(ASI) Stati Uniti- Tutto è iniziato quando il 9 luglio scorso il presidente Donald Trump ha nominato Brett Michael Kavanaugh per sostituire alla Corte Suprema il giudice 82enne Anthony Kennedy, che aveva preferito rinunciare al suo ruolo per ragioni anagrafiche.
Durante la cerimonia di conferma, il 53enne Kavanaugh è stato accusato dalla docente universitaria di Palo Alto Christine Blasey Ford di averla violentata circa 36 anni fa a Washington, quando erano ancora entrambi studenti. Dopo Ford, altre due donne hanno accusato Kavanaugh di comportamenti non appropriati, di averle molestate nel corso di alcune feste sempre risalenti a qual periodo in stato di ubriachezza.
Il caso è finito fra le prime pagine di tutte le testate americane e straniere, perché ai tempi di MeToo e sotto la presidenza Trump va scandagliata ogni accusa e la strumentalizzazione politica ne è una diretta conseguenza. Gli Stati Uniti sono spaccati in repubblicani e democratici, esattamente come lo è il Congresso. Da una parte chi sostiene la causa e il coraggio di Ford, dall'altra chi trova strumentali delle accuse sollevate con tre decenni di ritardo, proprio al momento di una nomina così delicata, quando è comodo all'opposizione democratica sfruttare ogni elemento per danneggiare il presidente.
Nel corso delle udienze di giovedì 27 settembre le posizioni radicali delle parti non sono cambiate ed è andato in scena un processo nel quale non ci sono evidenze fattuali, ma molta ideologia. Come per il Russiagate di cui Robert Mueller sta raccogliendo le prove, spetterà poi al Senato decidere sul caso, ma nulla è pronosticabile prima delle elezioni di mid-term di novembre. Gli elettori potranno essere convinti dalla versione di Ford, spesso in lacrime e paladina dei movimenti femministi americani come MeToo e TimesUp. «Sono terrorizzata, ma sono qui oggi perché voglio esserlo», ha detto la docente universitaria di fronte ai giudici. «È un mio dovere come cittadina raccontare quello che mi è accaduto». Lo ha ripetuto prima di descrivere il momento in cui per lei Kavanaugh, visibilmente ubriaco, la bloccava sul letto in una camera chiusa a chiave durante una festa fra studenti, strappandole i vestiti e provando a stuprarla.
Dall'altra parte, le accuse che, senza riserve, vengono definite un attacco mirato dei Clinton, si riflettono sul volto paonazzo e pieno di collera di Kavanaugh, che con uno sconcerto emotivo simile ha provato a spiegare quanto il caso stia distruggendo la sua famiglia e la sua reputazione, come se l'uomo che è oggi non sia costretto a pagare per errori commessi in gioventù: «Questa messinscena è stata tutta calcolata, un circo che va ben oltre la mia nomina, ma punta dritto a danneggiare la presidenza repubblicana. Il partito democratico ha pagato un sacco di dollari per tutto questo».
La commissione giudicante, dopo le dichiarazioni è apparsa divisa e, come ha chiesto lo stesso Trump, saranno necessarie ulteriori investigazioni sulla vita di Kavanaugh da parte dell'Fbi, "lampo" si dice, ma i tempi effettivi non li conosce nessuno.
Un caso che si inserisce quindi nello scontro politico protagonista della politica americana da quando alla Casa Bianca è entrato il businessman newyorkese.
Per ora non ci sono né evidenze e né prove, ma tanti preconcetti. I democratici insistono con il «believe survivors», il motto di TimesUp. I repubblicani mettono in guardia sui rischi di una sentenza legata alle emozioni e non alla realtà fattuale, trattandosi di avvenimenti risalenti al 1982.
Anche in questo caso, tutto rischia di essere rimandato quando ci sarà una nuova composizione del Congresso, dopo il voto di novembre.
In tanto rumore potrebbe vincere nuovamente il nulla di fatto, ma ai tempi della post-verità lo scontro politico preferisce seguire le congetture delle proprie convinzioni. Simboli che ignorano i fatti realmente accaduti, quando ormai non possono essere dimostrati, ma che di certo non possono neanche essere etichettati come mai accaduti e quindi non gravi.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia