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(ASI) Un luogo di devozione caro ai Calabresi: Il Santuario della Madonna della Montagna di Polsi, tra culto, tradizione e religiosità è custodito con dovizia dall’azione pastorale del vescovo Mons. Giuseppe Fiorini Morosini e dall’amato rettore don Pino Strangio.

 La festa religiosa, la storia sacra, i riti ancestrali d'affetto e di preghiera, il pellegrinaggio come momento aggregativo e di richiamo per tanti fedeli, sono stati gli elementi trainanti che hanno suggellato l’edizione duemiladodici, conclusasi ieri, con la presenza di migliaia di pellegrini provenienti da ogni parte del Sud della Penisola. L'ambiente incontaminato del massiccio e selvaggio Aspromonte e la fede genuina di un popolo devoto sono stati ulteriori tasselli che hanno fatto da corona alla festa, impreziosita da testimonianze di fede e di vita. A dare il benvenuto all’oceanica folla di credenti, il vescovo della Locride, mons. Giuseppe F. Morosini: «Non vergognatevi della vostra fede - ha esortato - dei vostri gesti di pietà, della vostra spontaneità» con tutto ciò «riempite di contenuti di vita questa vostra devozione e pietà. Non sono migliori di voi quanti ostentano fiducia nella ragione, ma schiacciati come voi dal peso della sofferenza. Questa vostra fede semplice e piena di fiducia è il tesoro di Polsi. Non lo vogliamo né perdere, né sciupare, con buona pace di chi vuole dettare legge su come Polsi dovrebbe essere o diventare. Polsi è già se stessa, perché Polsi siete voi e la vostra fede, che non vogliamo barattare con le fredde elucubrazioni della ragione, che non sempre danno forza e coraggio alla vita». Per il vescovo è necessario mettersi a contatto con la pietà popolare «non giudicandola nelle sue manifestazioni esteriori come prodotto sotto culturale; essa, certamente, va anche purificata» e «la Chiesa è molto attenta a questo, procedendo con la prudenza che la contraddistingue, consapevole che non si può giocare con il cuore dell’uomo. La pietà popolare va invece giudicata per i contenuti che esprime». «Se si vuole guardare - ha detto ancora il Pastore della Locride - la devozione popolare con i suoi riti e le sue pratiche, che alcune volte, è vero, sono strani, con gli occhi di chi cerca di capire oggettivamente e non di giudicare soggettivamente, secondo il proprio punto di vista, o addirittura secondo i propri preconcetti, ci rendiamo conto che è a questo bisogno di essere salvati o sorretti che bisogna guardare. Il dolore, lo sconforto e la disperazione del cuore dell’uomo alcune volte sono veramente profondi perché l’uomo non possa sentirsi schiacciato. Quando tutti i varchi della speranza umana sono stati aperti e chiusi senza alcun rimedio, allora è solo quello della fede a rimanere aperto; e la Chiesa ci insegna che esso non si chiude mai, neanche dinanzi ai peccati più gravi, anche se attraversato con gesti e riti discutibili, che certamente la Chiesa si impegna a correggere, ma dinanzi ai quali non si scandalizza». E «la Chiesa - ha ribadito - non vuole assecondare alcun fanatismo religioso né contribuire all’esaltazione emotiva di massa». Tuttavia «non mancano certamente atteggiamenti e manifestazioni nei quali la massa è protagonista e si lascia trascinare da manifestazioni di entusiasmo; ma a Polsi basta sedersi in chiesa e osservare da lontano, discreti e indisturbati, l’avvicendarsi della gente al confessionale, o lo scorrere lento di fronte alla statua, per accorgersi che i pellegrini hanno tutt’altro da pensare che alla esaltazione emotiva». Mons. Morosini ha acceso i riflettori anche sui malati, sui disoccupati, sulle disgregazioni delle famiglie mettendo in evidenza che la gente che giunge a Polsi «sta lì davanti alla Madonna a chiedere forza e a sperare» per la tanta «sofferenza che lega tutti gli uomini, credenti o no». «La pietà popolare va letta e capita a partire soprattutto dal dolore dell’uomo». Indubbiamente «in tanti esiste il problema della dissociazione della fede dalla vita». «I fedeli non hanno timore di ritornare ogni anno a Polsi con lo stesso carico di pene; non si sentono delusi o ingannati da Dio o dalla Vergine se nulla è cambiato nella loro vita rispetto all’anno precedente. Sanno di trovare soprattutto Lei, la Madonna, accogliente e generosa». E salutando i fedeli giunti da tutte le diocesi della Calabria e anche dalla Sicilia, il vescovo ha raccomandato di raccontare «alla gente la gioia e la pace che qui si sperimentano, la forza che si ottiene per riprendere il cammino della vita».

 Elia Fiorenza Agenzia Stampa Italia

 

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