacità mentali delle donne non fossero differenti da quelle dell'uomo e in forte conflitto con il padre che avrebbe voluto precluderle gli studi di Medicina, poiché l'Università era considerata “roba da uomini”. Ma colei che sarebbe diventata la nostra “signora della scienza” non si fece tarpare le ali giungendo alla realizzazione del proprio sogno. Nel 1986 ottiene il Premio Nobel per la Medicina per aver scoperto e identificato il fattore di accrescimento della fibra nervosa. L'attività scientifica e sociale della professoressa fu guidata da una profonda curiosità intellettuale, dal desiderio di comprendere 'l'altro', dall'attrazione per il futuro ancor più che dalla nostalgia per il passato.

“L'intuito che spinge alla ricerca scientifica giunge a nostra insaputa, ma non si deve mettere il lucchetto al cervello. Il progresso consiste nella capacità di indagare e di aiutare coloro che non appartengono all' élite sociale e tecnologica...”

La conoscenza e l'umiltà sono dunque requisiti fondamentali per giungere in soccorso agli altri. Tornano protagoniste la Cultura e l'esigenza di investire  sulla ricerca scientifica: “sono tragiche le conseguenze dei tagli sulla ricerca... - sosteneva la scienziata torinese - è obbligo da parte dei governanti  realizzare l'enorme importanza di un apparato finanziario alla ricerca su basi di merito e non di appartenenza ai gruppi di potere!”

Non sappiamo se i nostri governanti saranno mai desiderosi di mettere in pratica tali insegnamenti , attraverso l'acquisizione di coscienza e senso etico ma è nostro dovere continuare a far sentire la “voce della saggezza”, affinché parli sempre più forte a coloro che detengono il potere.

Il nostro' grazie' è rivolto a colei che, in 103 anni di vita, ha dato prova di essere non solo corpo, non solo mente, ma tanto tanto cuore … un cuore che non smetterà mai di battere.

 

Maria Vera Valastro – Agenzia Stampa Italia

 

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