(ASI) Sempre più gravosa la situazione in Libia: dopo i presunti raid aerei di ieri che hanno causato 250 morti, continua a salire vertiginosamente il bilancio delle vittime nelle manifestazioni.
Il leader libico Gheddafi è apparso ieri alle tv di Stato e, in un messaggio di soli 22 secondi, ha dichiarato di essere ancora nel Paese a differenza di chi lo credeva rifugiato in Venezuela aggiungendo di "non credere alla stampa internazionale in mano ai cani bastardi".
Il secondogenito del Colonnello, Saif al Islam, definisce "menzogne" le notizie dei bombardamenti aerei contro i civili affermando che l'aviazione militare è intervenuta solo per distruggere depositi di armi in mano a gruppi terroristici; anche la tv di stato nega i massacri aerei sulla folla.
Intanto a Nalut, città a pochi chilometri dalla Tunisia, gruppi di manifestanti minacciano di bloccare l'afflusso di gas fermando l'afflusso del gasdotto che passa per la provincia e chiudendo il giacimento di Al-Wafa. Una decisione rivendicata dagli attivisti per lanciare un forte segnale alla comunità europea ma soprattutto all'Italia visti i silenzi e la mancata condanna dei massacri, considerando la diplomazia della nostra nazione complice della attività repressiva di Gheddafi.
E' atteso a Bengasi l'arrivo dell'aereo militare per rimpatriare gli oltre 100 connazionali rimasti nel paese nord-africano, mentre ci sarebbero difficoltà per i 563 cittadini russi dipendenti di Gazprom, di tornare a casa vista la chiusura dello spazio aereo libico.