(ASI) Indonesia- Corsa conto il tempo nell'isola indonesiana di Sulawesi per salvare quanti sono ancora intrappolati fra le macerie del cataclisma naturale che ha provocato almeno 832 vittime solo nella città di Palu, a 80 chilometri dal sisma. Il terremoto da 7,5 gradi della scala Richter e il conseguente tsunami di venerdì 28 settembre hanno creato una crisi umanitaria con pochi precedenti, simile a quella che colpì il Sud-Est asiatico il 26 dicembre del 2004. Ampie aree costiere della regione coinvolta non sono state ancora raggiunte dai soccorritori dopo quattro giorni dalla tragedia, come quella della città settentrionale di Donggala, a 27 chilometri dall'epicentro.
C'è carenza di mezzi e materie prime per far fronte all'emergenza. Per il momento, i soccorsi hanno scelto di seppellire i corpi ritrovati in una fossa comune, al fine di prevenire la diffusione di malattie ed epidemie. I feriti sono 500 e imprecisato è il numero dei dispersi. Un albergo di otto piani è crollato a Palu. Si teme siano circa 200 le persone rimaste bloccate sotto le macerie. La Ong indonesiana Act afferma che i corpi trovati siano almeno 1.200.
Il presidente Joko Widodo è pronto ad accogliere qualsiasi proposta di aiuto da parte di agenzie umanitarie e organizzazioni non governative. Il timore è che ancora non si conosca perfettamente l'entità del disastro e che le proporzioni della tragedia siano ancora sconosciute, tanto da non poter quantificare le reali necessità di una popolazione di 260 milioni. Le scorte di cibo e medicinali sono già a rischio, dove migliaia di persone attendono in fila fuori dagli hotel solo per usare acqua corrente, oltre la necessità di benzina per i mezzi di soccorso in grado di sorvolare le zone colpite, ancora ampiamente allagate. Approfittando del sisma, oltre mille detenuti sarebbero evasi da tre carceri, ha annunciato il governo di Giacarta.
Il ministro dell'Economia indonesiano Sri Mulyani Indrawati ha stanziato 560 miliardi di rupie (37 milioni di dollari circa) per far fronte alle prime necessità. Fra i primi Paesi limitrofi a offrire il proprio aiuto l'Australia, la Cina, la Thailandia e l'Unione europea, con l'equivalente di 1,74 milioni di dollari.
Fra gli esperti è sorta una mini polemica sui sistemi di sicurezza, che non avrebbero funzionato a dovere. Dal momento della scossa, le sirene sarebbero durate circa 30 minuti, ma senza segnalare la gravità del terremoto. Altri hanno verificato che, fra 170 sismografi, solo 70 erano correttamente in funzione. In questi casi è generalmente lo tsunami che segue il terremoto a provocare i danni maggiori, un aspetto trascurato dai sistemi d'allarme installati. Al momento dell'onda anomala, molte persone erano ancora sulle spiagge e in prossimità della costa, un aspetto provato dai numerosi video del disastro che sono circolati sul web. Per alcuni esperti, va infine distinto un terremoto dall'altro, perché non tutti i movimenti tellurici di pari intensità hanno generato uno tsunami della stessa portata, rendendo le conseguenze di questi fenomeni difficili da prevedere con precisione.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia