(ASI) Lettere in Redazione. Ad un certo punto bisogna reagire, ribellarsi, ritornare a lottare perché non si può restare in silenzio a guardare l’onda che sta per travolgerti. Nel nostro ateneo tutto passa con rassegnazione ed a questo si è abituato perfino il potere che non si cura nemmeno dell’opinione di chi subisce le scelte. In questa acquiescenza si perdono i valori e la voglia di ribellarsi, oltre che la voglia di lavorare e di sentirsi parte di un tutto.
Per questi motivi ho deciso di esserci anch’io e di candidarmi al Senato Accademico.
Il nuovo Statuto dell’Università renderà sempre più verticistica la gestione, gli spazi democratici diventeranno sempre più ridotti. Gli effetti li abbiamo avuti fin da subito e sono già insiti nello stesso Statuto.
L’estromissione della rappresentanza del Personale Tecnico-Amministrativo nel Consiglio di Amministrazione è un fatto certamente grave. La pur importante componente non avrà più voce e non avrà più alcun peso nelle scelte che gli organi di gestione faranno. Ed ancora più triste sapere che tutto questo è passato con il consenso dei rappresentanti del Personale.
Il nuovo Statuto, considerata la solennità dell’argomento e gli effetti sul futuro dell’Ateneo, avrebbe avuto bisogno di uno sforzo congiunto di tutta la comunità attraverso una discussione ampia e partecipata. Eppure, sebbene contestato da larga parte della comunità universitaria, è stato approvato senza alcun voto contrario.
Le scelte dissennate assunte relativamente al Centro Residenziale, che affermano in modo chiaro l’idea del Rettore di procedere, senza indugio alcuno, verso la realizzazione del processo di privatizzazione del Centro Residenziale attraverso l’esternalizzazione dei servizi, hanno avuto il consenso dei rappresentanti del personale. Come non considerare tale fatto come un campanello d’allarme, una sirena antifurto, che deve preoccupare tutti, non solo il personale che nel Centro Residenziale vive e lavora.
Servizi privatizzati, proposti da un ente pubblico oltre ad essere contraddittorio, significa anche maggiori costi per le famiglie degli studenti che, se fino ad oggi hanno avuto la possibilità di garantire ai propri figli l’opportunità di frequentare i corsi di studio, da domani potrebbero non farcela più con conseguenze facilmente ipotizzabili.
In nome della crisi economica si prendono decisioni sempre più autoritarie senza alcuna contestazione, si minacciano tagli di stipendi e si mantengono in servizio super pensionati, si nominano dirigenti, nascono nuove aree e tutto passa con sussurri sindacali.
Per questi motivi ho deciso di esserci anch’io senza investiture sindacali, non per rinnegare il passato ma perché in questo Ateneo c’è bisogno di ridare forza e vitalità alla parola "rappresentanza". C’è bisogno che il Sindacato si riappropri del proprio ruolo smarcandosi da logiche che troppe volte lo hanno visto subire scelte più che imporre rispetto delle regole, onde evitare, come purtroppo avviene anche nei partiti, che diventi copertura di persone che utilizzano i simboli per il loro tornaconto personale.
La mia candidatura, che di sicuro rappresenta un momento di rottura di uno status quo, dovrebbe convincere tutti che è giunto il momento di una forte reazione.
Auspico una riflessione approfondita, anche nelle OO.SS., che porti a considerare la mia candidatura al Senato Accademico, uno strumento in più da utilizzare per far leva su chi, nella gestione dell’Ateneo, ha pensato e continua a pensare che il personale tecnico amministrativo abbia ben poco da dire e poca forza per imporlo.
Marcello Fiore